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Intervista a Joey Pastrana

Intervista di Israel Sánchez-Coll
tratta da Herencia Latina
Traduzione a cura di: Salsa Claude

Prefazione

Herencia Latina è uno dei siti più autorevoli sulla storia della musica latina, ricchissimo di articoli su esponenti di varia fama nella scena del passato (herencia significa eredità); questa intervista, oltre a descriverci nei dettagli la biografia di un noto bandleader, offre anche una ricca descrizione delle tre epoche da lui vissute ossia quelle del Mambo, del Boogaloo e della Salsa: il risultato è un racconto che ritrae i più disparati protagonisti (narrandone inattese relazioni), in diverse situazioni che li accomunano.

Infatti, che relazione aveva Joey Pastrana con Machito? Quali circostanze causarono l’ingaggio come lead vocalist di Chivirico Dávila e quali quelle che fecero terminare la collaborazione di Ismael Miranda? Come esordì Joey Pastrana alla Cotique Records e perché rifiutò sempre di entrare in Fania? Quanto lo toccò il boicottaggio del Boogaloo ad opera dei “Veterani del Mambo” e perché?

Tutto ciò è descritto in questa lunga ma interessantissima intervista, ora disponibile anche in italiano.

Claude

Ioey Pastrana
Ioey Pastrana

Israel Sánchez-Coll: Dove nacque Joey Pastrana?

Joey Pastrana: Nacqui il 22 Agosto 1942 a Santurce, Puerto Rico. A quattro anni la mia famiglia si trasferì a New York a causa del lavoro di mio padre, che era un marittimo mercantile. Crebbi nel Barrio (Harlem) sulla 110a strada dove rimanemmo dieci anni, dopodiché ci trasferimmo nel Bronx. Fu però nel Barrio dove si manifestarono le mie “inquietudini” musicali: suonavo i timbales e la conga. A casa di un cugino c’era uno scantinato con un pianoforte e lì ci ritrovavamo per suonare. Joe Quijano era un mio vicino di casa e gestiva un negozio di dischi. Mio padre si chiamava José P. Pastrana e mia madre Julia Santos.

Israel: Entrambi di Puerto Rico?

Joey: Sì, di Santurce.

Israel: Il nome completo?

Joey: José Luis Pastrana Santos.

Israel: E perché “Joey”?

Joey: A scuola mi americanizzarono il nome, mi chiamavano Joseph Louis Pastrana quindi tutti i compagni iniziarono a chiamarmi Joey.

Israel: Quindi il “Joey” nacque a scuola, e non durante la carriera musicale?

Joey: Esatto.

Israel: Chi influenzò la sua formazione musicale?

Joey: Le mie prime influenze furono quelle di Tito Puente, Daniel Santos – che era cugino di mia madre – Bobby Valentín, Charlie ed Eddie Palmieri; ce ne sarebbero molti altri, ma mi sfuggono i nomi.

Joey Pastrana con il suo maestro, Gene Krupa.  New York 1965
Joey Pastrana con il suo maestro, Gene Krupa. New York 1965

Israel: Chi la spinse a scegliere i timbales?

Joey: Di fatto scelsi io la batteria che studiavo presso la scuola del maestro Gene Krupa, uno dei giganti del jazz noto come batterista di Benny Goodman oltreché collaboratore di Lionel Hampton, Teddy Wilson, Charlie Ventura ed altri ancora. Aveva una scuola in centro a Manhattan e lì iniziai a leggere gli spartiti.

Non avendo la macchina ero costretto a prendere il metrò, già scomodo di per se stesso, ed ancor più alle 3 del mattino, quando solitamente terminavamo di suonare, e anche se talvolta amici o familiari mi prestavano la macchina la scomodità della situazione mi portò a valutare alternative.

Decisi di suonare bongó e campana inserendomi in un piccolo conjunto che aveva Bobby Valentín – Bobby suonava il basso nella banda di Tito Rodríguez, il timbalero di Bobby abbandonò il gruppo e lui me ne offrì il posto – e con cui potei partecipare alla registrazione dell’album Ritmo Pa’ Goza’ – El Mensajero nel 1965. Scrissi anche due brani a Bobby usciti con l’album Young Man With A Horn: Que Pollito (Joey canticchia il ritornello “Yo tengo un pollo que quiere bailar”) e un brano mambo jazz chiamato The Gate, riferito al locale “Village Gate” dove al Lunedì suonavano le migliori bande latine ingaggiate dal Dj radiofonico Symphony Sid, che portava avanti una programmazione artistica con molto mambo jazz.

In seguito Bobby Valentín ingaggiò Papi Pagani, figlio di Federico, quando quest’ultimo perse il posto nella banda di Tito Rodríguez a causa del consumo di sostanze stupefacenti. Durante le prove Bobby mi disse semplicemente che adesso avrebbe continuato con “Il timbalero di Tito Rodríguez”, senza però aggiungere alcun dettaglio.

Quella settimana iniziai a scrivere testi e comporre musica a casa mia quando apprendo dalla radio che cercavano orchestre per registrare in studio: chiamai Simphony Sid affinché mi aiutasse e lui mi mise in contatto con un ragazzo che mi aiutò con gli arrangiamenti, cosicché in due settimane fui pronto per entrare in studio. Andai con la mia banda in un negozio – e guarda la combinazione, era quello della moglie di Federico Pagani – dove c’era una stanza per le prove. Il negozio era sulla 183a all’angolo con Williams Avenue, chiamai George Goldner, proprietario della Cotique Records, e gli chiesi di ascoltarci. Al termine della prima canzone ci fermò e disse: “Quando possiamo registrare il disco?” Un po’ sorpreso gli dissi: “Ma se te ne abbiamo fatta ascoltare solo una?” E lui rispose: “A me non importa, quando siete disponibili?” E in risposta alla sua insistenza gli dissi: “Ok, la prossima settimana.” E fu così che uscii col mio primo album: Let’s Ball

Israel: Perché in questo album le cambiarono il nome in Pastrano?

Joey: Ah, fu un errore di George Goldner perché fecero le cose di fretta! Mi ritrovai così con un nome dal suono italiano, ma nei successivi album la Cotique – responsabile dell’errore – corresse il nome.

Israel: Chi erano i componenti di questa orchestra d’esordio?

Joey: Due musicisti “prestatimi” da Joe Quijano (trombettista e bassista), mio fratello Willie Pastrana alle congas, e un ragazzo ai suoi esordi musicali con la banda di Andy Harlow, Ismael Miranda. Il primo album fu un grande successo di vendita, ciononostante la nostra orchestra non riusciva ad avere ingaggi per i concerti e Ismael andò con Larry Harlow.

Joey Pastrana, Ismael Miranda, Becky e Sony Rivera.  Set. 1967. New York.  Foto de Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Joey Pastrana, Ismael Miranda, Becky e Sony Rivera. Set. 1967. New York. Foto de Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Israel Miranda disse che Lei lo ingaggiò dopo averlo visto con Andy Harlow ad un concerto presso il club El Dorado.

Joey: Esatto. Cercavo il mio cantante nei club, e lo trovai in un periodo in cui la banda presso cui lavorava non aveva molte serate quindi gli diedi i miei spartiti e in una settimana registrammo l’album.

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Israel: Nel quale c’è un classico: Rumbón Melón.

Joey: Sì, funzionò perché l’esperienza con la banda di Bobby Valentín mi insegnò come andava scritto un brano affinché piacesse al pubblico, e difatti nel giro di tre mesi diventò un successo. Ciononostante, siccome le serate non arrivavano, Ismael se ne andò. In seguito George Goldner mi chiamò per pianificare l’uscita del secondo album, avvisandomi che i risultati sarebbero arrivati in tempi più lunghi.

Registrammo perciò l’album “Joey” col cantante Chombo che conobbi a New York e che aveva già partecipato ai cori del primo album, dimostrandosi così anche un ottimo lead vocalist.

Israel: Il suo nome completo?

Joey: José “Chombo” Rodríguez.

Israel: Fu il successore di Ismael Miranda?

Joey: Sì. Con Chombo il secondo disco uscì bene. Nel ’67 entrambi gli album erano recensiti sulle riviste e competevano per il primo posto.

Le coriste de la Orquesta de Joey Pastrana  Sonya Rivera e Becky Rivera con la Orquesta de Machito.  Al Puerto Rico Theatre, New York, 1969.  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Le coriste de la Orquesta de Joey Pastrana Sonya Rivera e Becky Rivera con la Orquesta de Machito. Al Puerto Rico Theatre, New York, 1969. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Lei fu un direttore d’orchestra innovatore, mise due voci femminili nei cori dando una nuova caratteristica alla sua musica laddove le altre bande seguitavano a tenere schemi tradizionali; come sviluppò questa idea?

Joey: Si chiamavano Sonia Rivera e Becky Rivera ma non erano sorelle.

Israel: Dove le conobbe?

Joey: Sonia Rivera era mia cognata ma in realtà la conoscevo da dieci anni prima che si sposasse con mio fratello Willie Pastrana, quando la sentii cantare in un gruppo di musica nordamericana mentre Becky Rivera è una mia cara amica d’infanzia: entrambe sono di Puerto Rico.

Israel: Sono viventi?

Joey: Sì.

Israel: A New York?

Joey: Credo che Becky stia in Florida e Sonia a New York con le sue tre figlie: credo che canti in un gruppo rock.

Israel: Perché quest’idea di integrare le voci femminili?

Joey: Presi l’idea da Tito Rodríguez che aveva una ragazza nel suo coro. Di fatto un giorno ero ad un suo concerto ed apprezzai come questa voce differente si distinguesse all’interno del coro e mi piacque. Situai inoltre le due ragazze in prima linea per fare scena, cantando e ballando insieme a mio fratello Willie. Ne uscì un suono che ricordava quello della banda di Cortijo.

Israel: Pensi che nel New Swing Sextet le tre coriste erano le sorelle e la moglie di George Rodríguez, il vibrafonista-leader.

Joey: Il New Swing Sextet si ispirò a me (ride), perché nel ’67 poche orchestre, sia grandi che piccole, avevano questo formato, mentre in seguito molti altri lo adottarono.

Israel: L’orchestra suonava bene, era coinvolgente; negli anni ’60 e ’70 le orchestre erano mediamente maschiliste, raramente trovavi donne nei cori.

Joey: Esatto.

Joey Pastrana  New York, 6 maggio 1968, in pieno boom del Boogaloo.Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina.
Joey Pastrana New York, 6 maggio 1968, in pieno boom del Boogaloo.Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina.

Israel: Cosa rappresentò il Boogaloo per la sua generazione?

Joey: All’epoca tutti i giovani volevano ballare ed ascoltare soltanto Boogaloo poiché non conoscevano bene i balli del Mambo né del Cha Cha come le persone più adulte. I giovani fecero da catalizzatore per l’ascesa del movimento, non i vecchi che lo malsopportavano e speravano nel suo declino. Anche le orchestre di veterani non amavano suonare brani Boogaloo.

Israel: E’ vero che Lei spinse Johnny Colón a firmare per Cotique?

Joey: Io scrissi un brano a Johnny Colón. Quando uscì il mio primo album molti impazzirono per il Boogaloo. Johnny lo faceva in maniera diversa dalla mia, riscuotendo successo con un solo disco, Boogaloo Blues, dove compose la musica e suonò come pianista e i cui testi furono scritti da Tito Ramos. Il brano che dava il nome anche all’album nacque come Guajira in spagnolo ma George Goldner suggerì di cambiare il testo in inglese e di riarrangiare la musica di conseguenza; il risultato fu un Boogaloo diverso dal solito ma che piacque al pubblico.

Il Boogaloo più ballabile lo compose Pete Rodríguez: I Like It Like That. Ciononostante Pete Rodríguez si allontanò dalla musica perché il suo vero amore era per il Mambo e la Guajira. Il vero compositore era il suo trombettista, Tony Pabón, che ai cori mise sua moglie e i figli di entrambi.

Nella casa di Machito, con Johnny Colón, Joey Pastrana e King Nando.  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Nella casa di Machito, con Johnny Colón, Joey Pastrana e King Nando. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina


Israel: Considera il Boogaloo una musica nera?

Joey: Nacque nel Barrio da neri e portoricani che frequentavano le stesse scuole e strade; i latini apprezzavano più la musica nordamericana e i neri quella latina, così si contaminarono a vicenda.

Israel: E’ vero che José Curbelo bloccò molti ingaggi di serate alle orchestre emergenti di Boogaloo?

Joey: Sì, è vero. Siccome il Boogaloo stava riscuotendo successo i musicisti più anziani erano gelosi poiché la loro fama consolidata iniziava a venire adombrata dal “nuovo”. Capitò pure che Tito Puente pretese di venir menzionato sulle locandine prima dei gruppi Boogaloo (come Joe Cuba, nonostante quest’ultimo avesse cinque brani di successo e lui nessuno); le nuove bande vendevano dischi, quelle affermate non più, tuttavia volevano dominare le serate e iniziarono a sermonare che “il Boogaloo non serviva a niente, non era niente”. La verità è che la gente voleva ballare Boogaloo, e in seguito avrebbe preso a ballare Salsa. Io nei miei album mettevo entrambi i generi.

Israel: E lo Shingaling?

Joey: Era uno stile di ballo, il movimento in coppia era diverso, mentre il Boogaloo si ballava in una direzione lo Shingaling lo si ballava in un’altra, e tutto sulla medesima musica; fu introdotto dai neri americani.

Israel: Lei ricevette un premio nel ’68 dalla rivista Latin New York per le vendite del brano “Riky Chi”, consegnato da George Goldner; cosa può raccontarci in proposito?

Joey: Fu un disco d’oro che mi diedero per i miei 45 giri, formato che d’abitudine veniva sempre lanciato prima dell’album. Ricordo che al Palladium diedero un disco d’oro anche a Pérez Prado delle stesse dimensioni di quello che ricevetti io. Detto premio riguardava i singoli delle mie prime produzioni ossia Riky Chi, Rumbón Melón, La Güira e altri.

Israel: Quante copie vendette del suo primo disco?

Joey: Del primo album non ricordo, del secondo (Joey) in sole due settimane si vendettero quarantamila copia tra New York e Puerto Rico. Al momento, il primo rimane il più venduto e ciononostante io non ho mai ricevuto un centesimo, pensa te come sono certe situazioni.

Israel: Il suo terzo album?

Joey: Il terzo album fu Joey In Puerto Rico.

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Israel: Joey En Carnaval fu il quarto o il quinto?

Joey: Credo il quinto, e lo produssi io perché George Goldner nel frattempo morì e dovetti far tutto da me.

Israel: Questo album viene anche in CD e lo trovo meraviglioso con brani come Joey’s Thing (il mio preferito), Chacaboo, Aguacero, My Girl.

Joey: Lo chiamai “La Cosa Di Joey” perché fu così impegnativo per me comporre e produrre nel contempo che alla fine mi dimenticai il titolo!

Israel: E’ sua la composizione?

Joey: Sì, lo scrissi come lo volevo e lo sentivo, questa è la cosa più importante.

Joey Pastrana alla batteria e suo fratello Willie Pastrana al bongo -  New York 1965  Foto di Joey - Pastrana
Joey Pastrana alla batteria e suo fratello Willie Pastrana al bongo – New York 1965 Foto di Joey – Pastrana

Israel: Suo fratello Willie Pastrana lo accompagna in questo album.

Joey: Sì, fu presente in sei album, poi tornò con Joe Quijano che aveva molti ingaggi all’estero, cosa che desideravo avere anch’io e che si concretizzò all’uscita de El Diferente con Chivirico Dávila poiché tramite la radio riscosse successo anche a Panamá e Venezuela, paesi in cui facemmo una tournée di tre settimane, toccando anche Los Angeles, Florida, St. Thomas Island, Puerto Rico e New York.

Israel: Com’era il Venezuela?

Joey: Interessante, ma non ancora così salsero come lo sarebbe divenuto in seguito poiché all’epoca ascoltavano più orchestre locali che newyorchesi.

Israel: Chi scrisse My Girl?

Joey: E’ mia; tutti i brani cantati in inglese nei miei album sono miei.

L'orchestra Joey Pastrana  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
L’orchestra Joey Pastrana Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Come ingaggiò Carlos Santos?

Joey: Quando Chombo andò a Puerto Rico durante una delle mie numerose tournée, scoprì di amare profondamente l’isola per cui un giorno mi disse: “Io non torno più a New York, resto qui.” Quindi tornai senza cantante a New York e dopo molte ricerche trovai Carlos Santos, molto giovane e di voce acerba ma con il talento dell’improvvisatore. Il primo album che feci con lui credo fosse Joey en Puerto Rico, dopodiché migliorò la sua voce e nella seconda produzione che facemmo assieme progredì tantissimo, basti sentirlo in Chaca Ca Boom.

Israel: Il Chaca Ca Boom è un brano in risposta ai suoi avversari.

Joey: La gente diceva che io non suonavo veramente poiché durante i concerti presso le sale da ballo non mi producevo in assoli né improvvisazioni, ma d’altronde se la gente voleva ballare io non potevo che assecondare lo scopo per cui venivano alle nostre serate. Alcuni ragazzi tra il pubblico mi chiedevano di suonare loro i timbales per sopperire a questa mia “mancanza” e allora glieli prestavo ma solo per la penultima canzone della scaletta.

Riguardo questo brano scrissi “La gente voleva Chaca ca boom, boom”, che sono i colpi dei timbales, e in questo modo zittii i miei critici (ride) e nel contempo ebbi anche un brano di successo.

Israel: Fu un inno in tanti Paesi latinoamericani.

Joey: Mi lusinga e mi emoziona. Dopo la Cotique io feci altri cinque album tra i quali The Godfather (stesso titolo del film Il Padrino, che spopolava in quell’anno).

Ti racconto un aneddoto, Tito Rodríguez era vivo durante la registrazione dell’album e mi chiamò in studio dicendomi che gli avevano raccontato che stavo registrando il brano de Il Padrino, al ché gli dissi di sì e lui m’informò che stava facendo la stessa cosa, così ci facemmo una risata. Tito ha sempre avuto ottimi rapporti con me, e le nostre orchestre alle serate suonavano spesso assieme.

Altra cosa importante, io uscii con la copertina ispirata alla locandina del film e il brano de Il Padrino come traccia 1 del lato A; Tito Rodríguez invece uscì con la sua immagine e il brano lo mise come ultima traccia del lato B. Credo che lo arrangiò insieme a Louie Ramírez.

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Foto di sinistra:Joey ai timbales – foto di destra: Joe Quijano, Joey Pastrana e Joe Cuba.
Foto di Joey Pastrana – cedute a Herencia Latina.

Israel: In quali locali di New York divenne popolare la banda di Joey Pastrana?

Joey: Al club Corso che era un po’ la mia casa poiché ci lavoravo tre volte alla settimana mentre per i restanti giorni lavoravo due volte a Brooklyn e due volte al Tropicana del Bronx, dove si affermò Ricky Ricardo (Desi Arnaz), il personaggio del programma “I Love Lucy”, prodotto da sua moglie Lucille Ball. Ricky Ricardo – nome con cui era noto nel programma – oltre al Tropicana suonava anche al club La Conga di Manhattan. Il Tropicana del Bronx aveva le stesse scenografie del suo programma e divenne popolare come lo fu il Palladium.

Israel: Desi Arnaz interpretò Babalú di Miguelito Valdés e El Cumbanchero di Rafael Hernández, cercando di mischiare il ritmo di Machito con la melodia di André Kostelanetz.

Joey: Imitava Miguelito Valdés, del quale io ero amico da quando lo incontrai a Puerto Rico, dove mi riconobbe prima che io riconoscessi lui; ci trovavamo in fila al Sindacato e ci presentammo l’un l’altro, dopodiché andammo a mangiare ad un ristorante cubano dove incontrammo Johnny Pacheco, Bobby Valentín e Vicentino Valdés e capitò una scena comica poiché Miguelito iniziò a scavare nel riso ed esclamò: “Ma dove sono i fagioli?”, cosa che ci fece ridere tutti per cinque minuti dato che il suo modo di parlare era sempre “cantato”. Fummo amici per i quattro anni successivi, finché morì. A volte mio fratello Willie lo chiamava scherzosamente Ricky Ricardo e lui rispondeva stizzito “Io sono Miguelito Valdés, l’originale, non la copia!” (Joey ride).

Israel: Ti piacevano i ritmi cubani?

Joey: In famiglia abbiam sempre ascoltato i ritmi cubani, mio padre adorava per esempio Sonora Matancera, Pérez Prado – prima di passare dalla musica latina a quella americana – Casino De La Playa, Riverside ed altri.

Israel: Quindi ascoltavi molta Guaracha, Mambo, Cha Cha Chá e Charanga?

Joey: La Charanga era della mia epoca, ‘66/’67 quando tutti si misero a ballarla a New York e nella quale Pacheco, grande amico mio, si inserì approfittando dell’onda. Pacheco amava la mia musica ma non gradiva il Boogaloo, insisteva affinché firmassi per la sua Fania Records ma io gli rispondevo che loro erano troppo in dissintonia con questo genere. Io, del resto, suonavo anche Salsa per non restare a terra qualora il genere fosse tramontato, cosa che altre bande, specializzate e bravissime nel Boogaloo, non fecero, così scomparvero appena arrivò la Salsa; alcune si dimostrarono proprio incapaci di “stare in clave”, così dopo magari un solo disco scomparvero per sempre.

Israel: Ne ricorda alcune?

Joey: No, ma ricordo che erano tante.

Los "Chicos" del Boogaloo: Joe Bataan, Joey Pastrana e Tito Ramos. A casa di Joe Bataan, preparando una cena.  Foto di Joey Pastrana.
Los “Chicos” del Boogaloo: Joe Bataan, Joey Pastrana e Tito Ramos. A casa di Joe Bataan, preparando una cena. Foto di Joey Pastrana.

Israel: Lei è amico di Joe Bataan?

Joey: Certo, era uno di coloro che non suonavano molta musica latina, faceva musica americana e alla fine concludeva con una Cha Cha Chá; insieme facemmo molte serate, lui aveva la sua hit Gipsy Woman. Johnny Colon fece tre album, il primo di successo, i seguenti a scendere, poi si ritirò dalle scene per dedicarsi all’insegnamento della musica ai giovani.

Israel: Johnny affermò che molti impresari che gestivano le bande di Mambo, tra i quali José Curbelo e Ralph Mercado, boicottarono quelle di Boogaloo non offrendogli serate, montando una vera e propria cospirazione contro il genere musicale.

Joey: Sì, confermo, ma io non ne caddi vittima poiché suonavo anche Salsa; aggiungo che quando il Boogaloo iniziò a scemare, chi gli diede la botta finale fu la Fania Records.

Jam Session  da sininistra: Johnny Pacheco, Tito Puente, Machito. Joe Quijano e Joey Pastrana.  New York 1970  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina.
Jam Session da sininistra: Johnny Pacheco, Tito Puente, Machito. Joe Quijano e Joey Pastrana. New York 1970 Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina.

Israel: Chiarissimo. Quindi perché non firmò mai per la Fania?

Joey: Perché la Fania con tutti i miei dinieghi mi divenne ostile, e ridevo su queste loro continue profferte.

Israel: Quindi non volle unirsi a loro?

Joey: No, perché c’erano troppi spocchiosi là dentro, così firmai con la discografica argentina Parnaso che aveva iniziato ad ampliare i propri interessi nella Salsa e composi per loro A Comer e El Padrino. Pure mio fratello Willie incise due album con loro.

Israel: E, dato che da Fania si era autoescluso, Parnaso Records le procurò serate a New York?

Joey: No, io seguitai a lavorare per conto mio e la cosa non mi danneggiò molto perché in radio trasmettevano i miei dischi, come per esempio Malambo che si vendette a New York e a Puerto Rico; tuttavia Jerry Masucci, il proprietario della Fania Records, si comportava scorrettamente perché dissuadeva i Dj radiofonici dal programmare certe orchestre: il Dj Polito Vega era un mio vicino di casa e gli davo io i miei dischi direttamente, al ché lui mi rispondeva “Guarda, io te li programmo ma questa gente potrebbe crearmi problemi perché mi tengono sott’occhio per danneggiarmi.” Ciononostante mi programmò The Godfather e un altro paio di pezzi.

Israel: Nessuno denunciò la Fania per queste pratiche?

Joey: Macché, la Fania si comprava tutti e tutti stavano zitti; per esempio, la Parnaso Records chiamava direttamente i Dj per protestare ma loro rispondevano che avevano già un sacco di musica e “non potevano certo metter tutto”: il risultato fu che la mia musica si diffuse di più in Venezuela, Argentina, Panama e Colombia che a New York.

Israel: Come venne in contatto con Ricardo Ray?

Joey: Stavo registrando un album economico per la Fonseca Records nello stesso periodo in cui stavano registrando Ricardo Ray, Bobby Cruz e Chivirico Dávila, quest’ultimo nel ruolo di lead vocalist perché per quei particolari brani Bobby Cruz non era ancora adatto (lo divenne poco dopo quell’esperienza); facemmo assieme le copertine dei nostri dischi e da allora restammo buoni amici.

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L'album The Real Thing -  El Verdadero, con Chivirico Dávila.  Cortesia di David Cantrel.
L’album The Real Thing – El Verdadero, con Chivirico Dávila. Cortesia di David Cantrel.

Israel: Maestro, Herencia Latina pubblicò un’intervista al magnifico Chivirico Dávila in Cali, Colombia, dove affermò “Con Joey Pastrana io conobbi la gloria”: come ingaggiò Chivirico per il suo album The Real Thing – El Verdadero?

Joey: Lo conobbi quando lavorava per Ricardo Ray, poi cessò la collaborazione e andò a Chicago dove ebbe un serio alterco con suo figlio, della cui moglie si innamorò e con la quale scappò; il figlio lo cercava dappertutto per ammazzarlo quindi Chivirico decise di tornare a New York per sfuggirgli.

Una sera stavo lavorando al club Corso e pernottammo in una casa lì vicino che utilizzavamo per riposarci, allorché arrivò Chivirico, ci spiegò molto scosso la sua vicenda e ci disse che alloggiava lì vicino in un hotel; sotto il cappotto vestiva una camicia e sotto ancora un pigiama (Joey ride).

Gli offrii tre settimane di lavoro in studio per il mio imminente album da registrare; sulle prime rifiutò adducendo problemi di voce ma alla fine accettò perché necessitava denaro; registrammo così Pastrana Llegó (me lo cantò esattamente come volevo io, soprattutto nella splendida intro), poi The Real Thing e Campana: quest’ultimo brano era dedicato alla segretaria Juana del Dj Simphony Sid, eccellente persona di origini latine e giamaicane, brano finalizzato ad essere usato come sigla del suo programma radio. Tuttavia Tito Puente aveva già composto un Mambo per quel programma (Joey inizia a cantarlo) ma dopo la prima mezzora Sid metteva anche la mia, che era più afroide.

The Real Thing fu uno degli ultimi che feci con Cotique Records, l’ultimo fu Joey En Carnaval; quando morì il proprietario George Goldner gli eredi vollero vendere la discografica alla Fania Records e io dissi loro : “Con Fania non voglio lavorare.”

Israel: “Maestro, Lei ingaggiò Chivirico solo per l’album The Real Thing – El Verdadero per poi intraprendere ognuno le proprie strade?

Joey: Be’, Chivirico non era più in grado di cantare, quando lo portavo alle mie serate gli andava via la voce al primo set, e alla ripresa non cantava più; lui stesso mi confessò che non era in grado di cantar più di due brani, così me lo portai a Puerto Rico (dove quasi mi morì) insieme anche ad Héctor Lavoe…

Israel: Ossia che anche Lei invitò Héctor Lavoe nella sua banda?

Joey: Sì, Willie Colón lo aveva scaricato. Héctor Lavoe lo conoscevo prima che lui si unisse a Willie Colón, ed entrambi li conobbi alla spiaggia di Orchard nel Bronx dove suonavano, uno il trombone, l’altro cantando e suonando maracas. Mi divertivo con loro, all’epoca erano molto giovani.

Quando Willie Colón lo lasciò io gli chiesi: “Sarà dura per te adesso?” Ma lui tranquillo rispose: “No, ho un contratto con Fania Records per cui Willie non può incidere senza me né io senza la sua banda” per cui gli proposi di accompagnarmi a Puerto Rico spiegandogli che Chivirico non poteva sostenere una serata intera, accettando di fare il corista ed intervenendo all’occorrenza come lead vocalist (conosceva tutti i miei brani storici).

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Israel: Héctor Lavoe faceva sia il corista che il lead vocalist?

Joey: Sì, entrambe le cose, ma quando lo venne a sapere la Fania, fecero le loro rimostranze e quell’esperienza fu interrotta. Come corista, partecipò ai miei due album A Comer e The Godfather.

Israel: A cosa s’ispirò Lei nel comporre Malambo?

Joey: Malambo fu scritta per i timbales (Joey intona il ritornello: “Me gusta los timbales pa’ gozar bembé”).

Israel: Il brano fu un successo a Puerto Rico e molti paesi latinoamericani, a tutt’oggi si può dire che è un classico della Salsa.

Joey: Sì, piacque molto a Puerto Rico, io lo composi per i miei antenati, le mie origini. Un altro classico della mia produzione è Riki Chi che ricordo sempre al mio pubblico cantando “Riki Chi, Oh No, No”.

Israel: All’epoca del Boogaloo quali bande le piacevano?

Joey: Mi piacevano Joe Cuba, Tony Pabón, Ricardo Ray, conobbi l’indio Cherokee, Doc Cheatam quando suonava al Metropol con Gene Krupa, poi Ralfy Pagán che era un cantante interessante ma più orientato verso la musica nordamericana.

Israel: Lei conobbe King Nando?

Joey: Caspita se lo conobbi! Viveva tra la 109a e la 110a strada dove suonava la chitarra e cantava. Fece un disco di successo a New York, “Fortuna”, che era romantico, come molti che uscirono in quell’epoca.

Israel: Perché la sua orchestra esce di scena a fine anni ottanta?

Joey: Pensa che nel ’93 organizzarono una celebrazione in cui mi diedero un premio alla carriera, in pratica mi consacrarono come leggenda della musica latina; lo stesso fecero con Jimmy Sabater, Willie Torres e altri: Marilyn Winters, un’ebrea americana, ex ballerina di Tito Rodríguez che non abbandonò mai l’ambiente latino, ideò l’evento e ci consegnò lei stessa i trofei.

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Jimmy Sabater, Joey Pastrana, Marlyn Winters e Willie Torres durante la consegna dei premi. New York, 8 gennaio 1993. Foto di Joey Pastrana.
Jimmy Sabater, Joey Pastrana, Marlyn Winters e Willie Torres durante la consegna dei premi. New York, 8 gennaio 1993. Foto di Joey Pastrana.

Israel: Lei si allontanò dall’ambiente poco dopo questa premiazione?

Joey: No, a Pasqua ’98 suonai all’Hotel Condado Plaza a San Juan, Puerto Rico, e sporadicamente a New York.

Di fatto ne avevo un po’ abbastanza dell’ambiente, necessitavo una pausa, ero stanco di suonare; oltretutto il clima di New York non fece bene alla mia salute e mi trasferii in Florida: tuttavia ho delle canzoni pronte per una piccola banda qui in Florida e, sebbene non voglia esibirmi dal vivo, ho intenzione di incidere con loro.

Israel: Quando arrivò la Salsa Romantica Lei si tenne lontano da questa onda?

Joey: La Salsa Romantica ha le sue cose buone, ma non è il mio stile, io suono duro, mi piace che la gente avverta questo mio timbro; ha prodotto alcune cose belle, ma non mi inserii mai in quel circuito.

Israel: Quando si trasferì definitivamente in Florida?

Joey: nel 2004, a seguito dell’asma che contrassi nell’esercizio della mia attività di manutentore parchi, respirando il pulviscolo espulso dal tagliaerba; per sei mesi rimasi a letto con la polmonite; mi ritirai e seguii il consiglio di trasferirmi in uno stato con un clima più adatto per chi ha queste insufficienze respiratorie.

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Nella casa di Joey Pastrana.
Nella casa di Joey Pastrana.

Israel: Le piace vivere qui in Florida?

Joey, Sì, il posto è bello e il clima di Fort Myers è simile a quello di Puerto Rico con una media di 21° centigradi; faccio esercizio fisico, compongo musica, scrivo testi, non bevo e non fumo.

Israel: Qual è l’album che le ha fruttato di più economicamente?

Joey: Joey En Carnavale che ha molti brani perfetti, anche se non so esprimere un ordine di preferenza, mi piaccion tutti.

Israel: Come si comportò la Cotique Records sia a livello di compensi che di libertà creativa?

Joey: Economicamente molto male perché a parte il compenso fisso stabilito per l’incisione non ho mai ricevuto alcuna royalty e sto cercando un legale per riappropriarmi di ciò che mi spetta, dato che le mie opere son state riprodotte e rivendute senza che io venissi minimamente coinvolto nei ricavi: stanno lucrando sulle mie opere d’ingegno, è una chiara violazione dei diritti d’autore.

Israel: In una intervista pubblicata su Herencia Latina i New Swing Sextet si lamentarono della stessa cosa, dischi riprodotti da altri ma senza nessun compenso per loro, uno scandalo in considerazione della ricchezza artistica prodotta da tutta una generazione di musicisti.

Joey: In molte parti del mondo vendono tuttora i miei dischi, per esempio in Venezuela, Colombia, New York, Spagna, Inghilterra, Puerto Rico, Panama ed altri, mentre io non ricevo nulla; anche altre bande furono ingannate come i Lebrón Brothers, Johnny Colón, New Swing Sextet e molti altri, mentre i proprietari della Cotique Records si arricchirono con le nostre produzioni: eppure anche noi musicisti invecchiamo e necessitiamo crearci una base economica per vivere quest’ultima tappa della nostra vita felicemente e dignitosamente.

Israel: Joe Quijano mi ha detto che Lei ha raccolto i suoi successi in un CD per metterli in vendita, può darci i dettagli di questa operazione?

Joey: Sì, ho stampato un CD autoprodotto quindi con i costi a mio carico, comprendente brani tutti composti da me, affinché nessun possa reclamarli come suoi, e son tutti registrati alla Società degli Autori; ora cerco un impresario che voglia occuparsi del lancio di questo CD in maniera che possa generare profitti.

Israel: Maestro, Lei è in buoni rapporti con Joe Quijano?

Joey: E’ un fratello per me, lo conosco da quando arrivai nel Bronx…

Israel: Le vostre orchestre suonarono mai assieme nelle stesse serate?

Joey: Sì, diverse volte, come al Bronx Casino (che ora è una chiesa), dove si esibirono bande come quelle di Tito Puente, Tito Rodríguez, la mia, quella di Joe Quijano, Eddie e Charlie Palmieri e Johnny El Bravo López.

Israel: Ha nuovi progetti, nuove sue composizioni da incidere?

Joey: Sì, penso di metter su una banda qui e di rimettermi a suonare.


Israel: Come arrivò al suono forte e crudo che caratterizzò la sua come molte altre bande newyorchesi della seconda metà anni ’60?

Joey: Di fatto all’epoca la gente voleva ballare, e per far sì che ciò accadesse bisognava suonare forte e duro; nel Barrio, se non avevi questa caratteristica, eran problemi per la banda, generava un passaparola negativo, per cui ognuno sentiva la necessità di suonare col diavolo addosso (ride): andar sul palco e non riuscire a far ballare la gente poteva rivelarsi fatale per la banda.

Israel: In quali relazioni è con Ismael Miranda?

Joey: Prima di lasciare New York per la Florida lo chiamai e mi disse che stava bene ed era ingrassato, cosa poco immaginabile per quel “magrolino” che possiamo ricordarci nella foto del nostro primo album; mi raccontò che adesso ha la faccia grande come un pallone!

Israel: Ha più cantato per Lei?

Joey: No, dopo il mio primo album, mai più perché andò con Larry Harlow; io non avevo molte serate e lui aveva il problema di sfuggire alla chiamata di leva per il Vietnam, cosa che gli riuscì lavorando molto per Larry Harlow: gli dissi “Non ti preoccupare, io ingaggerò Chombo in tua sostituzione”.

José “Chombo” Rodríguez e Joey Pastrana in San Juan, Puerto Rico.  Foto di Joey Pastrana.
José “Chombo” Rodríguez e Joey Pastrana in San Juan, Puerto Rico. Foto di Joey Pastrana.

Israel: José “Chombo” Rodríguez vive sempre a Puerto Rico?

Joey: No, Joe Quijano mi ha detto che è scomparso, sembra per un attacco cardiaco, lo apprese dalla radio; era un bravo ragazzo, anche se talvolta faceva il matto.

Israel: Sa qualcosa dell’altro suo cantante, Carlos Santos?

Joey: Lui si trasferì ad Orlando, a quattro ore da qui.

Israel: Siete in contatto?

Joey: Sì, mi chiama sempre quando passa da queste parti; dovrei avere il suo numero da qualche parte ma non credo che conosca il mio nuovo numero dato che ho traslocato di recente. Certamente mio fratello minore ha il suo numero.

Israel: Chi, Willie Pastrana?

Joey: No, Tony, il più piccolo di noi tre.

Israel: E Willie che fa adesso?

Joey: Vive a New York e lavora per il municipio; al momento sta preparando un CD per la sua orchestra attuale, intende lanciarlo nel 2006.

Israel: Quanti figli ha Lei?

Joey: Una figlia e un figlio.

Israel: Lei è nonno?

Joey: Caspita, sì, ho una nipote di 14 anni.

Israel: I suoi figli amano la musica?

Joey: No, non mi sono usciti musicisti! Miguel suona un po’ la conga ma non a livello da musicista.

Israel: Lei vive con sua moglie?

Joey: No, divorziai circa cinque anni fa quando mi ammalai, vivo qui da solo e ho un po’ di amiche che mi vengono a trovare (ride) ma ci sto attento, perché a portarle a cena son spese (ride).

Israel: La sua ex moglie è cantante?

Joey: No, mi aiutava nella parte grafica e nelle note degli album, si chiama Dana Torres.

Israel: E’ portoricana?

Joey: No, ebrea americana

Israel: Se le dovessero chiedere di radunare la banda di Joey Pastrana, quali integranti sceglierebbe?

Joey: Adesso?

Israel: Sì.

Joey: E come potrei farlo, se nemmeno so dove vivono i miei ex colleghi?

Israel: E allora, proviamo ad immaginarla.

Joey: Ok, me la immagino con Tito Rodríguez come lead vocalist, Mongo Santamaria alle congas, Chiky Pérez (ex integrante della banda di Tito Puente e che lavorò nel mio primo album) al bongó, Puchy (altro mio ex integrante), Angel Rodríguez e Larry Spencer alle trombe, Jack Hitchcok e Barry Rogers ai tromboni infine Bobby Rodríguez (altro ex integrante di Tito Puente) al basso.

Israel: Quali sono le sue bande preferite?

Joey: Machito, Tito Rodríguez, Tito Puente (amavo le big bands, ma durante la mia epoca non c’era lavoro per questo formato orchestrale), Pérez Prado, Charlie ed Eddie Palmieri, Ricardo Ray, Joe Quijano y su Orquesta Cachana e Joe Cuba.

Israel: E tra le orchestre cubane?

Joey: Chapotín, Orquesta Casino de la Playa, Aragón, Fajardo y sus Estrellas (con cui spesso condividevo le serate), Lou Pérez… Mi piace Patato Valdés.

Ti racconto un aneddoto su Patato, stavo suonando congas nel Bronx e gli dico “Son già le 18, devo andare perché domani sera parto per la California” e lui col suo gergo (Joey lo imita) “Va bene, ci vediamo”; il giorno dopo arriviamo al locale e iniziamo a suonare quando all’improvviso entra Patato Valdés e gli chiedo sorpreso “Che ci fai qui?” e lui “Io te l’ho detto che sarei venuto qui, sei tu che non hai capito!”: due giorni dopo me lo rivedo in un locale in Florida e … terminammo la tournée incontrandoci anche a Puerto Rico!

Ismael Rivera, Joey Pastrana, Kako, Rafael Cortijo, Santos Colón e Camilo Azuquita. Foto di Joey Pastrana ceduta a Herencia Latina.
Ismael Rivera, Joey Pastrana, Kako, Rafael Cortijo, Santos Colón e Camilo Azuquita. Foto di Joey Pastrana ceduta a Herencia Latina.

Israel: E tra le orchestre portoricane?

Joey: Cortijo e Ismael Rivera, ho una foto insieme a loro due e Kako, Santos Colón e Azuquita: te la cedo.

Sapevi che avevo scritto due brani a Cortijo? Aguacero e Oriza. Tra le tante volte che viaggiai a Puerto Rico mi capitò di incontrare Cortijo senza Ismael per cui gli chiesi dove fosse, e lui mi rispose che si era nascosto a Panama (era ricercato dalla polizia); recandomi a Panama per la tournée ho chiesto di lui a un nostro fan che ci condusse a un vecchio hotel dove una vecchietta si staccò un attimo dai fornelli per andarmelo a chiamare: Ismael mi abbracciò fortissimo, mi disse che stava bene e parlammo fino a notte inoltrata.

Quando tornai a Puerto Rico riferii l’episodio a Cortijo e i dettagli del suo indirizzo; quando Ismael risolse i suoi problemi con la legge me lo ritrovo nel Bronx con la sua banda offrendomi di presenziare alla sua registrazione, dopodiché chiacchierammo cinque ore: lui mi chiamava “Pastranita”.

Israel: Pastrana è un nome portoricano?

Joey: No, siamo in pochi ad averlo lì.

Israel: Penso sia più sudamericano, per esempio in Colombia elessero due presidenti con quel nome…. Stranamente erano padre e figlio (ridono)!

Joey: A Cuba ci son molti Pastrana, mi dissero che ha origini spagnole ed arrivò a Puerto Rico passando da Cuba; un’altra cosa che mi raccontarono fu che fosse relazionato con la Casa Reale Spagnola, nello specifico i loro cuochi si chiamavano così: non saprei, a mio padre e a molti miei zii comunque piace cucinare, e a Puerto Rico c’è un ristorante con quel nome, credo a Santurce..

Israel: Dei paesi in cui ha vissuto quale le è piaciuto di più?

Joey: Puerto Rico, perché la gente ama ballare e perché è la mia isola, ma mi è piaciuto anche il Panama e mi sorprese pure l’isola di Saint Thomas perché nonostante la sua popolazione fosse di discendenza inglese o africana, apprezzavano la musica latina.

Israel: Joey, a St. Thomas (British Virgin Islands) si stabilirono molti portoricani dell’isola di Vieques e si ascolta molto la radio portoricana.

Joey: Sì, me lo avevan detto in occasione dei miei tre concerti nell’isola.

Israel: Ha saputo che la sua musica si sta ascoltando in Francia, Inghilterra, Italia e Spagna?

Joey: Sì, la cosa mi ha sorpreso e ribadisco che non ricevo un centesimo da queste vendite (ride), dovrebbero pagarmi un tot sulle vendite e sui passaggi in radio, ma ciò succede solo con la BMI con cui mi associai fin dalla mia prima incisione e che tuttora mi manda un resoconto trimestrale sui miei compensi riguardanti il Giappone, la Spagna, l’Argentina e altri paesi.

Israel: Lei vive solo con la pensione?

Joey: Esatto.

Israel: Le due coriste quando smisero di cantare?

Joey: Quando cessò la collaborazione con Cotique Records; non fu facile continuare con la musica latina così si diedero al Rock.

In casa di Machito: Joey Pastrana, Machito e Joe Quijano. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
In casa di Machito: Joey Pastrana, Machito e Joe Quijano. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina
Mario Bauzá, Joey Pastrana, Tito Puente e Graciela. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Mario Bauzá, Joey Pastrana, Tito Puente e Graciela. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Ci racconti del Boogaloo che compose per Machito.

Joey: Con Machito era diverso, perché quando la sua discografica non gli rinnovò il contratto rimase senza lavoro, così George Goldner della Cotique Records decise di ingaggiarlo a patto che io mi inventassi un Boogaloo per lui, cosa che non aveva mai avuto nel suo repertorio.

Andai a casa, ci pensai molto fino a ricordarmi che avevo già un brano fatto, ed era adatto a Machito, così andai da Mario Bauzá e gli diedi Ahora Sí, per dargli un’idea di come fosse un Boogaloo.

Ne scrissi uno anche per Graciela, ma con arie più da Mambo; Mario Bauzá disse a Machito “Facciamolo, dai, dai!” e il giorno stesso li aveva arrangiati entrambi; m’invito a tornare l’indomani per sentirli suonati, cosa che mi meravigliò per la velocità.

Il giorno dopo, alle prove, Bauzá mi sorprese per il lavoro fatto e Machito e Graciela mi misero come arrangiatore nei crediti della canzone; i brani furono lanciati e divennero subito dei successi in tutta New York, causandomi anche qualche problema con Tito Puente che non gradiva che uno della sua generazione se ne uscisse con un Boogaloo: di fatto, poi, non erano ritmicamente dei Boogaloo bensì della Guarachas col cantato allo stile Boogaloo.

Un giorno incontrai il figlio di Machito dicendomi che mi “odiava”, e quando gli chiesi il perché rispose “Il Boogaloo che hai scritto per mio padre me lo chiedono in tutto il mondo, Ahora Sí!”

Ho incluso anche questo brano nella raccolta dei miei successi.

Joey Pastrana e Tina Roppe. A Fort Myers, Florida. Foto di Joey Pastrana
Joey Pastrana e Tina Roppe. A Fort Myers, Florida. Foto di Joey Pastrana
Joey Pastrana a casa sua.
Joey Pastrana a casa sua.

Israel: Maestro, chi la spinse a stampare questo CD?

Joey: Tina Roppe, una gran donna che mi ha aiutato molto qui a Fort Myers.

Israel: Grazie Maestro.

Al Cotton Club di New York: Joey Pastrana con il Maestro Machito. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Al Cotton Club di New York: Joey Pastrana con il Maestro Machito. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

VIVA PASTRANA!
Intervista di Israel Sánchez-Coll a Joey Pastrana (Maggio 2006) per
www.herencialatina.com

Israel Sánchez-Coll Fort Myers, Florida, Dicembre 2006

Ripasso storico sui 40 anni del Boogaloo e dello Shing-a-ling

di ©Israel Sánchez-Coll e ©Ian Seda
traduzione a cura di Dudu e Silly
Prima parte

Herencia Latina con questa edizione di Febbraio – Marzo del 2005 celebra i primi 40 anni del rinnovamento musicale avvenuto a metà degli anni 60, nel settore ispanico dell’Harlem detto anche “barrio”, dove la prima generazione di giovani portoricani nati nella città di New York o la terza generazione di portoricani radicata lì, vide crescere il meraviglioso ritmo musicale chiamato Latin Boogaloo ed il suo fratello minore, lo Shing- A – Ling.

L’apice del successo fu nel 1965, anno dove il corso della musica latina cambiò quando un nuovo ritmo fu creato dai ballerini Afro Americani, che celebravano i loro incontri nel Club Palm Garden, ubicato nel “Midtown” di Manhattan, nella città di New York.
I ballerini furono travolti dalla musica di Pucho Brown y sus Latin Soul Brother, ma anche da gruppi specializzati nella musica latina come quelli di Pete Rodríguez, Joe Cuba e Johnny Colón; senza dubbio è al trombettista, compositore e arrangiatore Tony Pabón che dobbiamo molto; fu infatti il primo musicista al quale si attribuisce l’utilizzo delle tinte latine alla musica Boogaloo degli Afro Americani, quando compose Pete’s Boogaloo per Pete Rodríguez. (Salazar 1977).

La disputa per l’elaborazione del menzionato ritmo è ancora attuale.
Lo reclamano per i suoi effetti diversi attori principali:

1. Tony Pabon incise la sua famosa Pete’s Boogaloo che, come sostenne lo scomparso Disc Jockey Symphony Sid Torin, fu il primo boogaloo suonato alla radio di New York. Inoltre, Pete riuscì a sfondare nei primi locali con un altro boogaloo, “I Like It Like That”.

2. Joe Cuba y su Sexteto per la sua famosa canzone Bang Bang (Push, Push), la quale restò per dieci settimane nella classifica del Billborad e fu una delle poche registrazioni latine a raggiungere un successo musicale nel mercato Anglosassone.

3. Johnny Colón per il tema “Boogaloo Blue”, e 4. Héctor Rivera con il suo già mitico pezzo “At the Party”, canzone che nel 1966 occupò il posto 26 nella classifica del Billborad per otto settimane.
D’altra parte Ricardo Ray è stato considerato come il primo innovatore del ritmo per il suo album Jala Jala y Boogaloo registrato nel 1967.

Boogaloo to Salsa Clips from Mathew Warren.
 

Joe Bataan è considerato il padre del Latin Soul per i suoi famosi lavori che troviamo specialmente nell’album “Riot”, mentre Pucho Brown è identificato come il musicista che costruì un ponte tra il boogaloo afroamericano ed il Latin Boogaloo.

Joe Cuba e Jimmy Sabater contribuirono molto alla crescita di questo ritmo musicale, come spiega il professor Flores nel suo libro(From Bomba to hip hop 1999), dove racconta: “Jimmy Sabater ricorda la notte nella quale il suo direttore Joe Cuba esaudì le sue preghiere per suonare una canzone che già da molto tempo lo stava inspirando”.

Arrivò così il successo.Era l’anno 1966 e successe nella sala da ballo del The Palm Gardens Ballroom nel Midtown Manhattan; il salone era pieno.
Sabater racconta:

“Era un ballo dei neri americani di Harlem – Come voi sapete- prosegue, – nel Palm Gardens si organizzava un ballo ogni settimana per le persone di colore e si organizzavano anche da altre parti. In questo modo riuscimmo a provare le canzoni del nuovo album: “Estamos Haciendo Algo Bien” (We Must Be Doing Something Right), che stava per essere presentato sul mercato, e dove si trova “El Pito” (I’ll never go back to Georgia, never go back).Avete Presente?
Il luogo era pieno di gente e quando suonavamo Mambo e Cha Cha Cha e nessuno andava a ballare o era coinvolto. Alla fine del primo tempo, andai da Joe Cuba e gli dissi preoccupato:”Guarda Sonny (che era il suo soprannome) io ho un’idea, proviamo a suonare in maniera da coinvolgere la gente”. Joe mi rispose:”No, no, no, noi dobbiamo continuare a suonare le canzoni del nuovo LP”.
Allora, quando stava per iniziare la seconda parte del concerto mi avvicinai di nuovo a Joe e lo pregai, a quel punto mi disse:”Guarda Jimmy, va bene, se sto sbagliando ci fermeremo e ti pagherò il doppio”.
La situazione continuò senza cambi. Finalmente, Joe mi si avvicinò e disse: “OK”. Passai dal piano e dissi a Nick Jiménez, “Suona questo”… Prima di ritornare al timbal la gente aveva riempito la pista e cantava“bi-bi hah!, bi-bi hah!”.

Anche Joe Cuba ricorda questo evento, “le coppie improvvisamente iniziarono a ballare da una parte all’altra, qualcosa di simile ad una ola (onda), e cominciarono a cantare:” ella es libre, ella es libre”, qualcosa di simile ad un salmo tribale africano e continuarono a ballare”.


Johnny Colón “Echa la pa ca, tirala pa alla, esa mulata tiene candela”

Di grande interesse risultano le risposte che il maestro Johnny Colón diede all’intervista che gli fece lo scomparso giornalista di New York Vermon W.Boogi, quando questo gli chiese di dire se lui (Johnny Colón) fu uno dei padri fondatori del Boogaloo, al che Colón gli rispose:

“Io non penso di essere il padre fondatore del Boogaloo.
Mi colloco come parte di questo processo. Richie Ray fece un brano chiamato “Lookie Lookie”, però non è stato considerato nella sua essenza un boogaloo e sebbene l’idea ed il concetto erano molto vicini, però fu un boogaloo molto veloce.
Il boogaloo nella sua essenza era lento.
Un altro ragazzo che fu stigmatizzato – e questo mi anticipò – se lo considerate nell’era del boogaloo e gli date credito, fu Pete Rodríguez con “I Like It Like That” e “Micaela”.
Anche se fu più un tentativo di boogaloo, però tornando alla discussione, non fu totalmente un tentativo di boogaloo, giacchè “Micaela” non fu realmente un boogaloo ma una tonada latina.Noi arrivammo al boogaloo quando questo realmente cominciò a mischiarsi, dato che in precedenza fu solo un tentativo di modificare il blues ed i suoi accordi.
Non fu propriamente Latin Music, ma più una fusione di musica latina con musica jazz. Il boogaloo sperimentale fu una combinazione di musica latina con rhythm and blues (musica nera) e penso che sia molto simile al “Jumpy”.
“Adesso se ascoltate attentamente il mio tema el “Boogaloo Blues”, potrete ascoltare influenze di jazz. E la mia ispirazione fu una canzone chiamata “Sayonara Blues” di Horace Silver e anche usai “No Mo Shake” dello stesso autore. Le sue linee sono bellissime.
In altre parole, Horace fu il catalizzatore per la mia creatività, mi servì per esplorare e scoprire…fui un fanatico di Horace Silver”

 

 

 


Il Maestro Joe Bataan in Spagna 2004

 


Il Maestro Joey Pastrana

 

Prosegue Johnny: “Penso che lei darebbe probabilmente credito a Ricardo Ray, forse perchè lui realizzò la canzone “Lookie Lookie”, e prima che (mi chieda), se io do credito a qualcuno al quale si ispirò Ricardo Ray, io penserei – se lei ha ascoltato la sua musica – a Mongo Santamaría.
Ha ascoltato “Watermelo Man”. Fra quelli che si nominano c’è Joe Bataan, il quale iniziò a suonare boogaloo solo successivamente (mesi dopo). Penso che la sua musica non si possa definire boogaloo, però fu una fusione molto ben fatta di musica Latina e ‘American rhythm and blues’ . . . dopo Joe Cuba con Bang Bang, arrivarono i Lebrón Brothers; io fui loro produttore anche se non mi diedero credito nei loro LP.
George (Goldner) — produttore della Cotique — mi domandò se potevo aiutare i ragazzi per registrare, mi spiegò:” Ho bisogno di una persona nello studio che possa comunicare”.

Vista la mia esperienza precedente di produttore, io decisi di aiutarli con le armonie, dato che alcune presentavano degli errori. In questo modo registrarono il loro primo LP. Ho anche aiutato un gruppo chiamato “The Latines”.
Fra i “The Latines” e i “Lebrón Brothers” c’era Joey Pastrana, anche lui fu aiutato da me nella produzione. Furono dei ragazzi molto felici durante questa era (quella del Boogaloo).

In un’intervista che facemmo con Ricardo Ray e Booby Cruz verso metà Dicembre del 2005, presso il negozio di dischi di Viera per il lancio del suo disco “Que Vuelva la Música”, Bobby Cruz ci disse: “Il primo Boogaloo lo abbiamo registrato noi e si chiama “Lookie Lookie Boogaloo”. Pete Rodríguez arrivò un anno dopo, mentre noi registrammo questa canzone nell’album “Se Soltó” se non ricordo male”. Era il 1964, (interviene Ricardo Ray).
“Si era il 1964 continua Bobby, e fu il primo boogaloo , affinchè lo possiate ricordare”. “La verità è que Pete Rodríguez fece un gran pezzo che si chiama: “I Like It Like That”, però non bisogna dimenticare che Joe Cuba a sua volta registrò un altro tema sensazionale “Bang Bang (Push, Push)”.
“In verità il boogaloo come tale lo inventò Chubby Checker e noi lo rendemmo latino con “Lookie Lookie” che è cantata in inglese, dopo questa canzone realizzammo un album totalmente di boogaloo che si chiama: “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty”, allora venne Pete e suonò in maniera mostruosa con “I Like It Like That”.
Però queste cose bisogna controllarle con la storia, bisogna osservare le date in cui uscirono “I Like It Like That” e “Lookie Lookie Boogaloo”.


I ragazzi del The TNT

I Lebrón Brothers

Joey Pastrana

Prima che il boogaloo entrasse sulla scena con il cambio generazionale fra il finale degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, la musica latina che si ascoltava a New York era composta da mambo, pachanga e dalle orchestre tipiche cubane o charangas; il locale che tirava per la maggiore era il Palladium Ballroom, almeno fino al 1961, quando il Palladium iniziò ad avere problemi con le autorità della città di New York a causa di una retata che venne fatta dalla polizia a seguito di una soffiata da parte di alcuni agenti infiltrati che portarono al sequestro di una partita di liquore adulterato.
Le multe ed il ritiro della licenza per vendere bevande alcoliche furono il mezzo per punire la famosa sala da ballo. La perdita di clienti ed il poco interesse nel consumare solo bevande analcoliche portarono alla chiusura del locale il 5 Maggio del 1966. La chiusura del Palladium marcò definitivamente la fine dell’era del Mambo e delle grandi orchestre; inoltre come in un effetto domino portò anche alla fine di altri ritmi di moda a quei tempi: la Pachanga e la Charanga.
Per queste orchestre sarebbero arrivati momenti molto difficili.
Un’altra cosa singolare che vale la pena ricordare è la seguente: il giorno della chiusura del Palladium, fra le orchestre che erano state messe sotto contratto ne appaiono due che casualmente sono quelle di maggior successo e quotate nell’ambiente del Boogaloo: “La Magnífica de Pete Rodríguez” e “la Orquesta de Ricardo Ray”, quasi come se il nascente boogaloo partecipasse all’addio ed alla chiusura del Palladium. (le altre due orchestre furono: La Orquesta de Eddie Palmieri e la Orquesta Broadway)
Nel frattempo arrivarono altri successi; Pucho Brown, un Afro Americano che incominciò registrando ritmi Afro-Cubani nel 1960 e parlando della decade del boogaloo disse:”I gruppi Afro-Americani furono i primi a introdurre il boogaloo nei primi anni sessanta. . . essi unirono un “back beat” (movimento ritardato) al rhythm and blues e da lì emerse il boogaloo.” Nel 1966 il mercato afro americano stava acquistando importanza negli Stati Uniti; il momento era ormai maturo per il nuovo ritmo che avrebbe soddisfatto la domanda di registrazioni di musica afro americana e latina.


Il Maestro Pijuan y su Sexteto

il Gran Pucho Brown y sus Latin Soul Brothers

ed il Maestro Ray Barretto
Fine prima parte

Ray Barretto nell’anno 1961 registrò per la casa Tico Records il suo maggior successo commerciale: “Watusi”, tema che divenne rapidamente famoso e che entrò anche nella classifica del Billboard, rimanendo per 13 settimane alla posizione numero 5. Il pezzo prendeva spunto da un brano di Hank Ballard y los Midnighters intitolato “Let’s Go, let’s Go”.
Nel 1963 Mongo Santamaria entrò nella Top 10 con il suo primo successo Watermelon Men, composizione scritta da Herbie Hancock e nel 1965 la casa discografica Tico registrò il grande successo di Eddie Palmieri “Azucar pa’ ti” che attrasse molti neri interessati a ballare i ritmi latini.
Questi tre pezzi sono da segnalare come quelli di primaria importanza, nei quali sono presenti i primi ingredienti del Latin Boogaloo e dello Shing – A – Ling.

Gli episodi accaduti al Palm Garden Club, sia con “La Magnífica de Pete Rodríguez” che con il “Sexteto di Joe Cuba”, saranno utili per far comprendere la funzione sociale del Boogaloo. Effettivamente, come vicini e compagni di lavoro, gli afroamericani ed i portoricani del quartiere di Harlem hanno condiviso per molti decenni le proprie tradizioni orali, la cultura, gli amori, le disavventure e le frustrazioni. Entrambe le comunità frequentavano i club del luogo dove si dilettavano ascoltando le proprie bande preferite indipendentemente dal fatto che fossero latine o nere. Queste bande erano in grado di dar vita da un momento all’altro a fusioni musicali per compiacere tutti i presenti.
Così era possibile vedere nella stessa circostanza suonare gruppi afroamericani come The Suprems, The Temptations, Marvin Gaye, James Brown, Wilson Pickett, Joe Tex ed i latini Joe Cuba, Joey Pastrana, Lebrón Brothers,Eddie Palmieri, Pete Rodríguez, ecc.
Questa singolare “pentola a pressione ritmica” si sarebbe presto trasformata in un’insieme musicale di suoni attraenti e rivoluzionari.
In un articolo della metà degli anni sessanta sulla discoteca “Small’s Paradise” di Harlem apparso sulla rivista di gossip “New York Spy” c’era scritto: “Qui si può vedere l’autentico boogaloo, il phil dog, il jerk ed il truck”.


Sex Simbols, i simboli sessuali: Sono i ragazzi de “La TNT” che posano con modi irreverenti, seguendo i padri della liberazione sessuale e la moda psichedelica degli anni 60. Un LP della Cotique.

Il successo del Latin Boogaloo demarca la storia della musica latina in quanto tappa di transizione e anche tappa di rottura con la continuità e le influenze in termini di stile musicale che venivano sviluppandosi dagli anni 40.
Questo è il momento nel quale si da indipendenza ai messaggi, si modificano le liriche, dato che le liriche di questo movimento non erano focalizzate verso la lontana Cuba o la chiassosa Habana, ma rispondevano maggiormente a nuove opzioni sociali. La predominanza dello spagnolo nelle canzoni cominciava già a calare a scapito dell’inglese. Anche il ballo iniziò a cambiare: dal soave cha cha cha e dal mambo si passa ad un ritmo con passi da “mezzi ubriachi” – leggasi quanto affermava Tony Pabón (nell’intervista che pubblicheremo prossimamente) – accompagnati da contorsioni del bacino, il corpo vibra e si unisce il “chasquido” delle dita.
Anche il modo di vestire cambia, i vestiti scuri e eleganti sono rimpiazzati dalle giacche, pantaloni azzurri e camicie con figure psichedeliche (una delle ultime orchestre a utilizzare abbigliamento da gala fu quella di Ricardo Ray).
Questo breve periodo fomentò l’esplosione musicale fatta di furore, frenesia delle comunità latina e afroamericana del Barrio; nel frattempo le 2 comunità vivevano il momento storico dei movimenti dei Diritti Civili, la nascita e la rivendicazione di movimenti radicali come “Las Panteras Negras”, il movimento civico portoricano del partito “Young Lords” e le lotte contro ogni forma di discriminazione razziale.
I cantanti Joey Pastrana, Héctor Rivera, Gilberto Cruz y su Sexteto, Joe Cuba, Ralphy Pagán, Joe Bataan, King Nando, Ralph Robles, Monguito Santamaría, El Sexteto New Swing, Frankie Nieves, Mario Allison, Pete Rodríguez ed i ragazzi della TNT beneficiarono al tempo stesso dell’immensa popolarità nel Barrio. Inoltre erano apprezzati in modo profondo per le loro ballate piene di soul con influenze di ritmi latini. Fernando “King Nando” Rivera diventò famoso per lo Shing – A – Ling, catturando l’attenzione del Barrio nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”, ispirata dai ricordi di Portorico.

La Famosa Orquestra Cachana del Maestro Joe Quijano degli anni 60. ©Foto di Max Salazar.

“Lo del Boogaloo eso Pasara” – Joe Quijano

Nell’anno 1965, dopo aver inciso cinque LP per i marchi Battle e Riverside, Mongo Santamaria firma con la Columbia Records. Mongo vide aumentare la propria popolarità con gli LP El Bravo e Pussy Cat.
Nell’anno seguente la popolarità del boogaloo era in ascesa, cosa che contribuì a far diminuire in modo drastico il lavoro per le grandi orchestre.
Negli anni successivi il boogaloo esplose, tanto che sul mercato arrivò una grande quantità di gruppi giovanili che si dedicavano a questo nuovo ritmo.
La popolarità del Boogaloo “ferì” alcuni direttori delle grandi orchestre, che erano già famosi sul mercato latino e in modo tempestivo avvertirono la pressione della nuova corrente musicale; furono così letteralmente rifiutati dal mercato e questo fu evidente quando i contratti iniziarono a dimuire.
La situazione si fece “calda”.
Il maestro Joe Quijano con la sua Orquesta Cachana registrò un brano che avrebbe aperto la polemica contro il Boogaloo; il brano voleva togliere importanza ai lavori che stavano sviluppando i “nuovi ragazzi”.
Per dare veridicità a questo criterio abbiamo chiesto al maestro Quijano e questo è ciò che ci ha risposto: “Credo di esser stato ingiusto con i ragazzi”.Il brano prese vita mentre stavo provando nel Bronx Casino con l’Orquesta Cachana. Ad un certo punto entrò Johnny Pacheco che stava andando in riunione con Maceda per discutere di un contratto.
Ero furioso e borbottante contro il boogaloo, ci siamo diretti al laboratorio di Maceda e abbiamo parlato dell’ambiente musicale che aveva portato avanti il boogaloo e del fatto che questo stava andando alla grande”.
“Io dissi a Pacheco – dimenticati del boogaloo che passerà, io continuo con il mio montuno e non torno indietro. Mentre parlavo con Pacheco mi ricordai che quando andai a L’Habana si discuteva sul travolgente ritorno del Cha Cha Cha e Cabrerita aveva un coro molto popolare che diceva” (il maestro procede a cantarlo): “Io mi diverto ballando, lasciami col mio son, continua tu a saltare col tuo Cha Cha Cha”.
Da lì presi ispirazione per la famosa melodia.
Allora tornai dove i ragazzi della mia banda stavano provando e dissi a Paquito Pastor: “Paquito, suona questo”: “Il boogaloo passerà, io continuo con il mio montuno per divertirmi, ehh, il boogaloo passerà io continuo con il mio montuno per divertimi, affina Paco, (entra il piano di Paquito Pastor) Boogaloo, Boogaloo, fatti in là e non guardare in qua, boogaloo, boogaloo…”
E continuammo ispirati con il pezzo, facemmo i cori e un delizioso flauto di cinque chiavi suonato da Bobby Nelson; Paquito era fortissimo con i “guajeos” al piano, che era la base del boogaloo, la nostra prima tromba era Al Bryant e in quel brano brillò perché era esperto di boogaloo, lui è “sureño”. “per me il piano di Pete Rodriguez nel brano It Like It è preso dai “guajeos” di Moliendo Café.
Io incisi un LP intero di Boogaloo, Shing – A – Ling e un altro ritmo negro che non ha sperimentato nessuno, il “Wobble”. Lo si può trovare nel Vol.5 dell’Orquesta Cachana, sotto il marchio di Cesta Records.
“Pacheco non registrò mai boogaloo e shing-a-ling, era molto occupado a registrare le cose di Cuba, non era interessato alle nuove correnti musicali”
.

Il Gran Combo di Puerto Rico era restio all’idea di entrare a far parte del movimento del boogaloo, però visto che s trovava in un mercato dominato da tale ritmo si decisero a registrarlo.
Nell’anno 1967 escono con l’incisione “Boogaloo con el Gran Combo” con cui ricevettero il loro secondo Disco d’Oro (i brani erano: ¿Tu Querías Boogaloo? Toma Boogaloo, Baila Mi Shingaling, Navidades A Go Go, Se Quedo El Boogaloo, Boogaloo Con Bajo, Sway To And Fro, Shing A Ling For My baby, tra gli altri).


Bisogna sottolineare che in quel periodo già avevano registrato 12 album ma è nel momento di massimo successo del boogaloo, nel 1968, che il Gran Combo subì un duro colpo e per un periodo di cinque o sei anni fecero solo uno show del mezzogiorno nella tv di Puerto Rico e un programma radio quotidiano.
Il direttore del Gran Combo, il maestro Rafael Ithier commenta: “Alla lunga ciò ci ha danneggiati. Abbiamo smesso di vendere dischi e ci hanno allontanati. La crisi fu tra il 68 e il 71 però i ragazzi furono fedeli al gruppo e fecero molti sacrifici. Andy Montañez era ancora nostro cantante e gli fecero offerte che non volle accettare. In cambio ipotecò la sua casa per avere denaro per poterci fare un disco, perché ci cacciarono persino dalla compagnia dei dischi. Fu un gesto di grandezza che non dimenticherò mai.
Con il disco Don Goyo poi ripagammo completamente Andy. Più avanti sarebbe venuto il disco dal quale uscì la hit “Un Verano en Nueva York” che, assieme a “Las Hojas Blancas”, diede al Gran Combo una ventata di aria nuova.
“Fu una crisi violenta – aggiunse Ithier – Da allora abbiamo continuato più o meno bene. Chiaro, arrivò un momento in cui La Fania si accaparrò tutto. Non ci fu tanto crisi quanto un calo nella domanda perché c’erano troppe orchestre”.
Martínez. L. (2005)


Fine seconda parte

Mentre Mongo dichiara: “Il boogaloo non mi ha tolto nessun lavoro”. “Gli anni sessanta furono i miei anni migliori. Io ho suonato e registrato son montuno, pachanga, boogaloo, guajira boogaloo, jazz afro cubano, blues, soul, bossa nova e rock. Ho lavorato in molti locali e collegi, per di più in vari paesi. Avevo lavoro con sei mesi di paga anticipata”.

Nel 1969, Mongo Santamaria e la Columbia Records sciolgono il contratto. Mongo non segue i consigli di quelli che gli raccomandano di desistere dal registrare Latin Soul o Latin Boogaloo; Mongo continua a registrare per l’etichetta Atlantic Records musica Latin Soul e Rock, fino alla metà del 1972, momento in qui firma un contratto con l’etichetta Fania Records.

Jerry Masucci si gioca l’idea di non porre limiti affinché Mongo registri quel che desideri: El Pussy Cat, La Bamba, Bravo, Hey! Let’s Party, Mongo Mania (incluso nell’album “Cloud Nine” del 1969, e che fu un successo dei Los Temptations). Eddie Palmieri, nell’intervista che gli fece Laffitte (2002), ci svela alcune direttive di grande importanza: “Si, io mi ricordo bene quanto fu pregiudiziale quel momento, dal momento che non ero motivato da niente che si avvicinasse a… quel boogaloo”. “Alcuni gruppi giovanili lo stavano facendo e cantavano in inglese. Questa situazione mi spinse quindi ad effettuare alcuni cambiamenti”.
“Loro – le bande giovanili di boogaloo – andavano alla grande (erano richiestissime) e noi cominciammo invece a perdere lavoro”. “Mio fratello maggiore Charlie non trovò lavoro in nessun locale per un anno a causa dell’impatto causato dal nuovo suono del boogaloo”. “Fu come una pazzia e noi non ci adattammo… io personalmente non mi impegnai a suonare boogaloo. Non mi lasciai catturare, giammai, davvero… non avevo il feeling per farlo. Comunque ricordo che registrai alcune piccole cose che si possono chiamare Boogaloo o Shing-A-Ling, però furono più “tipiche” di qualsiasi altra cosa. Non ero messo male, in giro c’era poco lavoro, ma la crisi in tutti i modi ci riguardò; vede, il lavoro non si otteneva con facilità e una volta che lo avevi, non potevi fartelo scappare”. Ironicamente, alla fine della vita del Boogaloo, Eddie Palmieri incise un favoloso album intitolato “Champagne” e lo stesso accadde a suo fratello che registrò un LP intitolato “Charlie Palmieri – Latin Boogaloo”. La perdita di lavoro colpì anche le band di Tito Puente, Machito, Tito Rodriguez, Joe Quijano, Pacheco, Vicentico Valdés, Orquesta Broadway, Orlando Marín, Pupy Lagarretta, ecc.


La maggior parte dei maestri delle “big band” e di tutti i grandi degli anni 50 parlano di questo periodo con rancore. Per loro semplicemente era tramontata la buona musica cubana e al suo posto si suonava ora un disordine che utilizzava il son come uno straccio da cucina. In effetti questi anni risultarono eccessivamente duri e tortuosi.
Continua ad essere pietoso, ad esempio, ascoltare le ultime incisioni di Arsenio Rodriguez, uno dei grandi geni, che finì per registrare un boogaloo mediocre che non gli corrispondeva in nessun modo, così riassunse nel suo libro Cesar Rondón (1979).

… E La Lupe?

Tito Puente inizialmente attaccò i gruppi di boogaloo e si rifiutò di registrare, per breve tempo, il ritmo di moda ma alla fine si riconciliò con la nuova situazione della Grande Mela. La Lupe arrivò a New York nel 1962 e cominciò a cantare nel cabaret cubano La Barraca nel Midtown di Manhattan.
Mesi più tardi il maestro Mongo Santamaria, leggendo la rivista cubana “Bohemia”, venne a sapere che la cantante nelle sue performances canore era come posseduta dal demonio.
Dopo l’esilio, realizzò che avrebbe potuto incontrarla a New York. Incuriosito dal personaggio, la raggiunse per conoscerla alla Barraca.
Il 17 di dicembre del 1962 La Lupe registra con Mongo, per l’etichetta Riverside Records, “Mongo Introduce a La Lupe”.
Nel momento in cui il gruppo di Mongo Santamaria si esibisce con La Lupe al Teatro Apollo, al Club Triton, al Palladium Ballroom e in altri locali, lei viene immediatamente riconosciuta come la nuova stella latina. Nel 1964 La Lupe debutta con l’orchestra di Tito Puente nel Loews Boulevard Theatre del Bronx’s.
La Lupe fece di questo periodo il suo regno assoluto, nonostante la sua instabilità caratteriale. Quando Tito Puente uscì sul palco accompagnando con la sua Grande Orchestra la voce della Lupe, l’ambiente ne uscì rivoluzionato, giacchè l’elemento del canto, fino ad allora marginale, pungente, eterodosso, quasi impreparato, divenne l’armonia e al tempo stesso la rottura nei suoi spettacoli (“cantante gridona, disordinata e con mancanza di rispetto” così la definirono alcuni giornalisti del giro newyorkese)… In questo modo La Lupe, con la grande orchestra di Tito Puente, si avvicinò al Barrio. La Lupe arrivò per Puente al momento giusto. Con la Tico registrarono l’album di boogaloo “Puente Swings, The Exciting Lupe Sings” (1965). Dopo una registrazione con il marchio Tico, Puente ruppe con La Lupe, sfinito dal temperamento difficile della cantante.

A un certo punto entra in scena Ricardo Ray. con “Lookie Lookie Now, How I do the Boogaloo, Lookie Lookie Now!”
Se riguardiamo la scena della musica Latin Boogaloo o Latin Soul della metà degli anni 60, non possiamo non ricordare l’ammirato pianista Richie Ray. Nel 1966 esce sul mercato una sua produzione che si sarebbe autoproclamata come l’iniziatrice di un movimento di avanguardia che avrebbe invaso New York e che si sarebbe sviluppata, nella stessa New York, nel movimento chiamato SALSA.
Il disco “Se Soltó/On The Loose” portò al giovane e virtuoso pianista la fama di innovatore nella musica latina: con i brani come “Danzón Boogaloo” e “Lookie Lookie”, Ricardo Ray avrebbe imposto un accento latino al boogaloo, precedentemente associato al soul e al “rhythm and blues” afroamericano.

La proposta di Ricardo sarebbe coincisa con il suo arrivo alla “establo” della Alegre Records, e il suo colpo di genio fu molto ben fiutato dal produttore della casa discografica, Pancho Cristal. Infatti, nel momento in cui scade il contratto di Ricardo Ray con la Fonseca Records, il cofondatore della Fania Records, Jerry Masucci, si dimostra molto interessato a ottenerli per estendere il proprio catalogo di artisti che in quel momento includeva Bobby Valentín, Johnny Pacheco e Larry Harlow.

Dalle parole dello stesso Masucci “… negoziai con loro e ci mettemmo d’accordo per firmare un contratto di registrazione. Mai dimenticherò che avevo il contratto nella mia borsa, pronto per farlo firmare quando ci saremmo incontrati più tardi nel ristorante “La Barraca”. Per una qualche ragione il contratto non si firmò e ci accordammo di riunirci nel mio studio il giorno seguente. Il giorno seguente ricevetti una chiamata di Richie che mi diceva che il suo agente, Jose Curbelo, li aveva convinti a firmare con Tico Records. Questo mi insegnò un’altra lezione… il loro contratto con la Tico non durò molto e, scaduto quello, li feci firmare durante una delle loro prove. Mai dimenticherò che, scendendo le scale con il contratto firmato in mano, il proprietario di Fonseca stava salendo con un altro contratto. Avevo imparato bene la mia lezione.”

In quello stesso anno, Ricardo lanciò il boogaloo in uno degli incontri storici più importanti della musica latina nella città di New York, successivamente registrato su tre dischi. Le “Descargas Live at the Villane Gate” avrebbero avuto come parte del repertorio una canzone chiamata “Descarga Boogaloo”, musicalmente diversa dal resto del repertorio che si eseguì quella notte. Le esibizioni canore di Cheo Feliciano e di Monguito el Unico, evidenziarono la nuova onda che stava investendo l’evoluzione musicale nella città di New York. L’era gloriosa del Palladium e delle Big Bands era ormai passata e il terreno era pronto per l’incursione di nuovi e piccoli gruppi (paragonati con i Big, queste orchestre erano composte al massimo da 8-9 musicisti) che avrebbero approfittato della congiuntura storica per togliere la fama alle orchestre che già da tempo dominavano le radio e le piste da ballo. Più tardi queste “vittime” avrebbero poi recuperato il terreno perduto, non per la forza della loro proposta musicale, ma per fattori completamente estranei all’arte e anche molto radicati nell’arroganza personale.

“Boogaloo Boogaloo, Yeah Yeah, Boogaloo!”

Il vortice che causò l’esplosione del boogaloo a New York nel 1966, portò l’anno seguente il lancio di un disco per la Alegre Records sulla cui retrocopertina si definiva Ricardo Ray come un precursore, affermazione che tuttora origina discussioni simili a quella per cui la salsa sarebbe semplicemente “musica cubana suonata fuori da Cuba”. Qualunque sia la verità cronologica di questa affermazione, ciò che è certo è che con l’album “Jala Jala y Boogaloo” e con brani come “Colombia’s Boogaloo” e “Mr. Trumpet Man” (LP vol II), Ricardo Ray e la sua orchestra si consacreranno tra i massimi esponenti del Latin Boogaloo a New York, oltre ad essere innovatori, talentuosi e sperimentatori. A parte ciò, lo sconfinamento di questa orchestra verso altri ritmi sarebbe stato un riflesso ogni volta diverso e dinamico di ciò in cui si stavano convertendo i repertori delle orchestre newyorchesi.
“Jala Jala” era stata una creazione del Gran Combo con Roberto Roena, inventore del medesimo e interprete del ritmo principale della campana, forse con l’intenzione di non rimanere indietro in un momento in cui i giovani fremevano per nuove creazioni e proposte musicali. Questo fenomeno di reciproca influenza tra le orchestre segnò uno dei periodi più originali nello sviluppo della musica latina, momento che avrebbe poi lasciato spazio alla tappa successiva, nota come Salsa.
Come prova precisa a sostegno dell’argomento, fatta eccezione pe rari casi, è sufficiente ascoltare le sonorità della maggior parte delle orchestre, prima e dopo il boom del Latin Boogaloo, per notare l’effetto a lungo termine che ebbe questo movimento nell’identità dei singoli gruppi.

Ma… qual è la novità? Palmieri che suona il boogaloo?

Nel 1968 era già chiaro che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo:
La prima tendenza fu l’avversione alla quale era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori; esempio classico di ciò, l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” dall’album “The Hustler”. Dopo una intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente: Nell’anno 1968 era già noto che si erano sviluppate due chiare tendenze come reazione all’avvento del Latin Boogaloo. Innanzitutto l’antagonismo cui era soggetto il boogaloo da parte di varie orchestre che non lo accoglievano nei propri repertori. Esempio classico di ciò era l’atteggiamento di Willie Colón ed Héctor Lavoe nel brano “Eso Se Baila Así” nell’album The Hustler. Dopo un’ intro in cui sembra che abbraccino il Boogaloo, il famoso duo procede a rifiutarlo energicamente:

Coro: “Il Boogaloo non fa per me”

Lavoe: “Non fa per me il Boogaloo, ballalo tu!”

Coro: “Il Boogaloo non fa per me”

Lavoe: “Come? Tu lo vuoi ballare? Ma vattene, va’!”

Le orchestre che avevano adottato incondizionatamente il boogaloo sarebbero entrate in una querelle musicale con coloro che lo criticavano. E’ per questo che esistono brani come “Que Se Rían” dell’album “Jala Jala Y Boogaloo Vol.2” nel quale Ricardo Ray e Bobby Cruz affrontano la critica dei “tradizionalisti”:

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Bobby Cruz: “Ridevano del Boogaloo, e ora guarda un po’!”

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Ritchie e Bobby: “Il Boogaloo, è una cosa che non durerà, eh!”

Coro: “E lasciate che rida la gente, di Ritchie Ray”

Bobby: “Continua tu con il tuo montuno, che io ti lascio là!”

(Queste parole erano dirette a Joe Quijano e al suo brano “Lo Del Boogaloo” che abbiamo commentato prima)

Coro: “Il boogaloo, passerà

Io continuo con il mio montuno

Eh! Per divertirci!”

La seconda tendenza, sempre in reazione al boogaloo, era quella che alla fine accettava che il medesimo fosse diventato talmente di moda che avrebbe dovuto essere utilizzato nelle proprie composizioni. E’ così che vediamo come Eddie Palmieri, uno dei principali critici del Latin Boogaloo, alla fine lo adotti proprio in quello che sarà il disco di maggior successo del 1968: “Champagne”.
Eddie Palmieri, detto l’enfant terrible della musica latina, ci avrebbe proposto in questo disco non solo Cheo Feliciano (poco dopo il termine del suo sodalizio con Joe Cuba) e il maestro Cachao al basso, ma anche tre dei boogaloo piu sabrosi che sarebbero mai stati “cucinati” nella Grande Mela.
Con “Ay Que Rico”, “Cinturita” e “Palo De Mango” il maestro Palmieri ci dimostra che anche nelle situazioni un pò “scomode” il suo genio non aveva limiti nell’adottare le “mode” nel proprio repertorio. Di fatto questo disco fu nominato per tre premi nell’allora appena istituito “Latin Music Entertainment Award”, della rivista Latin New York Magazine, evento che si svolse alla Albert Hall dell’Hotel Americana a New York. Le orchestre che animarono lo spettacolo furono quelle di Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e la Orquesta Broadway, show che finì con l’essere una grande frustrazione per chi stava entrando nell’onda del boogaloo.

Con cinque dei sette brani di Champagne frequentemente trasmessi alla radio newyorchese, la premiazione di Palmieri come miglior orchestra, miglior LP e miglior musicista sembrava quasi sicura. Eddie perse in tutte e tre le categorie, due di esse (miglior LP e migliore orchestra) a favore di Jala Jala y Boogaloo di Ricardo Ray (Salazar 2002).
La frustrazione fu tale che Palmieri non suonò più in pubblico il brano Lindo Yambú, per il quale venne sostituito al piano da Ira Herscher. Il grido palmieriano di insoddisfazione e di frustrazione in qualche modo si sentì nella successiva opera Justicia


Per quanto concerne Ricardo Ray, il successo del suo disco Jala Jala y Boogaloo Vol. 2 (dovuto in gran parte al successo di “Mr. Trumpet Man”) lo avrebbe portato ad adottare uno stile, per certi versi “rischioso”, ma che nel contempo gli permise di entrare in nuovi mercati, affermando anche il successo del boogaloo stesso.

La registrazione dell’album “Let’s Get Down To The Real Nitty Gritty” avrebbe trovato ancora più spazio nel mercato anglosassone con brani di taglio tradizionale nella direzione del soul, nella linea di Mongo Santamaria.
Questo LP della metà degli anni 60, contiene una canzone che influenzò molta gente di Los Angeles ed è “El Alma Original de México”, caratterizzato da versi tormentati e da cori accattivanti, e contiene tra le altre: “Ya Ya”, “I Want You To Be My Girl”, “Mony Mony”, “Shout” e “Soul Man”.

Il disco, in quanto tale, ebbe relativa diffusione e fama nell’ambiente musicale di NY, però riscosse soprattutto un gran successo dall’altra parte del mondo, specialmente il brano “Nitty Gritty” in paesi come Germania e Spagna.

Tra gli LP rimasti in ombra e strani abbiamo ad esempio quello registrato da Jack “Mr Bongo” Costanzo, nato a Chicago ma di discendenza siciliana.
A 14 anni imparò a ballare la musica latina. Dopo la seconda guerra mondiale il suo contingente fu scaricato ad Alameda, in California settentrionale, e da lì si innamorò di Los Angeles.

Il suo primo impiego professionale risale al Gennaio 1946 con l’orchestra di Bobby Ramos, poi lavorò con quella di Ernesto Lecuona, Xavier Cugat, Pérez Prado con Modesto Duran, e Desi Arnaz; ebbe come pianista il messicano-americano Eddie Cano, e suonò brani arrangiati anche da Tito Rodríguez.

Verso gli anni ’60 Jack si dirige verso le sonorità pop formando un gruppo con il cantante Gerry Woo.

Jack lavorò anche come attore partecipando ad una serie di film, tra i quali “Visitor To Small Planet” e “The Delicate Delinquent”, con il comico Jerry Lewis. Jack è anche considerato uno degli artefici del mambo e del cha cha cha americani.

Nell’ LP “Latin Percussion Con Soul” è solista e realizza il suo esordio nel genere Latin Soul, sulla scia di Willie Bobo. L’opera comprende due grandi composizioni di Héctor Rivera: “Recuerdo” e “Vengo Acabando”.

Bene, e che succede in America del Sud?



Il Sexteto Juventud del Venezuela produce i suoi primi due LP il 13 Giugno 1967 e il 24 Settembre dello stesso anno, entrambi ricchi di boogaloo. Cortesia del portale francese www.buscasalsa.com
Fine terza parte

Le radio del Sudamerica sono invase dal boogaloo, i piu importanti programmi di musica caraibica si lasciano letteralmente conquistare da questa nuova sonorità. In Venezuela, Colombia, Panama, Curaçao e Perù si iniziano ad ascoltare per radio Pete Rodríguez, Pete Rodríguez, Joe Cuba, Joe Bataan, Johnny Colón, Ralph Robles, Willie Rodríguez, Roy Román, Lebrón Brother, Frankie Nieves, Willie Bobo, Gilberto Cruz y su Sexteto, Héctor Rivera, Los Latin Souls, King Nando, Mario Allison, Joey Pastrana, Pijuan y su Sexteto etc.
Tuttavia è il Venezuela il paese che risponde con maggior forza, dando i natali a orchestre e sestetti come Federico y su Combo Latino, i Los Dementes di Ray Pérez con la voce di Perucho Torcat (nel 1967 incisero 6 LP, il primo dei quali è intitolato “Manifestacion en Salsa”), il Sexteto Juventud che poi si divise per dar luogo a Tabaco y sus Sextetos.

Carlos Quintana Tabaco con Arrollando

Federico emozionò l’ambiente con i suoi migliori successi di boogaloo e di salsa: “Federico Boogaloo”, “El Cobrador” e “Todo el Mundo”, del Sexteto Juventud (gruppo fondato il 13 Maggio del 1962, con il nome di Conjunto Rítmico Juventud e che solo successivamente diventerà il Sexteto Juventud. Questa formazione per buona parte del tempo fu formata da Olinto Medina come direttore e bassista, da Juan Medina alla chitarra, da Arturo López alla voce, da Elio Pacheco alla tumbadora, da Carlos Croquer alla batteria, da Isaias al bongó). I loro primi due primi LP “Guasancó” (1967) e “Más Guasancó” (1967) diedero molto spazio al Boogaloo, fra le canzoni più conosciute ricordiamo: Boogaloo, Descarga en Guasancó, Comand Boogaloo, Descarga a lo juventud; dell’LP del 68 “Guajira Sentimental”, “De Nuevo a Borinquen” e “Jala Jala Navideño” del 1970.

Dalla Repubblica Dominicana il maestro Primitivo Santos e dal Peru il maestro Pepe Hérnandez

Dalla Repubblica Dominicana ricordiamo il maestro Primitivo Santos e dal Perù il maestro Pepe Hérnandez; in Perù troviamo anche un bel boogaloo del già mitico Alfredito Linares intitolato “Yo traigo boogaloo”; nel contempo spopola la straordinaria canzone ibrida “Mambo rock”.
A fine anni 60, con influenze newyorchesi, si formò a Lima il Combo de Pepe Hérnandez, bassista e leader del suo gruppo. Questo gruppo era costituito da un sassofono tenore, dal flauto, dalla tromba, da una sezione ritmica latina e da un piano “furioso”. Essi incisero “Descarga En Menor”, “Yo Traigo El Boogaloo”, “Bailando Boogaloo”, “Burla”, “Cuídate” e “Crueldad”.
Successivamente si formò il gruppo di Pepe Moreno y su All Star Band.
Questa banda ebbe un gran successo con il bellissimo brano “Boogaloo Bola” (miscela di Twist, Cha Cha, Mambo, Boogaloo e qualcos’altro che dice in coro “Go Go En La Salsa”) e con “El Boogaloo de Cantinflitas” (stupendo brano, dedicato al noto cabarettista messicano, proposto fino allo sfinimento dalle varie radio colombiane come stacchetto per presentare i loro programmi comici).

In Colombia le città di Cali e Barranquilla si dichiarano capitali del boogaloo e in entrambe nascono i primi semi di quello che sarà l’ambiente salsero colombiano. A Barranquilla si crea La Protesta, ispirata all’orchestra di Tony Pabón.
Vi cantava un tale soprannominato Miche Boogaloo. Si formarono anche dei piccoli gruppi come quello dei Platinos con il cantante Jackie Carazo (animarono anche il Carnevale della Reina Perla Pompeyo).

Cali vide nascere molti gruppi di boogaloo: proprio dal Barrio Obrero veniva una grande ballerina di Pachanga e Boogaloo, la famosa – nonché celebrata in varie canzoni – “Amparo Arrebato“.

Nel Febbraio del 1968, l’orchestra di Ricardo Ray visita con il suo rinnovato stile musicale entrambe le città. Ed è a Cali, dove i ballerini impongono la velocità dei 45 giri agli album da 33, per adattarli al modo di ballare caleño.
Nel frattempo a Panama si affaccia sulla scena l’Orchestra di Bush Y Sus Magnificos di Francisco Bush Buckley che, assieme al giovane cantante Rubén Blades, interpreta i successi di Joe Cuba e di altri gruppi come il Conjunto Latino di Papi Arosemena, i Los Salvajes del Ritmo, i Los Silverstone, i Los Soul Fantastics, i Los Mozambiques, i Los Beachers, gli El Combo Impacto, tra i tanti.

Nella Repubblica Dominicana si afferma con molto swing il Maestro Primitivo Santos y su Combo, con un LP intitolato “Yo Vuelvo Pa’ Gozar”, una stupenda incisione degli anni 60. Le sue canzoni sono crude, decisamente in armonia con il nome del suo gruppo, i Primitivos. Di questo album riscosse molto successo, nelle programmazioni radiofoniche, il brano “Cuando Te Miro”, un boogaloo che è una versione latina di “Downtown Mad Mad Mad”, così come la descarga “El Robo Del Siglo”.

Sempre Dominicani furono Johnny Ventura e Bobby Quesada: Johnny Ventura incise l’LP “Boogaloo Esta En Algo”, all’interno del quale si distingue l’eccellente brano “Triángulo” firmato Bobby Capó, oltre a “Boogaloo Pa Gozar”, “Congo Blues”, “Ella Baila Boogaloo”. Il Maestro Bobby Quesada incise l’LP “Boogaloo en el Barrio” nel quale spiccano, tra le altre, “Bataola Boogaloo”, “Mi Barrio” e “Ritmo Moderno”.

Il gruppo brasiliano Boogaloo Combo col suo LP “Com Muito Ritmo” e il Maestro Dominicano Bobby Quesada col suo LP Boogaloo En el Barrio”.

Il Maestro Dominicano Bobby Quesada si afferma con l’LP “Boogaloo en el Barrio” mentre il gruppo brasiliano Boogaloo Combo, nel 1972, propone, per l’etichetta Epic, il sorprendente l’LP “Com Muito Ritmo”, album ad oggi considerato “strano e oscuro” (underground).
Il Boogaloo Combo si formò nel 1968 negli studi della CBS (l’attuale Sony Music) di Rio De Janeiro, ad opera del compositore argentino Roberto Livi e del Maestro Uruguagio Miguel Cedras, in seguito a una loro visita alla sede della Columbia Records a New York. Rimasero sorpresi e colpiti da ciò che videro nei barrios latini, dopo aver assistito ad alcuni concerti di Willie Bobo, Joe Bataan e Mongo Santamaria

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MONGO SANTAMARIA: Leah

JOE BATAAN: I wish you love

Il primo disco uscì nel 1968 per l’etichetta Epic, con il titolo “Boogaloo Combo”, cantato dallo stesso Roberto Livi, ma non ebbe il successo sperato, cosa che invece si realizzò nel 1972 quando incisero il sopracitato “Com Muito Ritmo”, caratterizzato da versioni strumentali di noti brani brasiliani dell’epoca e ispirato allo stile di Willie Bobo.

In effetti lo stile di questo gruppo era chiaramente influenzato dai gruppi della West Coast, tra i quali El Chicano, The War e i Malo (che tra l’altro incisero vari boogaloo a metà degli anni 60). Il disco ebbe una buona risposta da parte del pubblico, ma Roberto Livi fece ritorno in Argentina e Miguel Cedras andò negli Stati Uniti a fare il manager della divisione latina della Columbia.

Questi lavori son stati rieditati per l’etichetta Rhino Handmade.
In questo album erano inclusi i brani strumentali: “Pana”, “Café”, Suavecito”, “Oye Mama”, “I’m For Real”, “”Latin Boogaloo”, “Moving Away”, “Offerings”, “Latin Woman”, “Chévere”, “Close To Me”, e “Love Will Survive”. I Boogaloo Combo proposero, inoltre, i seguenti brani strumentali: “Way Back Home”, “Suavecito”, “Un Rayo De Sol”, “Put It Where You Want It”, and “Ebony Eyes”.

Un altro cantante brasiliano che si avventurò nell’onda del boogaloo fu Eduardo Araújo con il disco “A Onda Agora É Boogaloo”, del 1968. Recentemente stampato su CD, non si può definire un lavoro strattamente “latino”; la sonorità tende più al soul nordamericano ed infatti Eduardo era un musicista piu identificato con il Rock’n’Roll brasiliano dell’epoca.

La radice del boogaloo aveva dato i suoi frutti nel continente dove si parla spagnolo, pertanto è qui che assume un colore “creolo”.
Il Latin Boogaloo mantenne la sua egemonia negli anni della controcultura, periodo in cui accaddero importanti avvenimenti sociali come la Rivoluzione Cubana, l’embargo Usa imposto a Cuba, anni che videro affermarsi il sesso, l’uso delle droghe, il rock and roll, i figli dei fiori, il festival di Woodstock, gli hippies, le droghe psichedeliche, gli attivisti Abbie Hoffmann e Jerry Rubin (entrambi divennero famosi quando marciarono contro la guerra del Vietnam in occasione della convention del Partito Democratico a Chicago del 1968), il professor LSD Timothy Leary, le Pantere Nere, gli Young Lord Party, Angela Davis.

Furono anni di proteste e di tumulti: i Neri acclamavano il “Black Power”, durante le sommosse dei grandi ghetti di Los Angeles, della Georgia, di New York, di Chicago; le associazioni studentesche dell’Università di Kent in Pennsylvania e di Berkeley in California protestavano contro la leva obbligatoria.
Altri fatti che segnarono quel periodo furono gli assassinii di Bob Kennedy e di Martin Luther King, la liberazione sessuale, la morte di Che Guevara. Personaggi di rilievo furono Joan Baez, Bob Dylan, Jimmy Hendrix; i poeti Beatnicks diedero un aiuto alla gioventù ribelle grazie al loro humor e alla loro intelligenza… e ad un tratto arrivò la crisi del boogaloo… .“boogaloo, boogaloo. . .non guardare al tempo passato.”

Il Maestro Bobby Valentín con due LP “pieni di boogaloo” e il Maestro Willie Rodríguez”

A proposito della fine del Boogaloo, riprendiamo i concetti espressi da Fernando Rivera detto “King Nando” (famoso nel Barrio per i suoi Shing A Ling e che catturò l’attenzione nella primavera del 1967 con la sua composizione “Fortuna”) durante l’intervista rilasciata al signor Max Salazar (ndr: storico della musica latina) e riportiamo qui i passaggi piu significativi che ci aiuteranno a comprendere le ragioni della fine dell’epoca del boogaloo.

“Il Boogaloo non morì, fu ucciso dall’invidia dei vecchi direttori delle grandi orchestre, da alcuni organizzatori di serate e da un popolare dj radiofonico di musica latina” (probabilmente Polito Vega o Symphony Sid). “Noi eravamo una delle bande piu forti dell’era boogaloo e attiravamo molta gente ma non avevamo un ritorno economico proporzionato.
I direttori delle orchestre boogaloo furono costretti ad accettare contratti a pacchetto comprendenti l’esibizione in vari locali all’interno della stessa serata, cosa che causò subbuglio nella comunità dei musicisti; un’ora qui, un’altra là, e il tutto per pochi soldi. Quando gli impresari capirono che stavamo per organizzarci per rifiutare uniti questo tipo di contratti, i nostri dischi furono censurati dalle radio. Fu a questo punto che il Boogaloo cessò, e con esso la carriera di molti direttori di orchestre boogaloo”. “L’era del Boogaloo arrivò alla fine quando noi, i gruppi giovani, cercammo di ribellarci contro la forma di distribuzione dei contratti”
commentarono i Lebrón Brothers.

Il giornalista Carp David nel 1997, durante un’ intervista per la rivista online Descarga, chiese al maestro Johnny Pacheco “se la novità del Boogaloo e del Latin Soul lo avessero in qualche modo influenzato in termini musicali e in quel che egli faceva con la Fania”, e Pacheco rispose: “Per me fu un gran momento. Quando il boogaloo saturò il mercato, la gente poco a poco iniziò a stancarsi di ascoltare le solite band che suonavano lo stesso ritmo boogaloo. Il piano guidava più o meno la solita melodia. Per questo allora, la gente mi cercava, per il fatto che io continuavo a suonare i ritmi tipici per ballare. Eddie Palmieri si rifiutò di passare al boogaloo, e pure io. Può anche essere che abbiamo suonato qualcosa di Boogaloo. Così noi “cucinammo” e partecipammo a molti “spezzatini” più che altri, proprio perché noi rompemmo la monotonia del Boogaloo”.

L’eccitante mondo che generò il Boogaloo presto cominciò a svanire. Difatti, al consolidarsi a New York della “nuova cosa grande” della musica latina conosciuta con il nome di “Salsa”, il Boogaloo cominciò a eclissarsi, ed una grande quantità di giovani talentuosi furono bloccati dalla strategia commerciale della nuova organizzazione. Si aprirono le porte solo ad una minoranza: Cheo Feliciano, Eddie Palmieri, Bobby Quesada, Ray Barretto, Joe Bataan, Ralfi Pagán, Bobby Sanabria, Richie Ray tra gli altri…
Nel lavoro di Flores (1999) si nota che anche Willie Torres, cantante di Joe Cuba, si lamentava sull’annichilimento del boogaloo latino, annotando: “La maggiore responsabilità dell’eclissi del boogaloo, nel nome della salsa, fu della Fania Records che definì il suono degli anni sessanta”.

JOE CUBA

JOE CUBA: Mujer Divina

I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter portano nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.

I primi due LP della Fania All Stars nel Red Garter includono nella propria cellula primaria il ritmo del Boogaloo.
Ma il Boogaloo, lo Shing-A-Ling e l’Jala Jala non fecero parte del “pacchetto”, non si accettò la fusione dell’American Rhythm and Blues (R&B), che era davvero la musica originata per le strade e per i ghetti newyorchesi. Furono pochi i musicisti che crearono il boogaloo che vennero scelti dalla Fania All-Stars nella storica notte del Cheetah quando si girò il film “Our Latin Thing – Nuestra Cosa Latina”.

Quel che davvero bisogna ricordare e che non dobbiamo perdere di vista è che la stessa Fania All-Stars, nelle sue prime registrazioni, mise nella sua parte organica una cellula del Boogaloo, combinata a sua volta con il Son Cubano. Questo dato si evince analizzando i primi due LP della Fania: “Live at the Red Garter”, Vol.1 e “Live at the Red Garter”, Vol.2.
Nel primo si registrò il brano di Joe Bataan “Country Girl – City Man” che è appunto un boogaloo; addirittura nel secondo volume il lavoro fu maggiormente dedicato al boogaloo, i brani “Son Cuero Y Boogaloo”, “Red Garter Strut”, “Kikapoo Joy Juice” e “Richie’s Bag” sono tutti boogaloo.

Ad eccezione del maestro Johnny Pacheco (che non registrò boogaloo con le sue orchestre), tutti gli altri musicisti che parteciparono a questi due LP fanno parte del movimento del boogaloo, sia che si tratti dei capostipiti del genere sia che si tratti di quelli che parteciparono al suo ultimo periodo e citiamo tra tutti: Ray Barretto, Joe Bataan, Willie Colón, Héctor Lavoe, Larry Harlow, Monguito “el único”, Bobby Quesada, Louie Ramírez, Ralph Robles, Monguito Santamaria (il figlio di Mongo), Bobby Valentín (che incise diversi boogaloo), Tito Puente, Eddie Palmieri, Ricardo Ray e Jimmy Sabater.
Willie Colón e il suo cantante Héctor Lavoe (musicisti del barrio) registrarono diversi pezzi di boogaloo nell’LP “El Malo”. Lo scrittore Max Salazar sostiene che “entrambi i musicisti (Willie Colón e Héctor Lavoe) rappresentano il ponte tra il boogaloo e l’avvento della salsa”. E in effetti, è da quel momento che la Salsa suona brillante, di strada, cruda, “sporca” e vitale.

Monguito Santamaría (figlio di Mongo) y el Conjunto Malo.

Si dice che il Latin Boogaloo sia rinato in Spagna, in Inghilterra, in Germania, in Giappone e in Russia; lo hanno classificato “Latin Acid” o “Acid Jazz” e in molti altri modi. Vengono rimasterizzati in cd la musica di Héctor Rivera, di Mongo Santamaría, il vecchio materiale di Pucho Brown e di altri musicisti afroamericani, il ritmo Pata Pata (che influenzò il boogaloo) di Miriam Makeba, i New Swing Sextet, Joey Pastrana, Bobby Valentín, Ray Barretto, Joe Quijano, ecc.



New Swing Sextet

Sorprende anche che il gruppo colombiano La Sonora Carruseles abbia prodotto un CD – DVD con musica boogaloo per entrare nei mercati di Giappone ed Europa.
Il boogaloo ha insomma rappresentato un modo per penetrare il pop internazionale, la necessità di attraversare la linea divisoria tra due lingue, realizzando il “crossover” e introducendo i brani in entrambi i mercati. “Era la necessità di far funzionare le nostre creazioni in entrambe le lingue, di conquistare le liste del Billborad”, ci spiegò il maestro Joe Quijano.
Izzi Sanabria ha affermato che il Boogaloo fu “quel grande mezzo che noi giovani latini abbiamo avuto, per esplorare e attraversare le frontiere in termini musicali”.

I grandi: Gilberto Cruz y su Sexteto, El Terrible Frankie Nieves, Benito y su Sexteto, Azuquita y Kako y el Gran Willie Bobo. . . vaya que sabor mi pana. . .Boogaloo, Boogaloo pa’ goza!

Herencia Latina raccomanda i seguenti Boogalo

I 10 boogaloo di John Child (Cortesia di John Child scrittore di Descarga, speciale per Herencia Latina):

1. Yo Traigo Boogaloo. Alfredito Linares (Perú)
2. Federico Boogaloo. Federico y su Combo (Venezuela)
3. I Like It Like That. Pete Rodríguez
4. Ay que Rico. Eddie Palmieri
5. Boogaloo Blue. Johnny Colón
6. Lokie Lokie Ricardo Ray & Bobby Cruz
7. Subway Joe. Joe Bataan
8. Boogaloo Bola Pepe Moreno y su All Star Band (Perú)
9. Micaela. Pete Rodríguez
10. Tremendo Boogaloo. Mario Allison

I 20 Boogaloo di Herencia Latina:

1. At the Party. Héctor Rivera
2. In the Middle of the Nigth. el Terrible Frankie Nieves
3. Good Feeling. Joe Battan
4. Bang Bang (Push, Push). El Sexteto de Joe Cuba
5. La Banda. Latin Soul
6. Joey’s Thing. Joey Pastrana
7. Shing A Ling Boogaloo. Pijuan y su Sexteto
8. Shing A Ling Baby. Willie Bobo
9. Good Loving. Gilberto Cruz y su Sexteto
10. Playing a Cool. Héctor Rivera
11. Adelante. King Nando
12. Mr Trumpet Man. Richie Ray and Bobby Cruz
13. Boogaloo Cantinflitas.Pepe Moreno y su All Star Band(Perú)
14. Joe Quijano. Lo de Boogaloo
15. Coquero. The New Swing Sextet
16. El Cobrador Federico y su Combo
17. Pelao Ralfi Pagán.
18. Shotgun/Bling Man. Willie Bobo
19. ¿Tú querias Boogaloo? Toma Boogaloo. El Gran Combo de PR
20. Que se Ria la Gente. Richie Ray

Un pezzo importante da ascoltare:

21. Quasi – Boogaloo. Roy Eldring, Oscar Peterson y Dizzy Gillespie

Joe Bataan “Mr. Subway Joe”, El Combo Nacional, Ray Barretto (nell’onda del Latin Soul), Los Hermanos Lebrón, Ralfy Pagán (uno di coloro che hanno dato il via alla balada Latin Soul).

Ringraziamenti allo scrittore venezuelano Gerson Maldonado e all’amministratrice del portale www.buscasalsa.com, Chabelita.
Anche a Bernardo Viera, collaboratore di Herencia Latina in Brasile.

Note:

La canzone Pata Pata fu incisa da Miriam Makeba ma fu composta da Dorothy Mauska. Dorothy Mauska, cantante e compositrice sensazionale, è nata in Rodhesia (l’attuale Zimbawe), ma cominciò la sua carriera musicale in Sudafrica. Dorothy non ha mai goduto di molta fama internazionale, ma molte delle canzoni interpretate da Miriam Makeba sono composizioni sue. La canzone Pata Pata venne registrata da Makeba in Sudafrica a metà degli anni Cinquanta (nel 1956 circa) e poi tornò a registrarla negli Stati Uniti nel 1967, anno in cui si trasformò in un travolgente successo mondiale. Perfino il Gran Combo, con la voce di Andy Montañez, incise una versione di Pata Pata.

Il titolo si riferisce a un ballo molto popolare in Sudafrica. Il testo è semplice e il suo obiettivo è proprio quello di invitare la gente a ballare il Pata Pata, un ballo molto sensuale dove le coppie si toccano il corpo mentre ballano.
Miriam Makeba ha detto che si soprese per il successo mondiale di quella canzone perché, a suo avviso, aveva registrato altri brani dal contenuto molto più profondo. Fu proprio la canzone più leggera ad aprirle le porte della fama internazionale. Ne sono state registrate decine di versioni. La stessa Miriam Makeba ha inciso moltissime varianti una tra le quali con Ricky Martin. Recentemente la stessa compositrice Dorothy Masuka ha registrato una versione di Pata Pata.

Referenze:

Bobbs. Vernon. (1992). Salsiology: Afro-Cuban Music and the Evolution of Salsa in New York City (Contributions to the Study of Music and Dance) 30 de marzo de 1992. pg. 264-283. Greenwood Press. ISBN: 0313284687

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Carp David. (1997). Interview: A Visit with Maestro Johnny Pacheco.

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Flores Juan. (1999). “Cha Cha with a Backbeat”: Songs and Stories of Latin Boogaloo. Recuperado de:

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Laffitte Louis (2002). The Sun of Latin Music. Part 1. Latin Beat Magazine, June/July, 2002

Mangual Rudy. (2003). Ray Barreto: Living the Beat of the Drum. Latin Beat Magazine. May. 2003.

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Descarga

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Ringraziamo Herencia Latina per averci autorizzati a pubblicare questo articolo in italiano.