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La Pachanga fa impazzire New York

tratto da El Diario La Prensa di New York 1961 e dal portale Herencia Latina
a cura di ©JOSE TORRES CINTRON.

Traduzione a cura di Daikil

“¡Señores qué pachanga!..¡Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores qué Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”
Eduardo Davidson.

Questo interessante articolo sull’origine della pachanga fu pubblicato dalla rivista Nuestra Historia de “El Diario La Prensa” di New York. Si tratta di alcune dichiarazioni fatte da Arsenio Rodríguez e pubblicate il 30 aprile 1961. (Herencia Latina)

C’è un nuovo ritmo a New York che sta facendo impazzire gli amanti del ballo. La pachanga, il movimentato ritmo i cui fedeli interpreti sono oggi due giovani direttori di orchestra – Charlie Palmieri e Johnny Pacheco – , rispettivamente portoricano e dominicano.

La pachanga ha trasformato questa città ed ha fatto impazzire migliaia di persone che si sono sentite attratte da un ritmo così coinvolgente. Quello che è cominciato come un ballo “da pazzi” in meno di due anni si è propagato in tutti i locali notturni della città fino a contagiare gli amanti della musica brava.

Già non si sentono più frasi come “Andiamo a rumbear” oppure “si va a mambear”. Ora tutti vanno a pachanguear, i giovani, gli adulti e i bambini. Si balla la pachanga nelle feste famigliari del Barrio e di Long Island, del Bronx e di Manhattan, come anche in tutti i club notturni della città, dal più umile al più elegante.

Origine

C’è una discordanza di idee sull’origine di questo movimento. Senza dubbio i più autorevoli direttori d’orchestra della città, tra cui il popolare Machito Juanucho López, Belisario López e Fran Ugarte, concordano che la pachanga è una combinazione di ritmi provenienti dal merengue, dal son montuno, dal mambo e dagli altri ritmi tropicali più movimentati.

Di una cosa sono tutti sicuri, che lo stile col quale i giovani newyorkini ballano la pachanga è originale del Bronx. Il brinquito (passo, ndr) tipico della pachanga non è stato importato da nessun paese. Ha avuto origine qui.

Secondo le ricerche che abbiamo fatto, tutto pare indicare che il ritmo che sta causando furore in città, nacque qui dalle orchestre di Fajardo e di Aragon, le quali giunsero in questa città nel 1959. Queste orchestre introdussero il ritmo ma non prese subito piede.

I Re della Pachanga.

Nel teatro Puerto Rico del Bronx, venerdì 12 maggio del 1961 si celebrerà “La Prensa’s Pachanga Nite” per presentare le coppie che si contenderanno lo scettro de “I Re della Pachanga”. I partecipanti a questa serata avranno la possibilità di vedere le coppie in azione e di sentire questo ritmo interpretato dai massimi esponenti.

“¡Señores qué pachanga!..¡Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores qué Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”

Così ripete il coro di una delle pachangas più popolari del momento, e così ripete il coro nella Gran Pachanga (festa tipica, ndr) che ha causato la serie di articoli che “La Stampa” ha cominciato a pubblicare da domenica (2 aprile del 1961), firmati da José Torres Citrón.
Gli articoli si sviluppano attorno ad una serie di ricerche realizzate da Torres Citrón e ciò che ne viene fuori riguardo a questo ritmo ed a questo ballo così popolare in questi giorni sono stati dettagli trascurati da chi, pur animato dalle migliori intenzioni, ha creduto di conoscere la realtà sulla pachanga. Ma si dà il caso che qui venga intervistato il grande musicista cubano formidabile autore di musica popolare, quella dei ritmi calienti, sonero veterano, uno degli uomini cui è stato attribuito il titolo di “Re del Ritmo”, l’unico Arsenio Rodriguez il quale spiega dettagliatamente come la pachanga sia nativa ed abbia la sua culla nei campi dell’indomito Oriente (Santiago di Cuba).

“La storia torna a ripetersi. Mi hanno tolto il mambo e adesso vogliono levarmi il montuno”, afferma Arsenio. “ Però, prima di entrare nelle spiegazioni della verità sulla pachanga, lasciatemi chiarire che non ho nulla contro Charlie Palmieri, né contro Pacheco (che sono segnalati come i più importanti con le loro rispettive orchestre per i ritmi pachangueros). Entrambi hanno la mia stima. Con questo resta inteso che il mio unico obbiettivo è quello di segnalare dettagli importanti sul ritmo chiamato pachanga.”

“La pachanga – dichiara Arsenio – nasce a Cuba. Ha la sua culla a Santiago di Cuba. Un saggio una volta disse: ‘A questo mondo nulla scompare, tutto ritorna al suo posto’. Questo ritmo che oggi si riconosce come pachanga è nato in Oriente, in una località chiamata El Pilón. All’inizio si chiamava chivo (“capra”).
Si suonava con un tres, le cui corde erano di interiora di juntia, che si mettevano ad essiccare e poi venivano utilizzate per il tres. Una latta di carburante fungeva da bongó o tumbadora; un tino con un cavo ad uno dei lati faceva le veci del contrabbasso (si colpiva) e due pezzi di legno che furono chiamati claves erano gli strumenti originali per eseguire quella che oggi chiamiamo pachanga”.

“I primi chivos che furono suonati – continua Arsenio – , dicevano: ‘Yo no como corazón de chivo camará, porque el chivo me indigesta el buche’… oppure: ‘La pisé, la pisé, la pisé, mamamá’, ‘Compay contunto que te coge el día’. Questi versetti erano cantati dalla prima voce, quasi sempre quello che suonava il tres, mentre i ballerini facevano il coro”.

Arsenio Rodriguez però dice che il merengue non smette mai di avere una piccola influenza nella pachanga originale, e spiega: “Nelle colonie per la raccolta della canna di Cuba – in particolare là nella provincia orientale – si riunivano molti Haitiani, Giamaicani, Portoricani, uomini di lavoro che venivano a Cuba per il taglio della canna durante il raccolto. Per nessuno è un segreto che il merengue nasce da un ritmo haitiano giunto a Santo Domingo”.

“Il chivo originale prese a volte il nome di “Capetillo”, altre di son montuno ed oggi si chiama pachanga. La pachanga – assicura Arsenio – è una composizione musicale ballabile, composta di son montuno e zapateo cubano (danza folklorica basata sul battito dei piedi, ndr). Dal momento che la maggior parte dei giovani a New York è portoricana, così posso dire che il chivo se fosse suonato là a Puerto Rico, sarebbe il seis chorreao (ballo di coppia tipico dei campesinos portoricani, molto veloce, ndr)”.

“La miglior dimostrazione che la pachanga sarebbe il seis chorreao di Puerto Rico l’abbiamo nelle interpretazioni di ballo. E’ un ritmo che va nel sangue ed i Portoricani lo interpretano per intuizione, eseguendo una combinazione di zapateo cubano e son montuno”.

“Non è meno certo – prosegue Rodriguez – che la prima pachanga composta è legata al merengue, come ho già detto in precedenza. Il testo di questa pachanga dice: ‘Señores qué Pachanga, me voy pa’ la Pachanga’ secondo un modello molto simile al merengue. ‘A la Rigola yo no vuelvo más’ ha un ritmo simile. Questa somiglianza fra la pachanga ed il merengue è stata la causa dell’accoramento di Pacheco, divenuto un magnifico interprete di questo ritmo cubano proveniente dal chivo e dal son montuno che oggi è diventato così famoso a New York”.

“Subito ci si è allontanati da questa prima pachanga e si è arrivati alla sua origine, il chivo ed il son montuno”. Questi pezzi lo confermano: ‘Dile a Malcolina que te toque el guiro’ è una copia di ‘Dile a Catalina que te compre un guayo’, solo con un paio di note cambiate. Óyeme Mulata è lo stesso son montuno di Cangrejo Fue A Estudiar.
ASCOLTA

Tra i sones montunos di Arsenio abbiamo: ‘El reloj de la pastora’, ‘Se acabó los guapos en Yateras’, ‘Dame un chachito para guele’, ‘Tocoloro pájaro que nunca vuela’ e ‘Yo no engaño a las nenas’. “In questi sones montunos, oltre agli strumenti già citati dei conjuntos, vengono affiancati il flauto ed un violino e nasce la pachanga.”

Fu Arsenio Rodriguez a portare il son montuno a New York. Arsenio arriva nel 1927 dalla Playa de Marianao, a La Habana, per imporre questo ritmo. “Ciò che un tempo si chiamava capetillo, venne rinominato mambo, più tardi cha-cha ed ora, stanchi di tanti accordi dissonanti con la possibilità di sentire altri ritmi, hanno trasformato quello che si chiamava chivo con meno armonizzazioni rispetto al son montuno: la qual cosa è stata la mia grande caratteristica come interprete”.
“Quando lo chiamai mambo lo ha adottato Pérez Prado e quando sono tornato a chiamarlo son montuno, hanno aggiunto flauto e violino. E’ stato ripreso da Fayardo e Argon ed ultimamente da Palmieri e Pacheco, e tutto questo nel Bronx. ¡Qué cosas tiene la Pachanga!”

“E per concludere dirò – dopo aver chiesto perdono per l’immodestia – che io, Arsenio Rodriguez, sono stato il padre della creatura ora chiamata pachanga.”
Quando il reporter si congeda da Arsenio, dopo aver sentito la sua relazione sul chivo, il capetillo ed il son montuno convertito in mambo e più tardi in cha-cha, ai nostri orecchi rimangono come un’eco la musica e le parole di: “¡Señores qué Pachanga!…Me voy pa’ la Pachanga!…¡Señores que Pachanga!…¡Me voy pa’ la Pachanga!”.

Cortesia di www.herencialatina.com