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Ereditá transculturale nella musica dei caraibi

di María Teresa Linares

Traduzione di Max Chevere e Silly

Dopo cinque secoli di presenza ispanica in America, il risultato di un largo e costante processo di transculturazione ci offre oggi un panorama musicale caraibico molto ampio che ci unisce coinvolgendoci, un processo che a volte ci permette di riconoscere addirittura la nostra immagine identitaria. In questa immagine sono presenti gli elementi culturali delle radici aborigene, quelli delle culture di dominazione e gli apporti della radice africana arrivati sull’isola (ndr Cuba) tramite la tratta degli schiavi.

Affinchè si potesse scatenare questo processo, era necessario uno scontro tra culture che avrebbe permesso agli elementi più significativi di essere assimilati, facendoli sommare ad altri elementi che avrebbero mantenuto il loro vigore, la propria funzione specifica dentro il gruppo, i propri connotati originari. Questo comporta l’eliminazione naturale dell’obsoleto, delle cose superate, e pertanto sostituibili. Il nuovo prodotto culturale, arricchito con le nuove funzioni, sarà accettato dai gruppi più progressisti, mentre altri gruppi (che possiamo definire conservatori) rimarranno legati alle proprie tradizioni.

Nella storia dell’umanità abbiamo visto la sostituzione del coltello di pietra con quello di ferro che offriva maggiore precisione nella sua funzione primaria, quella di tagliare, cosa senza dubbio molto utile durante i riti tribali.
Nella musica assisitiamo costantemente a come si evolvono o cambiano gli strumenti, gli stili, i modi di fare ma anche a come rimangono sempre alcune basi, precedenti, come elementi di tradizione, anche se passati di moda, in ambienti dove la tradizione si è radicata.

Questo processo è anche ricco di valori, è stabile e duraturo. Quando non viene conservato alcun elemento antecedente si perdono le proprie radici, il filo conduttore; l’elemento identificativo stabile è quello che da vita e ragion d’essere.
Gli elementi mutevoli, innovatori, possono arrivare a stabilizzarsi, o meglio, a scomparire perchè privi dei valori che gli avrebbero assicurato la propria permanenza. Un altro fattore importante sarà la rivalorizzazione degli elementi tradizionali che, una volta tornati in auge, si arricchiranno di alcuni contenuti assimilati durante il loro percorso.

Ci sono molti fattori che determineranno la transculturazione. Un punto chiave è costituito dalle relazioni di produzione e dalla distribuzione della ricchezza e del lavoro, che propizieranno la migrazione, fino alle differenziazioni di strati e ambienti sociali all’interno dei quali gli uomini si differenziano per cultura e beni economici.

Argeliers León menziona tre fattori fondamentali:

Il primo è il “fattore antecedente” nel quale si posizionano gli elementi costitutivi derivati dalle radici ispaniche e africane per Cuba.
Nei caraibi abbiamo un influenza Aborigena, a volte molto presente.
A seguire, “il fattore urbano“, elaborato in quello che diventa anche un ambiente infraurbano.
E successivamente associa l’insieme di questi fattori (che vanno quindi a costituire un nuovo elemento) ad una “marmitta o a un alambicco distillatore” all’interno del quale si miscelano i vari ingredienti dai quali si distillerà un nuovo prodotto.

In poco tempo, ci dice, siamo passati attraverso culture ormai scomparse, assimilate, sovrapposte, attraverso la perdita di alcuni elementi e la riapparizione di altri, attraverso l’inglobamento di elementi estranei e al rinnovamento di alcuni contenuti in diversi momenti e in diverse proporzioni“, cosa che si ripercuote in tutti gli ambienti della popolazione.(León, Argeliers, El paso de elementos por nuestro folklore, Cuadernos de Folklore, La Habana, 1952).

Questo processo di transculturazione di elementi in tutti gli ambienti della popolazione è permanente e, in maniera generale, ebbe inizio molto prima della presenza ispanica nelle culture precolombiane.

Oggi possiamo comparare i distinti generi musicali caraibici a quegli stessi fattori storici che gli diedero origine ma anche a quegli strati della popolazione che hanno determinato i fattori antecedenti e il fattore urbano elaborato.

L’importanza delle interelazioni o degli scontri fra gli elementi degli stili precedenti o elaborati, si riflette in una semplice analisi auditiva corrispondente all’ambiente infraurbano di varie popolazioni di questo grande “brodo primordiale“, nel quale sono presenti gli elementi antecedenti come gli strumenti a corda, l’idioma e la sua struttura poetica e le percussioni o le strutture metroritmiche dell’antecedente africano.
Gli elementi che determinano i lineamenti identitari sono indubbiamente presenti, quali l’ espressione nei modi di suonare, di impostare la voce, di alternare o variare le strutture.

Storicamente molti di questi elementi arrivarono grazie alle migrazioni tra le isole caraibiche e le coste continentali di questa grande area.
Gli uomini originariamente si spostavano attraverso piccole imbarcazioni, seguendo possibilmente la rotta degli Arawacos, mentre successivamente iniziarono a utilizzare golette di maggior cabotaggio che permettevano l’andata e il ritorno, una possibilità di ritorno per lo più inutilizzata: infatti trasferirono la loro cultura che si sarebbe mischiata a quella dei popoli vicini che avevano origini simili.
Questo scambio culturale fatto di apporti o di sottrazioni di elementi stilistici si verificò anche tra popolazioni di lingue diverse, (inglesi, francesi, olandesi) ma in percentuale minore e in periodi temporali più dilatati, fondando colonie e popolazioni endogame nell’ambito di quei popoli che ricevettero la loro influenza.

Le condizioni di dipendenza economica nelle quali si trovavano questi immigrati determinavano il ceto sociale degli stessi. Io dico che si muovevano richiamati da Cuba, che, essendo la maggior isola delle Antille e con il maggior sviluppo agricolo, attraeva un gran numero di immigrati in cerca di migliori condizioni economiche.
Nel corso del XIX secolo confluirono molti aborigeni e molti indios dello Yucatan, come lavoratori salariati in condizioni di lavoro simili alla schiavitù.
Arrivarono illegalmente anche molti abitanti delle Isole Cayiman e della Giamaica che si stabilirono a sud dell’isola di Pinos, laddove fondarono le loro popolazioni, iniziando un commercio con le imbarcazioni di altre nazioni, anche clandestino.

Precedentemente, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, erano confluiti altri emigranti da Haiti, per motivi politici e economici, dal momento che la loro patria stava perdendo quote di mercato nella raccolta del caffè e della canna da zucchero a causa della rivoluzione.
Inoltre la cessione della Louisiana causò una consistente immigrazione di francesi verso la provincia di Pinar del Río e di Villaclara, dove fondarono la città di Cienfuegos. Gli elementi primari portati dagli schiavi provenienti da Haiti e quelli europei portati dai loro padroni e dai francesi della Louisiana, apportarono nuove sonorità nella musica del XIX secolo che si sono tramandate fino ai giorni nostri, dopo più di un secolo di transculturazioni.
La musica cortigiana europea (maggiori info: www.musicarinascimentale.it) era giunta a Cuba anche grazie ai colonizzatori spagnoli, con un maggior incremento tra il XVIII e il XIX secolo.

Dopo il grande sviluppo della raccolta della canna da zucchero, prodotta nei primi anni del 1900 nelle zone orientali dell’isola, la grande espansione agraria attrasse molti immigrati da Haiti, Santo Domingo, Portorico, Barbados, Jamaica, Isole Caiman, i quali furono a loro volta costretti a miseri contratti salariali con i quali non riuscivano nemmeno a pagare il rientro in patria, senza contare che molti di loro arrivavano senza documenti.
Per questo motivo si stabilirono nelle province dove c’erano i principali centri di raccolta della canna da zucchero.

Per molti anni, le loro pratiche religiose, le loro feste, furono prettamente endogame; non si mischiavano con il resto della popolazione cubana e i loro discendenti parlavano il proprio dialetto, insomma anche se si relazionavano con il resto della gente e imparavano lo spagnolo, mantenevano una tradizione molto ancorata alle proprie radici. Anche oggi, fra le persone più anziane, possiamo trovarne alcune che non ritornarono più in patria e che non parlano spagnolo.

Nell’isola di Pinos vivono alcuni figli e nipoti dei primi immigrati giamaicani e delle isole Cayman che ricordano le danze antiche, ormai quasi scomparse anche nei luoghi d’origine come il “Mentó” ed il round dance.
La prima è un’ antica danza cortigiana che si ballava in Giamaica mentre il secondo è un ballo di coppia collegato secondo molti all’origine del “Sucu-sucu“.

La lingua non fu un ostacolo per il riconoscimento di questi generi da parte del popolo.
C’è una canzone dal ritornello infantile che riproduce i temi di un antico foxtrot: “When she comes around the mountain“.
Altri gruppi di lingua inglese provenienti dalle Barbados si stabilirono nella zona centrale del Baraguá, a Camagüey; i loro figli creoli fino a pochi anni fa cantavano antiche canzoni in inglese a più voci e ballavano danze coreografiche e calipsos e, successivamente iniziarono a trasmettere queste esperienze culturali ai gruppi del Movimiento de Aficionados.

Dobbiamo considerare che questa integrazione culturale si verificò dopo che gli immigrati clandestini che collaboravano ai lavori nei campi di canna da zucchero, ricevettero la cittadinanza cubana e i diritti sociali all’inizio della Rivoluzione (ndr Castrista).

Circa quarant’anni fa a Guantánamo viveva un gruppo con radici portoricane, che suonavano Plenas (Ndr: genere autoctono portoricano), che parteciparono ai lavori del centro di lavorazione della canna da zucchero nella zona est di Cuba.
Questi apporti ci fanno decisamente ipotizzare una presenza di elementi caraibici che contribuirono al son cubano o viceversa, dato che si può stabilire un parallelo tra la plena, il changüí, il sucu-sucu, il round dance e i sones primitivi che si cantavano nella Sierra Maestra e nella cuenca del Cauto.

Per quanto riguarda il fattore urbano elaborato e il fattore infraurbano, le relazioni di comunicazione che favoriscono l’azione transculturale sono più vicine. La musica di questi gruppi, di origine europea, utilizza strumenti popolari e strumenti d’orchestra che saranno assimilati da altri gruppi. La gente di origine africana recepì rapidamente il Tiple (ndr: strumento a corda), sostituì le marimbas e gli archi monocordi, utilizzò i tambores (tamburi) dei bianchi; il creolo mulatto inventò la clave ed il bongò.


TAMBOR ARARÁ

TAMBOR ARARÁ POLICROMATO


TAMBOR DE CANASTILLERO
PARA OLOKUN


TAMBOR BATÁS IYÁ

I padroni insegnarono ai propri schiavi a utilizzare gli strumenti per quei pochi momenti di svago. Tutto questo, su per giù, si verificò anche negli altri paesi dell’area caraibica. I gruppi spagnoli, formati anche da indios e da meticci messicani accompagnavano feste e processioni. Simili ad essi erano in America centrale, in Colombia, in Venezuela e nelle Antille i gruppi e le piccole orchestre di teatro che qui animavano i balli popolari, le zarzuelas e le processioni. La marimba africana, il balafon, scomparve nelle Antille e continuò ad essere suonata nel sud del Messico, in Guatemala, in El Salvador, in Costa Rica, in Nicaragua, con caratteristiche che hanno fatto pensare che fosse aborigena.

Sicuramente fu lo strumento più radicato e originalmente diffuso di questi paesi, la cui sonorità e la cui pratica sono state abbracciate da vari esecutori, con musica popolare e da concerto.
Caso simile è quello delle Steel Bands, proprie delle popolazione anglofone dei caraibi, un caso molto particolare che non riuscirà a estendersi al di fuori del proprio ambito territoriale e ad arrivare verso zone più estese, transculturandosi con altri strumenti.
La musica con potenza di canto come: Canciones, Boleros, Bambucos, Habaneras e le Guabinas, oltre ad altri generi di canzoni, hanno trapassato le frontiere culturali e hanno costituito un patrimonio comune di varie nazioni. La loro provenienza è scomparsa in alcune occasioni o è stata assunta da altre persone. Da principio avvennero le migrazioni economiche o politiche. Molti artisti che venivano a Cuba frequentemente e a volte vi ci si stabilivano, o gli stessi cubani che emigravano in cerca di lavoro o come rifugiati politici, le cantarono in altri paesi dove furono accolti.

I messicani che arrivarono a Cuba nel XIX secolo o quelli che arrivarono successivamente alla rivoluzione messicana, portarono canzoni che si cantano oggi, conosciute come cubane. Anche le famiglie cubane che emigrarono a Mérida e Veracruz, o in Venezuela, portarono canzoni e danze che si eseguivano a Cuba. Così come in libri di canzoni e ricompilazioni messicane ci sono canzoni cubane.

I casi più rilevanti sono la canzone “Guarda esta flor” di Malesio Morales (messicano) e la canzone colombiana “El Soldado” di Suárez Garabito, conosciuta a Cuba e in America latina come “Lucero de mis noches”, che si canta a tempo di habanera sia a Cuba che in Spagna, dove entrambe le canzoni sono state riregistrate da vari autori. Alcune famiglie cubane, che emigrarono in Venezuela durante la guerra di Indipendenza, al loro rientro in patria cantavano ai loro bambini una canzone di origine venezuelana che diede origine all’inno nazionale della nazione stessa.

La nascita del disco e quindi della registrazione costituisce un fatto culturale di grande importanza per la transculturazione degli elementi musicali.
La diffusione dei cilindri per fonografo e dell’ortofonica, dapprima un lusso per pochi e in seguito un intrattenimento di uso popolare, permise una consistente divulgazione della musica di tutti i popoli verso tutti i paesi del mondo. Una cosa molto importante per tutti i cubani è che la prima agenzia distributrice di dischi per l’america latina sia nata a La Habana.
Le prime registrazioni di dischi di ortofonica si realizzarono con artisti cubani e furono canciones, danzones, puntos cubani.
“Cuba, come paese produttore di musica, di musicisti e di interpreti” racconta Díaz Ayala, “ebbe accesso vasto e immediato all’industria riproduttrice dell’audio, in maniera del tutto simile ad altri paesi latinoamericani”.

“A quell’epoca”, aggiunge, “le registrazioni si facevano negli Stati Uniti e per questo motivo gli artisti di tutta l’America latina si muovevano principalmente verso la città di New York.
Il flusso di musica cubana che arrivava per essere registrata e che dopo veniva diffusa in tutta l’america latina, specialmente nella zona caraibica, era davvero notevole”. Per questa ragione di mercato, la musica elaborata, quella dei nuclei urbani e rurali, fu conosciuta in tutti i caraibi e nei paesi latino americani. Lo scambio di artisti, alcuni dei quali “arruolati” per propri meriti, altri emigrati in cerca di lavoro, ci portò artisti latino americani, mentre artisti cubani andarono verso altri paesi.

Xavier Cugat, studente di violino, nato a Barcellona e vissuto a Cuba, partì con altri artisti cubani e si stabilì a New York, fondando un’orchestra per eseguire “rumbas e congas” da sala.
Nilo Menéndez, pianista, aveva in quella città un’orchestra di danzones; successivamente si dedicò a produrre dischi con canzoni cubane e messicane. Antonio Machín, Mario Bauzá, Frank Grillo e più tardi Pérez Prado, Los Matamoros, Miguelito Valdés, registrarono ed apportarono, da quel punto di espansione della musica latinoamericana e caraibica, tutta una serie di cambi e innovazioni che ci furono nella musica urbana elaborata durante vari decenni, fino agli anni quaranta, quando cominciano le registrazioni a Cuba.

All’isola arrivarano artisti di altri paesi caraibici che influenzarono i modi di espressione. Pedro Vargas e María Luisa Landín cantarono boleros che alterarono la metrica regolare e stabile utilizzata fino a quel momento. Il “tempo rubato” diventò grazie a loro una moda e rimase tale fino a Benny (ndr.Moré), che, per la sua esuberanza musicale (ndr.Benny si distinse proprio per le accelerazioni, dilatazioni e contrazioni del tempo musicale), venne soprannominato “Barbaro del ritmo“.

Sulla stessa lunghezza d’onda di Benny Moré fu il portoricano Daniel Santos, il cui modo di esprimersi influenzò molti cubani, e con loro un consistente movimento di strumentisti, fondamentalmente pianisti, che siglarono una serie di cambiamenti nella musica ballabile oltre che nel “movimento del feeling”, che rappresenterà un cambio totale per il genere canoro.

Ma prima devo fare altre considerazioni. Nello stesso modo in cui alla base del popolo sono più definiti gli elementi dello stile precedente, espressi in un modo singolare che definisce la propria identità, così nella musica urbana questi elementi sono più cosmopoliti in quanto più esposti a tutte le innovazioni e a tutte le influenze straniere. Il disco, la radio e gli altri media di comunicazione sono infatti più acessibili ai nuclei urbani per il loro maggior potere di acquisto. Storicamente nelle città si riscontravano gli aspetti più superficiali della musica per l’influenza da parte dei viaggiatori, degli artisti in tour, dei lavoratori in porti e nelle marinerie, che erano poi quelli che li trasportavano.

Oggi, la possibilità di maggiore comunicazione tra i musicisti produttori e il pubblico ricevente, ha permesso una omogeneizzazione della musica più vicina a questi mezzi di comunicazione.
E la salsa è un prodotto di questa patria caraibica e latino americana ampliata.

La salsa è il prodotto della somma di elementi caraibici che da epoche molto antiche iniziarono a transculturarsi e che provenivano da antecedenti fonti, comuni alla cultura ispanica e a quella africana.
E’ la somma delle innovazioni apportate dai popoli caraibici che si sono stabiliti nel cosmopolita quartiere latino di New York.
Non potremmo considerare questo quartiere come facente parte dell’area caraibica?
Di fatto si realizzò un fattore musicale ibrido di tutti questi paesi che fu accettato di buon grado e che identificò tutti i caraibi in questa nuova espressione.

Nella musica urbana, creata da autori come Nilo Menéndez (cubano), Palmerín e Lara, autori provenienti dallo Yucatan (guarda il link sulla Trova Yucateca), Bobby Capó e Rafael Hernández (portoricani), troviamo similitudini tali da poter essere considerate provenienti da uno stesso paese e dallo stesso autore.

Riscontriamo costantemente, da parte degli autori, l’intenzione intellettiva e cosciente di avvicinarsi a stili che possono diventare una moda, oltre che a modi di fare che si osservano in luoghi comuni.
Allo stesso modo le canzoni, i gruppi strumentali e vocali, le strumentazioni, l’uso degli strumenti elettroacustici, i tumbaos e l’espressione collettiva di un gruppo, possono essere associati, vuoi per l’interesse di relazionarsi, allo stare “al passo con i tempi”, al distaccarsi dal particolare per entrare in un panorama generale più ampio.

E possiamo vedere in un tracciato di oltre cinquant’anni come si sono evoluti i generi strumentali, grazie ai continui apporti, per arrivare fino ai giorni nostri.

Ringraziamo María Teresa Linares per averci concesso l’autorizzazione a pubblicare questo articolo.

Español

HERENCIA TRANSCULTURAL EN LA MUSICA DEL CARIBE

por: María Teresa Linares

Luego de cinco siglos de la presencia hispánica en América, el resultado de un largo y constante proceso de transculturación nos ofrece hoy un panorama musical muy amplio en este Caribe que nos une, proceso que a la vez permite que reconozcamos nuestra imagen identitaria. En esta imagen están presentes los elementos culturales de las raíces aborígenes, los de las culturas de dominación y los aportes de la raíz africana, trasladados a la Isla mediante la trata esclavista.

Para que aquel proceso se hubiera producido, era necesario un choque de culturas en el que los elementos más significativos fueran asumidos, sumados a otros que mantenían su vigencia, su función específica dentro del grupo, sus elementos raigales. Es la eliminación natural de lo obsoleto, de lo pasado, y por lo tanto sustituible. El nuevo producto cultural, enriquecido, con nuevas funciones es aceptado por los grupos más progresistas, mientras que otro grupo — aceptemos el término conservador–, guardará sus tradiciones.

En la historia de la humanidad vimos cómo se sustituía el cuchillo de piedra por el de hierro que ofrecía mayor perfección en sus funciones, los cortes, sin embargo aquél quedaba para los servicios rituales. En la música vemos constantemente como evolucionan o cambian instrumentos, estilos, modos de hacer, pero permanecen algunos básicos, anteriores, como elementos tradicionales, aún pasados de moda, en ambientes donde la tradición se asienta.

Este proceso también es valorativo, perdurable, medular. Cuando no conserva ningún elemento antecedente se desarraiga hasta desconocerse. El hilo conductor, el elemento identificativo estable es el que da vida y razón de ser. Los elementos mutables, innovadores, pueden llegar a ser estables, o bien, desaparecer por carecer de los valores que le hubieran asegurado su permanencia. Otro factor importante será la re-valoración de los elementos tradicionales que al retornar su uso se enriquecen con algunos aportes asimilados en el trayecto que han recorrido.

Hay muchos factores que determinan que se produzca la transculturación. Fundamentalmente las relaciones de producción, desde la distribución de la riqueza y el trabajo, que propician las migraciones, hasta la diferenciación de estratos y ambientes sociales en que se sitúan al hombre pueblo y al hombre culto .

Argeliers León menciona tres factores fundamentales: el factor antecedente en el que sitúa los elementos constitutivos derivados del antecedente hispánico y el antecedente africano para Cuba. En el Caribe tenemos el factor aborígen, en ocasiones muy presente. Luego el factor urbano elaborado en el que se determina también un ambiente infraurbano

Luego compara la mezcla de aquellos elementos como integrados en una “marmita o cucúrbita de alambique” donde se mezclan los ingredientes varios de los cuales se destila un nuevo producto. “En corto tiempo, nos dice, se ha pasado por culturas desaparecidas, culturas asimiladas, superpuestas, pérdida de elementos, reaparición de otros, incorporación de elementos ajenos, renovación de aportes en diferentes momentos y proporciones” lo cual ocurre entre todos los ambientes de la población.(León, Argeliers, El paso de elementos por nuestro folklore, Cuadernos de Folklore, La Habana, l952. Este proceso de transculturación de elementos en todos los ambientes de la población es permanente, y de manera general ocurrió desde mucho antes de la presencia hispánica entre las culturas precolombinas.

Hoy, podemos comparar los distintos géneros musicales del Caribe entre sí y entre los factores históricos que les dieron origen, y en cada uno de los estratos de población que determinan los factores antecedentes y el factor urbano elaborado.

La importancia de la interrelación o choque entre los elementos de estilo antecedentes o elaborados se refleja en el simple análisis de una audición que corresponda al ambiente infraurbano de varios pueblos de este gran charco, en los que estén presentes los elementos antecedentes como la cuerda pulsada, el idioma y su estructura poética, y la percusión o las estructuras metrorrítmicas del antecedente africano. Los elementos que determinan los rasgos de identidad están, indudablemente presentes, por su expresión en sus modos de tañer, de impostar la voz, de alternar o variar sus estructuras.

Históricamente se trasladaron muchos de estos elementos a través de migraciones entre las islas del Caribe y las costas continentales de esta gran área. Los hombres que se trasladaban en pequeñas embarcaciones siguiendo, posiblemente la ruta de los arawacos, pero ahora en goletas de cabotaje que permitían una ida y vuelta, que en ocasiones nunca ocurriría, trasladaron su cultura, que se sumó a la de los pueblos cercanos de similar orígen. Este intercambio, suma o resta de elementos de estilo también ocurrió entre poblaciones de lenguas distintas,(inglés, francés, holandés) pero en menor grado y en períodos de tiempo más amplios al fundarse colonias o poblaciones endógamas en aquellos pueblos que recibieron sus aportes.

Las condiciones de dependencia económica en que llegaban estos inmigrantes determinaban el estrato poblacional al que se sumaban. Y digo llegaban por el fenómeno cubano, que como isla de mayor tamaño en las Antillas, y con mayor desarrollo agrario, atrajo un gran número de inmigrantes en busca de mejores condiciones económicas. Desde el siglo XIX fueron traídos como trabajadores asalariados en condiciones casi esclavistas muchos aborígenes y mestizos yucatecos. También vinieron clandestinamente muchos pobladores de las Islas Caimán y jamaicanos que se establecieron al sur de Isla de Pinos, en la que fundaron sus poblaciones, y desde ellas establecieron un comercio con embarcaciones de otras naciones, también clandestino. Otra índole de inmigrantes había venido de Haití a fines del siglo XVIII y principios del XIX por motivos políticos y económicos, pues aquella nación perdía, con su revolución, el comercio de café y azúcar. Además, el traspaso de la Louisiana fue causante de migraciones de franceses hacia la provincia de Pinar del Río y la de Villaclara, en la que se fundó por ellos la ciudad de Cienfuegos. Los elementos primarios traídos por los esclavos provenientes de Haití y los de la música europea traídos por sus amos y los franceses de la Louisiana aportaron nuevas sonoridades en la música del siglo XIX que ha llegado hasta hoy luego de más de un siglo de transculturaciones. La música cortesana europea también nos había llegado por la vía de los colonizadores españoles, con mayor incremento entre los siglos XVIII y XIX.

Luego del gran desarrollo azucarero producido en los primeros años del presente siglo en las zonas orientales de la Isla, la gran expansión agraria atrajo muchos inmigrantes de Haití, Santo Domingo, Puerto Rico, Barbados, Jamaica, Islas Caimán, los que también vinieron contratados con salarios misérrimos con los que no podían pagarse el regreso o llegaron indocumentados, estableciéndose poblaciones en las provincias donde se fundaron grandes centrales azucareros.

Durante muchos años, la práctica de sus ritos religiosos, de sus fiestas, tuvo un carácter endógamo, no se mezclaban con la población cubana y sus descendientes hablaban su propio idioma y aunque se relacionaban con el resto de la población y aprendían el español se mantenía una tradición muy apegada a sus antecedentes. Aún hoy, entre personas muy ancianas podemos encontrar algunas que nunca regresaron y no hablan español.

En la Isla de Pinos se mantienen algunos hijos y nietos de jamaicanos y caimaneros que recuerdan danzas antiguas, casi desaparecidas en sus lugares de origen como el mentó y el round dance, la primera, una antigua danza cortesana que se bailaba en Jamaica, y la segunda, otra danza de pareja enlazada a la que ellos le atribuyen el origen del sucusucu.

El idioma no ha sido óbice para la identificación de estos géneros con la población. Hay una canción cíclica infantil que reproduce los temas de un antiguo fox trot: When she comes around the mountain.

En otros grupos de habla inglesa, de Barbados, establecidos en el batey del Central Baraguá, en Camagüey, los hijos criollos hace pocos años cantaban antiguas canciones inglesas a varias voces, bailaban danzas coreográficas y calipsos, y luego transmitieron estas experiencias culturales a grupos del Movimiento de Aficionados. Esta integración, consideramos que se produjo luego de una nacionalización y reconocimiento ciudadano a aquellos inmigrantes clandestinos que colaboraron en el desarrollo azucarero al promulgarse la Ley de Seguridad Social al principio de la Revolución, y fue, además a nivel nacional. Ya la población de estos grupos se integra a la cubana y se amplían sus acciones culturales con las nuestras.

Hace también cerca de cuarenta años que existía en Guantánamo un grupo que ejecutaba plenas identificado como de inmigrantes puertorriqueños que participaron en las labores del Central azucarero más al este de nuestro territorio. Estos aportes nos han hecho suponer, y plantear como hipótesis, una presencia de elementos caribeños contribuyentes al son cubano o viceversa, ya que podemos establecer un paralelo entre una plena, un changüí, un sucu-sucu, un round dance con los sones primitivos que se cantaron en la Sierra Maestra y en la cuenca del Cauto

Para el factor urbano elaborado, y aún el factor infraurbano, las relaciones de comunicación que propicien una acción transcultural son más cercanas. La música de estos grupos, de origen europeo, utiliza instrumentos populares y de la orquesta que fueron asimilados por otros grupos. El negro asumió tempranamente el tiple, sustituyó las marimbas y arcos monocordes, utilizó los tambores de los blancos y el criollo mulato inventó las claves y el bongó. Los amos enseñaron a sus esclavos a ejecutar los instrumentos para sus ratos de solaz. Todo esto planteado grosso modo sucedió en otros países del área del Caribe Las bandas españolas integradas por indios y mestizos mexicanos acompañan las fiestas procesionales. En Centro América, Colombia, Venezuela, y en las Antillas son similares las bandas y las pequeñas orquestas de teatro que aquí amenizaron bailes populares, zarzuelas y procesiones. La marimba africana, el balafón, desapareció en las Antillas y permaneció al sur de México, Guatemala, El Salvador, Costa Rica , Nicaragua, con características que han hecho pensar que es aborígen. Es el instrumento más arraigado y original de esos países cuya sonoridad y práctica se ha desarrollado hasta poder ser interpretada por varios ejecutantes, con música popular y de concierto. Caso similar es el de las Steel bands de los pueblos anglófonos del Caribe, pero son aspectos particulares que no alcanzan a extenderse fuera de su ámbito y llegar a zonas más amplias transculturándose con otros instrumentos.

La música con potencia de canto: Canciones, boleros, bambucos, habaneras y guabinas más otros géneros de canción han traspasado fronteras culturales y han constituído un patrimonio común de varias naciones. Su autoría ha desaparecido en ocasiones o la han asumido otras personas. Se trasladaron primero por las migraciones económicas o políticas. Muchos artistas que venían de recorrido y a veces se quedaban, o gentes del pueblo que emigraban en busca de trabajo o como refugiados políticos las cantaron en otros países que los acogieron. Los mexicanos que llegaron a Cuba en el siglo XIX o los que posteriormente a la Revolución Mexicana llegaron a nuestras playas trajeron canciones que se cantan hoy como cubanas. También las familias cubanas que emigraron a Mérida y Veracruz, o a Venezuela, trajeron canciones y danzas que se ejecutaron en Cuba. Asimismo en cancioneros y recopilaciones mexicanas aparecen canciones cubanas.

Los casos más notables son la canción Guarda esta flor, de Melesio Morales, de México, y la canción colombiana El Soldado, de Suárez Garabito, que se ha conocido en Cuba e Hispanoamérica como Lucero de mis noches y se canta en tiempo de habanera, tanto en nuestro país como en España, en donde ambas han sido registradas por varios autores. Familias cubanas que emigraron a Venezuela durante la Guerra de Independencia, vinieron cantando a sus niños una canción de cuna venezolana que dio origen al Himno nacional de aquella nación.

Pero un hecho cultural de gran importancia para la transculturación de elementos musicales es la presencia del disco, de la grabación. La divulgación primero como objeto suntuario, luego como objeto de entretenimiento de uso popular, del fonógrafo de cilindros y de la ortofónica, permitió la mayor expansión de la música de todos los pueblos hacia todos los países. Y resulta importante para nosotros que se haya instalado en La Habana la primera agencia distribuidora de discos para toda Latinoamérica . Las primeras grabaciones de discos de ortofónica se realizaron con artistas cubanos, y fueron canciones, danzones, puntos cubanos. “Cuba, como país productor de música, músicos e intérpretes” dice Díaz Ayala–, tuvo acceso inmediato y bastante amplio a la industria reproductora del sonido, en comparación con otros países latinoamericanos”…”Por aquella época, agrega, las grabaciones se hacían en Estados Unidos, para lo cual los artistas de toda América viajaban principalmente a la ciudad de Nueva York. Era muy grande el flujo de música cubana que llegaba para ser grabada y que después circulaba por toda Latinoamérica, especialmente la cuenca caribeña…” Por esta razón mercantil, la música elaborada, la de los núcleos urbanos y rurales, fue conocida en todo el Caribe y más extensamente en toda Iberoamérica.

El intercambio de artistas, unos contratados por sus méritos, otros que emigraban en busca de trabajo, nos trajo artistas latinoamericanos y salieron hacia otros países artistas cubanos.

Xavier Cugat, estudiante de violín nacido en Barcelona y criado en Cuba, partió con otros artistas cubanos y se estableció en Nueva York, fundando una orquesta para ejecutar rumbas y congas “de salón”. Nilo Menéndez, pianista, tenía en aquella ciudad una orquesta de danzones y se dedicó luego a producir discos con cancioneros cubanos y mexicanos. Antonio Machín, Mario Bauzá, Frank Grillo; más tarde Pérez Prado, Los Matamoros, Miguelito Valdés, grabaron desde aquel punto de expansión de música latinoamericana y caribeña, toda una serie de cambios e innovaciones que ocurrieron en la música urbana elaborada durante varias décadas, hasta la del cuarenta que comienzan las grabaciones desde Cuba.

A la Isla llegaron artistas de otros países del Caribe que influyeron en los modos de expresión. Pedro Vargas y María Luisa Landín cantaron boleros que alteraban la métrica regular y estable en que se había cantado. El rubatto se puso de moda a partir de ellos y llegó hasta el Beny, quién en su exageración alcanzó el apelativo de “Bárbaro del ritmo”. Coincidente con el Beny fue el puertorriqueño Daniel Santos, de cuya expresión aprendieron muchos cubanos, y con ellos un fuerte movimiento de instrumentistas, pianistas fundamentalmente, marcaron una serie de cambios en la música bailable y otro, el movimiento del feeling, que daría un vuelco a los estilos cantables.

Pero antes debo hacer otras consideraciones. Del mismo modo que en la base del pueblo están más definidos los elementos de estilo antecedentes, expresados de un modo singular que define su identidad, en la música urbana estos elementos son más cosmopolitas al estar expuestos a todas las innovaciones e influencias foráneas. El disco, la radio y los demás medios de comunicación son más accesibles a los núcleos urbanos por su mayor poder adquisitivo. Históricamente en las ciudades era donde se encontraban los aspectos más superficiales de la música por la afluencia de viajeros, artistas en jiras, trabajadores de los puertos y la marinería, que eran los que la transportaban.

Hoy, la posibilidad de mayor comunicación entre los músicos productores y su público receptor, ha permitido una homogeneización entre la música de las capas más cercanas a estos medios. Y la salsa es un producto de esa patria caribeña y latinoamericana ampliada.

La salsa es el producto de la suma de elementos caribeños que desde muy antiguo se estuvieron transculturando y que provenían de antecedentes comunes de las culturas hispánica y africana. La suma de innovaciones aportadas por caribeños establecidos en el cosmopolita barrio latino de Nueva York ¿No podremos considerar que este barrio es también es una parte del área del Caribe? Realizó un hecho musical híbrido de todos estos países que se aceptó y alto grado, identificando todo el Caribe en esta nueva expresión.

En la música urbana creada por autores como Nilo Menéndez, cubano, Palmerín, y Lara, autores yucatecos; Bobby Capó y Rafael Hernández, puertorriqueños, encontramos tal similitud que podemos considerarlas de un mismo país y autor. Constantemente vemos la intención intelectiva y consciente de los autores de acercarse a estilos que se imponen en la moda, de acercarse a modos de hacer que se escuchan en lugares comunes. De igual manera las canciones, los grupos instrumentales y vocales, las instrumentaciones, el uso de instrumentos electroacústicos, los tumbaos y la expresión colectiva de un grupo, puede ser muy similar entre sí por el interés de relacionarse, de estar “al día”, de salir de lo particular a lo general en un panorama más amplio.

Y podemos ver en un trazado de más de cincuenta años cómo han evolucionado géneros instrumentales recibiendo aportes para llegar al trazando del camino hasta hoy.