Archivi tag: Roberto Roena

Roberto Roena

Roberto Roena registra il nuovo disco a New York

Roberto Roena si trova a New York per registrare il nuovo disco insieme al produttore e Dj Louie Vega.
Come accaduto in tante produzioni del passato dove aveva sperimentato nuove sonorità, il popolare musicista portoricano si cimenterà in nuovi esperimenti musicali mischiando la salsa con la musica elettronica, la house music, il calipso e musiche africane e brasiliane.

Roberto Roena con Max e Tommy de LaSalsaVive durante il concerto del festival Latino Americando
Roberto Roena con Max e Tommy de LaSalsaVive durante il concerto del festival Latino Americando

La voglia di cambiare e di raggiungere le nuove generazioni è stata la spinta principale che ha portato Roberto Roena a progettare questo nuovo disco, anche considerando che i nuovi musicisti dell’Apollo Sound (la storica orchestra che accompagna Roena da tantissimi anni) sono molto giovani.

Ad agosto Roberto Roena si unirà con la Fania All Stars per un concerto al Colosseo José Miguel Agrelot e successivamente partirà per una data a Barcellona in Spagna.

Ndr: la nostra redazione si augura che la nuova produzione possa ripercorrere i grandi successi del passato come “Que se sepa”.

Español

Por Patricia Vargas CASIANO / pvargas@elnuevodia.com

El salsero Roberto Roena se encuentra en Nueva York grabando su nueva producción musical junto al productor y DJ Louie Vega. Se trata de un disco que fusiona la salsa con música electrónica, house, calipso, africana y brasileña, que sale a la venta este año y el músico espera que el mismo dará un aire más actual a su Apollo Sound.

“Son cosas nuevas en salsa. Estoy desesperado por ver lo que sale de este embeleco en que me metí. Deja ver si termino algo para darles una probadita”.

“El señor bongó” señaló que grabar un disco de música electrónica ha sido una decisión que le ha tomado tiempo.

“Pero eso es lo que viene ahora, entonces yo me estoy adelantando a los tiempos. Es algo hecho por Louie para abarcar más público, porque tengo una banda joven ahora y siempre tengo cosas innovadoras”.

El artista adelantó además que la producción tiene temas fuertes de distintos autores.

Duelo en Carolina

“Esto es como un Roberto y su underground con letras fuertes de temas sociales como el maltrato en niños y personas mayores”.

De otro lado, Roena y el Apollo Sound (con casi medio siglo de formación) protagonizarán un duelo de generaciones salseras este viernes en Las noches de música tropical en Carolina, cuando compartan tarima con NG2 (con 10 años de carrera). El evento se celebrará en el distrito cultural histórico de la plaza de recreo de ese municipio, a partir de las 6:00 p.m.

“Estoy bien entusiasmado de compartir con los muchachos de NG2. Voy a presentar la salsa gorda que siempre he tocado y a ver si me da tiempo de estrenar algo nuevo de lo que estoy haciendo para mi próximo disco”.

En agosto, Roberto Roena se unirá a la Fania All Stars en una presentación que harán en el Coliseo José Miguel Agrelot, según adelantó.

“Estoy bien atareado, primero con la Fania en Puerto Rico y luego un viaje a Barcelona, España, para una presentación, tengo muchas cositas que vienen por ahí”.

La actividad en que NG2 estará cantando los temas de su nueva producción, Al borde de la locura, es libre de costo y a los asistentes se les ofrecerá transportación gratuita desde el Coliseo Guillermo Angulo, el Centro de Servicios Municipales de Barrazas y el Centro de Servicios Municipales de Isla Verde hasta la plaza pública.

Roberto Roena

Roberto Roena illeso in un incidente in Colombia

10 settembre 2012

Fortunatamente solo tanta paura per Roberto Roena e la sua orchestra Apollo Sound, durante il viaggio in pullman che li stava portando al Centro de Convenciones Plaza Mayor di Medellín, per suonare al festival Medejazz. Improvvisamente è apparso del fumo che i passeggeri hanno inalato e che ha costretto l’autista a fermare il mezzo, si è trattato di un corto circuito che, per fortuna, non ha creato danni ma solo un grande spavento.

Roberto Roena
Roberto Roena

Articoli correlati:

La biografia di Roberto Roena

Isla del Encanto, il nuovo evento LaSalsaVive al Don Chisciotte sabato 24 marzo 2012!

LaSalsaVive ritorna al Don Chisciotte di Galliera (BO) per un nuovo evento dedicato alla storia della salsa di Portorico: Isla Del Encanto!

Sabato 24 marzo 2012 vi aspettiamo per passare insieme una notte all’insegna di quegli artisti che hanno rappresentato la salsa “boricua”, da Rafael Cortijo e Tite Curet Alonso, passando per Ismael Rivera, Ismael Miranda, Marvin Santiago, fino ad arrivare alle grandi orchestre come La Sonora Ponceña, El Gran Combo, Bobby Valentin, Roberto Roena y su Apollo Sound.
E naturalmente non finirà qui. Ci saranno tanti altri artisti e orchestre minori che hanno comunque contribuito al successo della salsa nel mondo.

DJ RESIDENT: PAOLO EL CHINO
DJ GUEST: EL BARRIO DJ

PROGRAMMA:ORE 22,30: STAGE SULLA STORIA E L’EVOLUZIONE DELLA SALSA A PORTORICO DAGLI ANNI 40 IN AVANTI A CURA DI TOMMY SALSERO

ORE 23,30: PRE SERATA CON DJ.

ORE 24,30: ISLA DE L’ENCANTO TUTTI I RITMI E LE EVOLUZIONI STILISTICHE DELLA SALSA DA PORTORICO A NEW YORK.

HOTEL CONVENZIONATI:

HOTEL GALLIERA
40010 Galliera (BO) – Via Dante Alighieri, 2/C
051 812148
http://www.hotelgalliera.it/

Mappa:
http://www.hotelgalliera.it/carta.html

Camera singola 34 Euro
Camera doppia 50 Euro
Camera tripla 65 Euro

Quando prenotate ricordate di dire convenzione LASALSAVIVE.

Per essere aggiornato sulle ultimissime novità vai all’evento su facebook.

Ed ecco le foto! Clicca qui per vederle

Ismael Rivera
Ismael Rivera

Frankie Martinez insieme a Tommy Salsero durante l'evento LaSalsaVive "El Alma del Tambor"

Intervista a Frankie Martinez

 

Intervista di Tommy Salsero e di alcuni giornalisti realizzata durante il Simposio salsa di Madrid il 23 Marzo 2008


Intervista a Frankie Martinez – Madrid 23/03/08

a cura della redazione de LaSalsaVive

Frankie Martinez insieme a Tommy Salsero durante l'evento LaSalsaVive "El Alma del Tambor"
Frankie Martinez insieme a Tommy Salsero durante l'evento LaSalsaVive "El Alma del Tambor"

Mio padre era molto coinvolto con la musica.
I miei genitori divorziarono quando avevo cinque anni, nel 1980.
Quindi lui era separato e mi veniva a prendere insieme a mia sorella nel weekend e ci faceva ascoltare musica latina, di diversi tipi.
Ci raccontava sempre delle varie orchestre, dei musicisti, dei vari concerti degli anni settanta che aveva visto e fu così che incominciai ad imparare e a collezionare musica. Noi all’epoca ballavamo ma era una cosa fatta in famiglia, niente di formale.
A 19 anni entrai all’accademia militare degli Stati Uniti ed ebbi modo di incontrare di nuovo mio padre che si era trasferito in Florida.
In quel periodo iniziai a frequentare i primi club nonostante non avessi ancora l’età per entrare ma, dimostrando più anni di quelli che avevo, non mi controllavono la carta d’identità e mi facevano passare.
Fu così che vidi i primi ballerini che provenivano dalle scuole di ballo.
Fino a quel momento non credevo che il ballo potesse essere così formale, anche perchè io avevo sempre ballato in famiglia come modo per rilassarmi.
Così a 19 anni iniziai a prendere le prime lezioni di ballo.
Ma la musica l’ho sempre sentita vicino a me.

Perchè hai iniziato a ballare lo stile di New York anzichè quello di Portorico?

E’ parte del mio modo di vedere le cose ed è anche una filosofia di vita che ho iniziato a portare avanti con il karate formale, quello tradizionale giapponese quando avevo 17 anni.
La mia filosofia era vicina al Buddismo.
Mi piaceva l’idea di unire la malizia di New York con il sabor di Portorico, nonostante fossero due generi molto diversi.
Con malizia non intendo qualcosa di negativo ma un modo di porsi tipico dei quartieri (barrios) di New York, mentre il sabor di Portorico era molto gioioso (gozon) e legato alla tradizione.
Mi piacevano entrambe le cose.
La mia personalità era stata plasmata da un’arte molto aggressiva e competitiva (ndr: il karate) e la malizia mi ha sempre attratto; per questo ho cercato di unire le radici che avevo imparato da mio padre quando mi raccontava la storia della musica di Portorico con quello che stavo facendo a New York e che era un po’ diverso.
Grazie a questo iniziai a sviluppare la mia personalità ed il modo di esprimere il mio corpo, anche perchè come sapete non sono nè forte nè alto e mi serviva una maniera per compiere questi movimenti e che mi permettesse di esprimere quel che avevo dentro, quasi come fosse una terapia.

Un po’ come avvenne con la break dance, che era una forma per esprimere la propria rabbia, la furia che i giovani avevano dentro…

Esattamente.

Frankie, chi sono stati i tuoi ballerini di riferimento a New York e a Portorico, anche fra quelli del passato?

All’inizio ammiravo molto Anibal Vasquez che ballava con Roberto Roena.
Credo che fosse suo zio.
Lui ballava anche con Mike Ramos. Differentemente da Roberto Roena, lui aveva un movimento più morbido e più specifico.
Io mi incantavo a guardarlo.
Quando lui morì, facemmo un tributo al Palladium di Los Angeles, con la compagnia di ballo di Eddie Torres di cui facevo parte.
Sua figlia era presente e per me era un grande onore essere lì presente, perchè per me fu lui ad iniziare a ballare con quello stile di Portorico così sciolto e gioioso.
Lui mi piaceva molto.
Altri personaggi che mi hanno ispirato sono Bruce Lee, Nureyev, John Coltrane, Jimi Hendrix.
Tutti personaggi di grande livello che hanno avuto un grande seguito fra le persone che cercavano sempre di imitarli e di raggiungere il loro livello, e che nonostante abbiano avuto una vita breve, hanno lasciato un segno in poco tempo.
Questa cosa mi motiva molto.
Mi affascina la regola della musica, di come un musicista può creare una cosa così intrigante e sofisticata.
Per me i musicisti sono come gli uomini di chiesa.
Hanno il potere di toccare le emozioni delle persone in un modo unico.
Ed io volevo fare lo stesso, riuscire ad emozionare le persone nello stesso modo con quella che era la mia musica, ed il mio strumento era il mio corpo.
Volevo arrivare dove stava arrivando la musica.
É un’energia, un potere che mi impressiona molto e che voglio avere, che sto cercando.

Parlando del tuo spettacolo, come tu hai detto, i tuoi ballerini sono come le tue dita, le tue braccia, e si nota che i loro movimenti sono gli stessi che fai tu.
Come hai raggiunto questo traguardo?

É una cosa che si è verificata con molti dei ballerini con i quali ho iniziato.Viviamo uniti ma è qualcosa che va oltre l’amicizia e la collaborazione, io credo che loro credono nella mia abilità di risolvere ogni loro dubbio e che quando ci confrontiamo sono sicuri che io non sbaglierò e saprò dar loro una risposta.
Sanno che è un lavoro di qualità e che stanno vivendo il loro sogno e che mi stanno aiutando a far emergere il mio sogno, le idee che io ho, che vedo quando ascolto musica.
Loro me lo insegnano dal vivo, io sono il loro primo fan.
Continuo a dir loro di ripetere di nuovo un numero perchè mi piace vederli e perchè mi stanno insegnando quelle che erano idee che fino a quel momento avevo in testa e che sentivo nel mio cuore.

Questa combinazione, ovvero, la fede che hanno verso di me e l’amore che io provo per loro, si trasforma in una sinergia che traspare nella scena.
Proviamo tantissimo ed io gli insegno che c’è sempre qualcosa da imparare.
Quando non sono vicino a quel che vorrei fare e cambio qualcosa loro mi vengono subito dietro.
Sono cose che necessitano di molto lavoro, che richiedono uno sviluppo specifico ma che alla fine possono trasformare i loro sogni (ndr: dei ballerini) in realtà.
E’ una cosa molto forte, c’è amore ma ci sono anche persone che ti aiutano a realizzare i tuoi sogni.

Che ne pensi della vita salsera spagnola rispetto a quella di altri paesi?

La verità è che fino a poco tempo fa io non sapevo che la salsa era così forte al di fuori degli Stati Uniti.
Arrivando qui mi sono reso conto di quante persone si muovano da altri paesi, ad es. dalla Germania.
In primo luogo è davvero impressionante la quantità di gente che è venuta, però con gli anni la qualità, la dedizione, l’amore con il quale abbiamo iniziato ad insegnare hanno avvicinato tante persone a questo ballo e le hanno fatte crescere.
Mi capita spesso di vedere persone che vengono nella mia accademia di New York e che restano a studiare per un mese e poi se ne vanno.
Gli metto a posto la coreografia, tornano a casa e fanno degli spettacoli.
C’è molto amore qui.
Ho detto ai miei ballerini di non preoccuparsi perchè qui siamo come a casa nostra.
Le persone sono venute qui per vederci e non per criticarci.
Non c’è questo spirito.
Per questo ci sentiamo a nostro agio quando veniamo qui, nonostante per noi ogni volta è una sofferenza, perchè si soffre sempre.
Nella danza contemporanea la musica che viene utilizzata di solito non è così ricca di informazioni come quella che utilizziamo noi e che richiede molte prove, però la gente lo apprezza e noi lo sentiamo.
Non servono parole per capire l’apprezzamento del pubblico nel condividere il nostro spettacolo.
Ci sono pochi posti nel mondo dove ho sentito una partecipazione così forte e condivisa.

Puoi parlarci delle tre parti del tuo nuovo spettacolo che è come un musical?

Noi abbiamo realizzato un formato composto da tre parti di mezz’ora l’una.
Ogni parte non è connessa in alcun modo con le altre.
Ogni parte di mezz’ora è un pezzo di arte che vive autonomamente.
In questo modo possiamo alternare i vari pezzi a seconda della serata e della durata dello show.
Esattamente come fanno adesso a New York alcune famose compagnie di ballet come quella di Alvin Ailey, Paul Taylor che sono ballet contemporanei.

Questo è il loro formato attuale.
Ed io volevo coinvolgere le persone abituate a questo tipo di spettacolo artistico e non solo le persone che erano già coinvolte con la musica ed il ballo.
Volevo comunicare al pubblico che questa è un’arte di alta qualità e che Portorico, Cuba e tutti i paesi caraibici hanno una propria arte come il Flamenco in Spagna.
Invece di presentare le solite cose classiche che si vedono di solito, ho preferito far conoscere qualcosa di più tradizionale e legato alla cultura dei nostri paesi però con un elevato tasso tecnico.
E questo è il pubblico che volevamo coinvolgere, al fine di insegnargli quello che stiamo facendo qui.
Il prossimo giugno faremo uno spettacolo a New York per tre serate, dove faremo 4 show di cui uno che faremo il sabato pomeriggio che sarà diverso dagli altri per chi vuol vederne più di uno.
Il nostro progetto è quello di fare un pezzo nuovo di mezz’ora ogni anno, mostrandolo assieme ad altri due precedenti.
L’idea è quella di lasciare qualcosa per le prossime generazioni della compagnia affinchè i giovani che verranno potranno incominciare da queste basi e svilupparle mantenendo un solco con la tradizione.
In questo modo quando saremo stanchi di ballare e vorremo stare dietro le quinte, seduti su una sedia, altri coreografi potranno interpretare queste parti e continuare con la nostra tradizione.
Un po’ come accade con la Monnalisa che è stata disegnata da tanti artisti ognuno con un proprio stile o un pezzo di jazz che ogni musicista può interpretare in modo diverso.
In questo modo daremo la possibilità ai nuovi ballerini di continuare con la tradizione.

Una parte dello spettacolo richiama la tradizione della bomba di Portorico

Si, si…

Però è una bomba con un collegamento alla danza contemporanea

Esatto.

E la musica parlava di afro…

Si.

Che importanza ha per te l’afro?

L’afro rappresenta le fondamenta di tutti i balli che arrivano dai caraibi.
A noi interessa molto la musica ed il ballo che arrivano da Haiti, dalla Repubblica Dominicana, da tutti i caraibi, dalla Martinica, dai caraibi francesi perchè anche li ci sono molti africani.
Ci interessa tutto questo perchè è da lì che sono nate le tradizioni folcloriche di queste isole.
Quello che io voglio insegnare è che questa musica si può rappresentare in una forma libera.
Cerco di far comprendere il modo di sentire le tradizioni anche se il ballo è qualcosa che trascende questo contenitore di cose formali.
Ad esempio le arti marziali vengono insegnate in maniera formale, senza considerare l’aspetto personale.
I maestri insegnano la tecnica in maniera uguale e come dei robot producono arte marziale.
Invece io vorrei che ogni allievo cercasse di trovare la propria interpretazione, la propria espressione.
Vorrei fargli capire che la musica ed i musicisti suonano senza vincoli, sono liberi.
Prendono una bomba e cercano di mischiarla con qualcos’altro in modo da esprimere le proprie idee in maniera diversa.
Anche io con il mio corpo cerco di fare questo, ovvero di interpretare quello che sto ascoltando trasformandolo in movimento.
Mi piace farlo senza limiti, senza che nessuno mi dica “questo si fa così”.
Io capisco chi insegna in maniera formale ma preferisco dare maggiore libertà ai miei allievi.
Le persone cercano nuove religioni, nuove arti, stanno cercando libertà.
Tutto quello che arriva dalle tradizioni e che è strutturato deve essere interiorizzato affinchè non ci sia più bisogno di una struttura.
Non devi essere separato dalla musica e dal ballo perchè sono già dentro di te.
Arriva quel punto in cui le linee si cancellano e senti di poter fare liberamente tutto ciò che vuoi in modo sofisticato.
I tuoi movimenti sono formati ed hanno un loro peso specifico.

In pratica si può dire che tu ed i tuoi ballerini siete liberi di esprimervi in modo diverso ogni volta che vi esibite?

Sì.
Ci sono delle basi da rispettare ma a me piacciono le diverse personalità dei ballerini.
Dicono che i coreografi hanno fortuna se riescono ad ottenere dai propri ballerini il 75% di quello che hanno nella loro mente.
Perchè normalmente i ballerini vengono e apprendono quello che gli stai insegnando adattandolo al proprio corpo con un risultato diverso da quello che tu avevi in mente e a volte il risultato è molto bello.
Ci alleniamo molto ma alla fine ognuno di loro ha un proprio stile e questo mi piace molto, perchè è uno scambio aperto.
Non è che tutti siamo legati ad una struttura, ma è una sorta di improvvisazione coordinata.
Quando faccio una coreografia cerco sempre di farla in modo semplice, cosicchè anche se siamo in una strada questa può venire bene.
Però guarda caso tutti riescono a fare la coreografia in modo omogeneo ma con il proprio stile.
Ognuno ha un proprio colore e questo piace molto agli spettatori che cercano i diversi movimenti dei ballerini e se ne innamorano.
Nel ballet invece ci sono alcuni ballerini che con il proprio carisma e la propria energia, riescono a trasformare la coreografia in modo da stupire lo stesso coreografo.
Io ti lancio un’idea e tu me la restituisci modificata con un tuo stile, creando di fatto qualcosa di diverso e questo aspetto mi incanta.
Mio padre litigava spesso con me perchè lui studiava arti marziali cinesi ed io giapponesi e mi diceva che i cinesi insegnano la persona e non la tecnica, mentre i giapponesi sono molto legati alla tecnica.
Ed io me la prendevo…
Però è così. Ognuno ha un proprio modo di interpretare le cose ed io devo cercare di correggerli in maniera specifica perchè ognuno ha le proprie caratteristiche.
Con il tempo si imparano tutte queste cose e diventa un piacere lavorare con loro e vedere quel che possono darmi delle coreografie che gli sto spiegando.

Che consiglio dai ai ballerini spagnoli affinchè possano avvicinarsi a questo nuovo modo di interpretare il ballo?

Intanto la musica salsa è diventata popolare al grande pubblico ed i musicisti che dovevano lavorare e guadagnare soldi, dovevano conformarsi alla richiesta del pubblico e fu così che iniziarono a produrre dischi di sola salsa.
Però prima, negli anni 60/70 la musica era molto più varia, c’era musica lenta, boleros, bomba, plena, c’era molta varietà.
Adesso registrano dischi con diversi stili di salsa ma sempre e solo salsa.
Ci sono molti gruppi che producono dischi di salsa perchè sanno che venderanno ma non perchè era quel che avrebbero voluto fare.
Insomma c’è molta musica oggi che mettiamo da parte perchè non è salsa (ndr.si riferisce agli altri ritmi) e anche perchè abbiamo paura di applicare quello che sappiamo sulla salsa e della nostra formazione come ballerini a questi ritmi.
Dobbiamo iniziare a lavorare su questi ritmi senza paura, cercando di riempire
i tempi vuoti come un pittore riempie gli spazi bianchi della sua tela.
La mia idea è quella di utilizzare vari tipi di musica.
Ad esempio quando ascolto un’intro che mi piace la metto fra le due canzoni e tutto questo mi permette di creare un’atmosfera.
Non è così difficile, basta che l’impatto non sia troppo forte, pieno di informazioni (ndr.la tecnica della danza) che potrebbero non essere comprese dalle persone che non ballano.

Per fare questo alterno parti forti ad altre più delicate, con transizioni e uscite dal palco, in modo da mantenere viva l’attenzione del pubblico.
Puoi creare delle storie ma non mi riferisco ad una storia letterale con un inizio, uno svolgimento e una fine, quanto a un modo di vivere una storia fatta di emozioni, di movimenti, come in un sogno.
E’ un’esperienza che non ha niente a che vedere con la vita normale, è come entrare dentro a un sogno.
Non avevo più bisogno di fare i Congressi per essere un ballerino di salsa o un ballerino latino.
Volevo dimostrare che c’è un altro modo per essere artisti e che c’è un altro modo per esprimersi e per insegnare alla gente cos’è il ballo, perchè il ballo dei congressi ha già un suo ruolo.
Il mio problema è stato principalmente quello di mantenere viva l’attenzione del pubblico per molto tempo, senza avere musicisti e cantanti che potessero coinvolgerli maggiormente.
Tutto questo mi è costato molti anni di lavoro per trovare il giusto formato, anche se sono sempre stato sicuro di riuscire a farcela.

Puoi dirci quando è nata la tua passione per la danza afro contemporanea?

Mi ricordo che mi avevi parlato di una ballerina haitiana, Katherine Dunham che è stata la più importante ballerina di danza afro contemporanea.
Puoi parlarci dell’influenza che ha avuto per te questa maestra?

Lei ebbe l’opportunità di studiare le radici del ballo africano grazie ad un finanziamento governativo.
Essendo afro-americana desiderava che la sua compagnia di ballo, formata completamente da afro-americani, potesse avere un’impronta legata alle proprie origini africane che gli permettesse di differenziarsi dalle altre compagnie di ballo formate da bianchi americani.
Così studiò per un anno insieme agli africani, vivendo a stretto contatto e apprendendo il loro modo di ballare.
Quando tornò negli Stati Uniti insegnò ai suoi ballerini i movimenti afro e la tecnica per muoversi come loro.
In questo modo a New York si iniziarono a vedere spettacoli di ballet afro americano, che andavano alla ricerca delle radici afro nel rispetto della tradizione classica del ballo.
Questa cosa mi ha fatto riflettere, perchè io ho seguito un percorso diverso, iniziando a studiare le radici per poi appronfondire le tecniche sofisticate per insegnare qualcosa di unico, però di alto livello e non di semplice ballo da sala.
Si tratta di un sistema d’insegnamento che permette agli allievi di raggiungere livelli molto alti che non potrebbero acquisire senza questi esercizi. E’ una mentalità che ho appreso dal karate, quella di esercitarsi quotidianamente e che mi permette di sviluppare tutte le parti del corpo, ad esempio come faceva Papito Jala Jala quando muoveva le gambe.
Dopo aver lasciato il karate, che per me rappresentava una religione, mi sentivo male e per questo motivo ho cercato di mantenere la stessa mentalità al fine di avere il medesimo risultato anche nel ballo.
Grazie a lei (ndr Katherine Dunham) che ha sviluppato tutte queste tecniche legate al ballo afro americano, io ho potuto fare lo stesso con i ballerini di New York che sono sempre alla ricerca di nuove influenze che gli permettano di esprimersi in modo personale.

I tuoi ballerini hanno qualche soprannome particolare?

Certo, oguno di loro ne ha uno.
Aisha è la China, Lori la chiamo Perez, Mary è Blackett.
Ci piace scherzare fra di noi con i nomignoli.

Tu ne hai uno?

Si, mi chiamano Frank Astaire.

Quando sei nato?

Il 25 Settembre del 1975

Dove sei nato?

Queen’s, New York.

Dove vivi?

Sempre lì.

Una canzone preferita?

Mi desengaño di Roberto Roena

Gruppo preferito?

Il Sexteto di Joe Cuba.

Un personaggio?

Ce ne sono tanti…posso dire Jimi Hendrix.

Un hobby?

Mi piace disegnare pupazzetti e disegni per interni (arredamenti).

Un libro?

La tua mente nel ballo (Your mind on dance).

Un posto preferito nel mondo?

Israele.

Un sogno?

Andare in Egitto.

Domanda/considerazione:

Del tuo spettacolo mi hanno impressionato due cose: la prima è che sei stato capace di avvicinare la figura del ballerino allo spettatore.
Perchè tutti noi abbiamo un falso concetto di quello che è un ballerino, che viene visto nello stereotipo dell’inavvicinabile.
Invece tu sei riuscito a rendere possibile che ogni persona potesse identificarsi con ognuno dei ballerini.
A me questa cosa è piaciuta molto, in particolare mi è piaciuto quando hai presentato ognuno di loro e si è visto che il pubblico era molto coinvolto.

E’ un po’ come se ognuno di noi potesse salire su quel palco e per questo motivo ti voglio ringraziare.

I saluti di Frankie Martinez a Lasalsavive.org

Guaguanco o Salsa? Storia del Son-Guaguanco!

Ultimamente con il ritorno sulle scene della salsa classica molti si sono accorti di un genere chiamato semplicemente “Guaguanco” che ritorna spesso nei testi di moltissimi pezzi, soprattutto degli anni ’60.
Per spiegare la sua storia e vedere come negli anni questo genere si sia evoluto in molteplici direzioni, in paesi come Puerto Rico o in città come New York,  faremo un passo indietro nei primi anni ’40 a Cuba.
Esistono due Guaguanco nella isla grande, il primo appartenente al complesso generico della Rumba e il secondo appartenente al complesso generico del Son. Quest’ultimo nasce nei primi anni ’40 ad opera del più importante rinnovatore della musica cubana: Arsenio Rodriguez.
Arsenio introdusse proprio in quel periodo (1940) le congas all’interno della formazione classica di Son: il Conjunto.

Arsenio Rodriguez

Tra i ritmi che videro la luce inizialmente ci furono il Son Montuno, l’Afro Son e il Son Guaguanco.
La Rumba Guaguanco, con la classica clave 3/2 con il terzo colpo spostato sul levare del quattro non fu diffusa e popolare fino alla fine degli anni ’50, al contrario il Guaguanco piu’ popolare fu proprio quello di Arsenio Rodriguez.

Ma vediamo le differenze tra i due.

Il Son Guaguanco è basicamente un Son, con la classica clave 3/2 o 2/3, che utilizza i bongos negli anni ’30 e successivamente, a partire dagli anni ’40, le congas (in comune con la Rumba Guaguanco); si caratterizza per l’introduzione chiamata “Diana” che è tipica della Rumba e la possiamo riconoscere per il canto melodico derivato dalla musica Andalusa, con il tipico intro “la le lo lay, le lo lay”!
Si tratta questo di un riferimento ovviamente cantato all’inizio del pezzo, ma poi il brano scorre come un normale Son, si utilizzano il Tres, i Bongos, Maracas e Guiro e gli strumenti a fiato, di solito 4 trombe.
Il piano accompagna l’inizio del canto “Diana” con un arpeggio caratteristico a ottave parallele e che tutti hanno sentito almeno una volta nei brani di Salsa.
Il tempo di esecuzione è quello tradizionale del Son, mentre le congas richiamano a volte alcune forme utilizzate nella Rumba, soprattutto nella prima parte.
Si tratta come vedete di un omaggio al folklore “nero” di Cuba che Arsenio ha voluto mettere nel “bianco” Son.
Il Son Guaguanco ottenne un buon successo in breve tempo, anche se non al livello del Son Montuno, che invece invase tutto il Caribe e gli Stati Uniti.
Arsenio, cieco per un incidente quando era ancora bambino, decise alla fine degli anni ’40 di trasferirsi a New York, dove sperava di curare la sua malattia.
Arrivato negli Stati Uniti intorno al 1950, scoprì suo malgrado che nessuno avrebbe potuto ridargli la vista, ma sicuramente il suo arrivo portò tutta la sua genialità nel comporre musica e creare nuovi ritmi.
La sua Hay fuego en el 23 divenne in breve tempo un grandissimo successo, ancora oggi uno degli standard universali della Salsa!

Il successo pero’ non gli fu decretato subito, Arsenio arriva in pieno boom di Latin Jazz, Mambo e Cha Cha Cha, suonate da enormi Big Band come quelle di Beny Morè, Machito, Tito Puente e Tito Rodriguez.
Il suono del suo Conjunto tradizionale era fuori tempo per quel periodo…oppure, (e il tempo gli darà ragione) troppo avanti!
Il Son Guaguanco a Cuba rimase ancora attuale per qualche anno, grazie al conjunto Chapottin, grande trombettista che eredita tutta la band di Arsenio, che era partito da solo per la sua avventura americana,(suonava infatti a New York con un gruppo portoricano), ma la sua storia a Cuba finisce alla fine degli anni ’50, quando la “Revolucion” fa sparire ogni riferimento alle Big Band americane e le forme folkloriche tradizionali cubane come la Rumba, rifanno la loro comparsa imponendo l’autentico Guaguanco folklorico.
Come spesso accade, alcune forme artistiche nate in un posto si trasformano continuando a vivere di nuova linfa altrove.
E’ il caso del Danzon in Messico o del Bolero in America Latina o del Mambo a New York! Proprio qui nella Grande Mela, passato il boom del Mambo, del Cha Cha Cha e dopo la fugace apparizione della Pachanga che ebbe i suoi momenti di gloria dal 1960 al 1963, il Son Guaguanco divenne un punto di riferimento per tutti quelli che non vollero piegarsi al successo del Latin Soul, nelle sue varie forme di Boogaloo e Shing A Ling.
Ovviamente non poteva rimanere nella sua forma originaria, troppo lenta e priva di arrangiamenti sofisticati.
A trasformarla e a renderla appetibile ci pensarono Tito Puente e soprattutto Tito Rodriguez. Si cambiò la base sostituendo il Son con la Guaracha, ritmicamente molto più veloce, mantenendo però la “Diana” e gli altri riferimenti “Afro” della versione originale ed arrangiandola in chiave Jazz!
Con Tito Rodriguez si fa anche piu’ marcato l’uso della figura ritmica della cascara, che sostituisce quella classica del Son, con la campana Bongò.
La cascara (figura ritmica che troviamo nella Rumba) sarà una delle caratteristiche del nuovo Guaguanco.
Il successo arrivò subito e travolse Puerto Rico, dove la splendida voce di Tito Rodriguez ebbe la meglio sulle percussioni del grande Tito Puente.

Tutti i gruppi dell’epoca nella Grande Mela ne furono influenzati tanto da far nascere l’etichetta di NEW YORK GUAGUANCO.

A Puerto Rico però si ebbe la più importante variazione del nuovo genere: alcuni gruppi, intorno al 1965-66 tra cui Mon Rivera, Richie Ray e Bobby Cruz, aggiunsero al nuovo Guaguanco alcuni ritmi del folklore portoricano, come il ritmo Jala Jala o il Sicà fondendolo assieme ai nuovi arrangiamenti provenienti dalla Grande Mela, come il Soul e il Rhythm and Blues.

Di fatto questa “mezcla” qualche anno più tardi avrebbe preso il nome di Salsa, ecco perchè molti chiamavano a Puerto Rico Guaguanco, quello che a New York chiamavano Salsa! La fine del genere viene decretato proprio dalla Salsa, che con nuovi suoni e ritmi (tra cui la Rumba Guaguanco) amplia quella fusione musicale che aveva reso celebre il N.Y. Guaguanco. A Puerto Rico comunque viene registrata l’ultima perla del genere ad opera del grande Roberto Roena in un bellissimo disco del 1977 :
La Octava Maravilla (Fania INT 914)

In questo splendido disco troviamo l’ultima fusione, il Guaguanco con la musica brasiliana, come nel meraviglioso brano Rico Guaguanco dove si fondono la Samba con i suoi strumenti tipici come la “Cuica”o il “Berimbau”, con il Guaguanco.

 

Ahi,que Rico y vario es el Guaguanco!

by Tommy Salsero

La biografia di Roberto Roena

A cura della Redazione LaSalsaVive


24 Giugno 2009

Roberto Roena, foto tratta da www.myspace.com/robertoroenaysuapollosound

Roberto Roena nasce il 16 Gennaio del 1940 nel barrio Dulces a Mayagüez (Portorico).
Inizia il suo avvicinamento alla Salsa come ballerino insieme al fratello Francisco “Cuqui” Roena nella Sultana del Oeste, ispirati dalla madre Raquel Maria Vazquez e dallo zio Anibal Vazquez (leggendario ballerino di mambo).
Insieme al fratello crea un duo di ballo i “Mambo Flashes“.
A nove anni si trasferisce a Santurce con la famiglia, dove con i fratelli continua a presentare spettacoli di mambo e cha cha cha, deliziando il pubblico presente ai concorsi per giovani talenti.
Roena ricorda: “lo zio Anibal veniva spesso a trovarci per insegnarci nuovi passi. Fu così che iniziammo a ballare nelle strade, fino a quando, nel 1954, nostra madre ci portò a partecipare allo show Coca Cola busca estrellas, dove vincemmo il primo premio”. Grazie a quel premio, vengono messi sotto contratto da una televisione locale, Canal Dos, partecipando alla trasmissione settimanale “La Taberna India“.
Durante una delle registrazioni, il percussionista Rafael Cortijo, vede Roena in azione.
È il 1956 e Roena è un adolescente di appena 16 anni, Cortijo è alla ricerca di un bongocero per il Conjunto che sta formando.
È proprio Cortijo a pensare alla figura di un bongocero in grado di ballare e suonare la campana; chiama Roena e gli insegna a suonare questi strumenti.

Con il Combo di Cortijo, viaggia a New York, dove nel 1956 si esibiranno al mitico locale notturno: “Palladium“.

Programma televisivo del 1966 con la reunion storica del Combo di Cortijo. Nel video possiamo vedere: Rafael Cortijo (timbales), Roberto Roena (al bongò e campana), Ismael Rivera (alla voce) che intepretano Quitate de la Via Perico

Inizia così la carriera musicale di Roberto Roena con Cortijo y su Combo e con Ismael Rivera alla voce.
Con questa formazione suoneranno nei principali palcoscenici degli Stati Uniti, Europa e Sud America.
È interessante segnalare che il Combo di Cortijo, composto principalmente da musicisti di colore, è il primo ad ottenere l’accesso a palcoscenici dove si presentavano esclusivamente artisti bianchi, sia dentro che fuori Portorico.

Dopo sette anni si conclude l’avventura di Roena con il Combo, che finisce a causa dei problemi di droga che aveva il leader e stella del gruppo, Ismael Rivera.
I musicisti di Cortijo iniziano a discutere sulla possibilità di separarsi dal proprio leader per continuare insieme una nuova avventura che porterà alla nascita del Gran Combo de Puertorico capitanato da Rafael Ithier.
Roena decide di non entrare subito in questa formazione per la gratitudine che aveva nei confronti di Rafael Cortijo, che era stato il suo mentore.

Cortijo intanto parte per New York alla ricerca di nuovi musicisti e dopo nove mesi Roena entra a far parte del Gran Combo de Puertorico.
Nel frattempo, essendo desideroso di formare una sua band, nel 1967, Roena forma i Megatones, gruppo di latin jazz che si esibisce i mercoledì in un club locale, il Tropicana de Carolina.
Con I Megatones e con Camilo Azuquita alla prima voce, Andy Montañez e Pellín Rodríguez (che erano i vocalisti del Gran Combo in quel momento) registra un album: “Se Pone Bueno”, prodotto da Pancho Cristal con l’etichetta Alegre Records, che li aveva notati proprio in quel locale.

Il Gran Combo diventa rapidamente una delle band più apprezzate di musica latina e Roberto Roena ne fa parte fino al 1969, quando, a seguito di alcune divergenze con Andy Montañez (vocalista del Gran Combo), decide di uscire dall’orchestra definitivamente.
Nello stesso anno lancia gli Apollo Sound, nome che deriva dal coincidente lancio nello stesso giorno delle prove dell’orchestra, del razzo spaziale sulla luna.
Il gruppo poteva contare su due trombe, un trombone, un sax tenore, la sezione ritmica con bongò, conga e timbales), basso e piano. Direttore d’orchestra è Catalino Curet Alonso, il quale scriverà il successo “Tu Loco Loco, y Yo Tranquilo”.

Non sapendo nè leggere nè scrivere musica, Roena, si circonda di grandi musicisti e arrangiatori. Nell’Apollo Sound figurano musicisti dell’orchestra di Tito Puente, El Gran Combo e i Los Sunsets, fra gli altri. Fra gli arrangiatori e compositori di fama che arrichiscono il repertorio ricordiamo: Mario Ortiz, Jorge Millet, Ruben Blades, Bobby Valentín, Elias Lopés, Luis “Perico” Ortiz, Papo Lucca, Julio ‘Gunda’ Merced, Tito Rivera, Louis García e Humberto Ramírez.

Con l’Apollo Sound, Roena rinnova il genere con un nuovo suono più sofisticato e innovatore, grazie alle due trombe, al trombone e al sax baritono, combinazione che apprende grazie all’influenza della sezione fiati del gruppo rock sajón Blood e degli Sweat and Tears.
Roena ha sempre considerato la varietà come una chiave per il successo, portando all’interno del suo repertorio altri generi come la musica soul, funk, i ritmi brasiliani, la musica romantica, sia in inglese che in spagnolo.
Il primo disco di Roberto Roena y su Apollo Sound produce grandi successi come “Tu Loco Loco, y Yo Tranquilo”, “El escapulario” e “El sordo”. Inoltre portano al successo il classico di Bobby Capó “Soñando con Puerto Rico”.
L’Apollo Sound resta sotto contratto per la casa discografica International Records (sussidiaria della Fania) per un decennio, con la quale vengono pubblicati successi come “Traición”, “Chotorro”, “Mi desengaño”, “Fea”, “Marejada feliz”, “Cui cui” e “El progreso”, fra gli altri. La ripercussione sulle principali radio si accompagna alle tourneè negli Stati Uniti e America Latina. Degna di nota è l’inclusione nelle registrazioni e tourneè della Fania All-Stars nei primi anni settanta.

Con la Fania Roena appare nel film “Our Latin Thing” (1972) e “Salsa” (1976). Inoltre prende parte come percussionista e ballerino della banda nel video “Salsa Madness” che esce in Inghilterra nel 1991 (le registrazioni sono fatte in Zaire nel 1974 – questo video viene pubblicato precedentemente come Fania in Africa).

In questo video Roena si esibisce oltre che come bongocero, in uno splendido assolo di ballo dove mostra tutti i principali passi da lui inventati

Roberto Roena. Foto tratta dal libro Cronaca della Musica del Caribe Urbano di César Miguel Rondón e cortesia di Herencia Latina

Roena con gli Apollo Sound registra diversi album, fra questi i più importanti per le innovazioni musicali sono: “Roberto Roena y su Apollo Sound 2” del 1970, “Roberto Roena y su Apollo Sound 4” del 1972, “Roberto Roena y su Apollo Sound 5” del 1973, “Roberto Roena y su Apollo Sound 6” del 1974, “Lucky 7” del 1976, “La Octava maravilla” del 1977, “Roberto Roena y su Apollo Sound 9” del 1977, “El Progreso” nel 1978, che è uno dei suoi dischi più importanti e che vede al suo interno canzoni come “Lamento de Concepción”, composta da Catalino Curet Alonso e con gli arrangiamenti di Papo Lucca. Alla voce Tito Cruz insieme a Carlos Santos, che viene dall’esperienza con Kako e Vilató nei “Los Kimbos”.

Nel 1978, Roena produce la banda di uno dei membri fondatori dell’Apollo Sound, Mario ‘Mickey’ Alvarez (tromba e voce), l’Orquesta Cabala. L’album si chiama “La Práctica Hace la Perfección”.

Mickey Cora * Pipo Peñalver * Roberto Torres * Orquesta Cábala

Fra il 1980 e il 1982, Roena realizza quattro album con la Fania Records. Looking Out For Número Uno (1981) include l’agrodolce e oscura “Se Esconde Porque Me Debe”, con straordinari arrangiamenti di Louis García, e tre interpretazioni di canzoni scritte dal compositore cubano Adalberto Alvarez. L’anno dopo, Roberto si unisce al cantante Adalberto Santiago per realizzare il suo ultimo con la Fania, Super Apollo 47:50.

Nel 1982, Roena prende parte ad una riunione di alcuni ex-membri del Gran Combo ne El Combo del Ayer, e nel 1983 esce un LP chiamato Aquel Gran Encuentro. Roena ritorna con l’Apollo Sound nel 1985 e registra Afuera y Contento, con la casa discografica Pa’Lante Records. Piro Mantilla e Sammy González, co-fondatori dell’Apollo Sound, insieme a Junior Reynoso, sono i tre cantanti dell’album. Nello stesso è presente una fantastica versione della canzone “A Ver” di Adalberto Alvarez.

Insieme alla musicalità della formazione degli Apollo Sound, Roena si caratterizza per la sua caratteristica di uomo spettacolo. Dipingersi i capelli con vari colori, suonare le percussioni in mutande e legarsi ad una corda per volare sul palco del Madison Square Garden, sono solo alcuni dei trucchi che utilizza per attirare l’attenzione dei media. Di fatto, la sua orchestra viene segnalata da una nota giornalistica come “la prima formazione di Portorico con un sistema di luci psicadeliche e ballerine a go-gó”. Entrando negli anni ottanta, Roena y su Apollo Sound iniziano una fase di calo nella loro popolarità, riflesso della crisi che attraversa il movimento salsero in generale. Nonostante questo, Roena continua a collaborare e registrare in forma indipendente con orchestre locali.

Roberto Roena in una posa irriverente.Foto tratta dal libro Cronaca della Musica del Caribe Urbano di César Miguel Rondón e cortesia di Herencia Latina

Già nel 1990, Roena cerca di rilanciare il concetto degli Apollo Sound: all’apertura del concerto del cantante di rock británico, Sting, al Colosseo Roberto Clemente, presenta la sua versione salsera del successo “Every Breath You Take”, del suddetto interprete.
Gli ultimi lavori di Roena sono “El Pueblo Pide Que Toque” del 1994, “Poderoso” sempre del 1994, “En Vivo desde Bellas Artes” del 1995, “Mi Música” del 1997.
Roena ha contribuito alla registrazione di diversi artisti e orchestre di salsa fra i quali: Charlie Palmieri, Roberto Lugo, Ismael Quintana, Cheo Feliciano, Julio ‘Gunda’ Merced y su Salsa Fever, Pedro Arroyo, Harold y Andy Montañez, e Willie González.

Fonti:

Music of Puertorico
Historia de la Salsa di Hiram Guadalupe Perez
www.myspace.com/robertoroenaysuapollosound

Dedicato un busto alla carriera di Roberto Roena

Dedicato un busto a Roberto Roena

A cura di Patricia Vargas Casiano

Roberto Roena sarà il primo salsero a ricevere un busto in vita, nella Plaza de los Salseros, a Santurce, Portorico.

Domenica 12 settembre si è infatti svolta una grande festa nella quale è stata scoperta la statua in bronzo, che è posizionata insieme ad altre sculture di artisti salseri come Rafael Cortijo, Ismael Rivera, Héctor Lavoe, Tito Puente, Pellín Rodríguez, Tommy Olivencia e Marvin Santiago, tutti grandi musicisti e suoi amici già scomparsi.

Roena scherzando ha detto:“Quando me lo hanno detto ho pensato due cose: o che mi stavano anticipando la morte o che mi volevano portare li per fare la veglia ai defunti”.
Dopo, tornando serio, ha continuato dicendo che per lui è un vero onore essere stato incluso con tutti questi grandi musicisti.
“Vado, come si dice, a portare un saluto da parte di tutti quelli che sono rimasti in vita perchè tutti quelli che sono in questa piazza sono stati miei cari amici”.

Però la cosa non finisce qui, poichè si sta pensando di dare il suo nome ad una via, Calle Aponte de Santurce, dove l’artista è nato e ancora oggi va a giocare a domino con gli amici.

“Provate a pensare, quando la gente mi chiamerà potrò dire che mi trovo nella Strada Roberto Roena… Mi sento molto emozionato di essere stato scelto”.

Il fondatore dell’ Apollo Sound ha anche detto di essersi sentito defraudato per aver partecipato a diversi eventi in quella piazza, che non erano all’altezza di un luogo dove si ricordano i più grandi artisti della musica tropicale.

Senza dubbio, il progetto portato avanti dal senatore José “Nuno” López e dal sindaco di San Juan, Jorge Santini, sta andando avanti con grande attenzione. Inoltre, la piazza sarà rinnovata.

Richy Miranda-Cortese, organizzatore della manifestazione ha dichiarato: “Vogliamo organizzare delle attivitè prima dell’omaggio, come ad esempio la mostra delle copertine di tutti i dischi di Roberto Roena, e un’altra con tutti gli oggetti che ricordano la sua carriera, approfittando del fatto che l’artista è ancora vivo.
Alla fine il tutto culminerà con una grande celebrazione nella quale, Roena, si esibirà insieme ai musicisti della sua orchestra. Sono stati invitati anche altri musicisti che non hanno fatto parte dell’Apollo Sound, ma che hanno condiviso parte della vita musicale di Roena, come Johnny Pacheco e Nicky Marrero, fra gli altri”.

L’evento sarà registrato in alta definizione per essere venduto alle televisioni internazionali e saranno invitati gli organi di stampa in Europa, America Latina e Stati Uniti.

Miranda ha inoltre aggiunto: “Questo evento sarà utilizzato come piattaforma per il lancio di una nuova tappa della carriera di Roena, che ha ancora molto da dare. Lo porteremo nell’est Europa, dove la salsa è molto cresciuta, e in mercati consolidati come Italia, Inghilterra, Francia e Spagna, e cercheremo di farlo tornare in Asia”.

Roena ha concluso dicendo: “Non mi preoccupo di come mi vedrò, ma di quel che lascerò alle future generazioni, che è quel che do mentre sono sulla scena, perchè non sono mai salito su un palco per fare il buffone”.

Fonte: El nuevo dia

Español

Por Patricia Vargas Casiano / pvargas@elnuevodia.com

Roberto Roena se convertirá en el primer salsero al que se le dedicará en vida un busto en la Plaza de los Salseros, ubicada en la barriada Shangai de Santurce.

El 12 de septiembre se celebrará una gran fiesta para desvelar la estatua en bronce, que estará junto a las esculturas de Rafael Cortijo, Ismael Rivera, Héctor Lavoe, Tito Puente, Pellín Rodríguez, Tommy Olivencia y Marvin Santiago, todos grandes músicos y amigos suyos ya fallecidos.

“Cuando me lo dijeron pensé dos cosas: o que me estaban anticipando la muerte o que me llevan ahí para que me velen los muertos”, dijo Roena en broma.

Luego, más serio, señaló que ha sido un honor haber sido incluido en ese “corillo”.

“Voy, como quien dice, a llevar la batuta de los que quedamos vivos porque todos los que están en esa plaza han sido íntimos amigos míos”.

Pero la cosa no queda ahí, pues también se considera ponerle su nombre a la Calle Aponte de Santurce, donde el artista se crió y todavía va a jugar dominó con su gente.

“Imagínate, cuando la gente me llame y me pregunte les voy a decir estoy en la Calle Roberto Roena… Me siento demasiado emocionado de que me hayan escogido a mí”.

El fundador del Apollo Sound se sinceró al decir que ha participado en varios eventos en esa placita y ha salido defraudado porque no se han organizado a la altura requerida para el lugar que alberga las figuras de los grandes de la música tropical.

Sin embargo, el proyecto, una gestión del senador José “Nuno” López y el alcalde de San Juan, Jorge Santini, está siendo muy cuidado. Incluso, se harán renovaciones a la plaza.

“Queremos hacer actividades previas al homenaje, como la exhibición de un coleccionista que tiene todas las carátulas de los discos grabados por Roena y otra de su memorabilia, aprovechando que el artista está en vida. Culminará con una magna celebración en la que el homenajeado podrá compartir con los cantantes de su orquesta. También se están invitando a otros músicos que aunque no fueron parte del Apollo Sound tuvieron que ver con la vida musical de Roberto, como Johnny Pacheco y Nicky Marrero, entre otros”, adelantó el licenciado Richy Miranda-Cortese, a cargo de la organización.

El evento se va a grabar en video de alta definición para venderlo a la televisión internacional y se van a invitar a medios internacionales de Europa, América Latina y Estados Unidos.

“Se va a usar como plataforma de lanzamiento de una nueva etapa en el cierre de la carrera de Roena, que aún tiene mucho que aportar. Vamos a exportarlo nuevamente al este de Europa, donde la salsa está muy sólida, aparte de los mercados regulares como Italia, Inglaterra, Francia y España, y tratar de que regrese a Asia”, dijo Miranda.

Esta semana, Roena se realizó una sesión de fotos para que el escultor, aún no seleccionado, pueda trabajar con el busto.

“A mí no me preocupa cómo me vea, sino lo que va a quedar de mí para la posteridad, que es lo que doy en el escenario, porque nunca me he subido a una tarima a ‘miquear’ ”, cerró el veterano salsero.