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Tony Pabon y Nestor Sanchez

E’ scomparso Tony Pabon

Purtroppo abbiamo ricevuto la notizia della scomparsa di Tony Pabon, trombettista, cantante e compositore famoso per aver lanciato brani come “I like it like that” e “Micaela” con l’orchestra di Pete Rodriguez e successivamente per aver creato l’orchestra La Protesta i cui successi hanno accompagnato intere generazioni fino ai giorni nostri.

Tony Pabon, nasce a San Juan (Puerto Rico) nel 1940, perde il padre in tenera età e la madre è costretta a trasferirsi negli Stati Uniti in cerca di fortuna.

Tony Pabon y Nestor Sanchez
Tony Pabon y Nestor Sanchez

E’ proprio a New York dove inizia a studiare musica già a 12 anni, prima con il basso, poi con il piano e per finire con quello che diventerà lo strumento che lo renderà famoso, la tromba.

La prima esperienza la fa con i Latin Boys, gruppo nel quale militavano artisti del calibro di Eddie Palmieri al piano, Pete “el Conde” Rodriguez ai bongo, Joe Quijano alle maracas e Orlando Marin ai timbales, anche se il primo gruppo nel quale suona ufficialmente è quello di Randy Carlos.

Tony Pabon
Tony Pabon

A seguire suona con l’orchestra di Orlando Marin e con il Sexteto La Playa.

Ma è nel 1962 con l’orchestra di Pete Rodríguez che raggiunge il successo, grazie anche alla composizione di brani come “I like it like that”, “Micaela” e “Fango”.
Il primo disco “At last” è del 1964.

Pete Rodriguez, At last
Pete Rodriguez, At last

Alla fine degli anni sessanta lascia l’orchestra di Pete Rodriguez e fonda La Protesta, nome che nasce da una diatriba sui diritti d’autore delle canzoni che aveva composto per Pete Rodriguez.
Nel 1970 esce il primo disco il cui cantante è Nestor Sanchez.
Fra le canzoni più famose di questo album ricordiamo Averigua.

Con La Protesta realizzerà alcune canzoni di grande impatto come “Lo voy a matar“, Bandera, San Miguel e la già citata Averigua.

Successivamente diventa anche produttore e fra le tante scoperte non possiamo non citare l’Orquesta Colon.

Personalmente ho un bellissimo ricordo di questo artista e le sue canzoni hanno rappresentato una parte importante della mia formazione salsera e sicuramente hanno contribuito a farmi appassionare sempre più a questa meravigliosa musica.

Descansa en paz Maestro.

Intervista a Joey Pastrana

Intervista di Israel Sánchez-Coll
tratta da Herencia Latina
Traduzione a cura di: Salsa Claude

Prefazione

Herencia Latina è uno dei siti più autorevoli sulla storia della musica latina, ricchissimo di articoli su esponenti di varia fama nella scena del passato (herencia significa eredità); questa intervista, oltre a descriverci nei dettagli la biografia di un noto bandleader, offre anche una ricca descrizione delle tre epoche da lui vissute ossia quelle del Mambo, del Boogaloo e della Salsa: il risultato è un racconto che ritrae i più disparati protagonisti (narrandone inattese relazioni), in diverse situazioni che li accomunano.

Infatti, che relazione aveva Joey Pastrana con Machito? Quali circostanze causarono l’ingaggio come lead vocalist di Chivirico Dávila e quali quelle che fecero terminare la collaborazione di Ismael Miranda? Come esordì Joey Pastrana alla Cotique Records e perché rifiutò sempre di entrare in Fania? Quanto lo toccò il boicottaggio del Boogaloo ad opera dei “Veterani del Mambo” e perché?

Tutto ciò è descritto in questa lunga ma interessantissima intervista, ora disponibile anche in italiano.

Claude

Ioey Pastrana
Ioey Pastrana

Israel Sánchez-Coll: Dove nacque Joey Pastrana?

Joey Pastrana: Nacqui il 22 Agosto 1942 a Santurce, Puerto Rico. A quattro anni la mia famiglia si trasferì a New York a causa del lavoro di mio padre, che era un marittimo mercantile. Crebbi nel Barrio (Harlem) sulla 110a strada dove rimanemmo dieci anni, dopodiché ci trasferimmo nel Bronx. Fu però nel Barrio dove si manifestarono le mie “inquietudini” musicali: suonavo i timbales e la conga. A casa di un cugino c’era uno scantinato con un pianoforte e lì ci ritrovavamo per suonare. Joe Quijano era un mio vicino di casa e gestiva un negozio di dischi. Mio padre si chiamava José P. Pastrana e mia madre Julia Santos.

Israel: Entrambi di Puerto Rico?

Joey: Sì, di Santurce.

Israel: Il nome completo?

Joey: José Luis Pastrana Santos.

Israel: E perché “Joey”?

Joey: A scuola mi americanizzarono il nome, mi chiamavano Joseph Louis Pastrana quindi tutti i compagni iniziarono a chiamarmi Joey.

Israel: Quindi il “Joey” nacque a scuola, e non durante la carriera musicale?

Joey: Esatto.

Israel: Chi influenzò la sua formazione musicale?

Joey: Le mie prime influenze furono quelle di Tito Puente, Daniel Santos – che era cugino di mia madre – Bobby Valentín, Charlie ed Eddie Palmieri; ce ne sarebbero molti altri, ma mi sfuggono i nomi.

Joey Pastrana con il suo maestro, Gene Krupa.  New York 1965
Joey Pastrana con il suo maestro, Gene Krupa. New York 1965

Israel: Chi la spinse a scegliere i timbales?

Joey: Di fatto scelsi io la batteria che studiavo presso la scuola del maestro Gene Krupa, uno dei giganti del jazz noto come batterista di Benny Goodman oltreché collaboratore di Lionel Hampton, Teddy Wilson, Charlie Ventura ed altri ancora. Aveva una scuola in centro a Manhattan e lì iniziai a leggere gli spartiti.

Non avendo la macchina ero costretto a prendere il metrò, già scomodo di per se stesso, ed ancor più alle 3 del mattino, quando solitamente terminavamo di suonare, e anche se talvolta amici o familiari mi prestavano la macchina la scomodità della situazione mi portò a valutare alternative.

Decisi di suonare bongó e campana inserendomi in un piccolo conjunto che aveva Bobby Valentín – Bobby suonava il basso nella banda di Tito Rodríguez, il timbalero di Bobby abbandonò il gruppo e lui me ne offrì il posto – e con cui potei partecipare alla registrazione dell’album Ritmo Pa’ Goza’ – El Mensajero nel 1965. Scrissi anche due brani a Bobby usciti con l’album Young Man With A Horn: Que Pollito (Joey canticchia il ritornello “Yo tengo un pollo que quiere bailar”) e un brano mambo jazz chiamato The Gate, riferito al locale “Village Gate” dove al Lunedì suonavano le migliori bande latine ingaggiate dal Dj radiofonico Symphony Sid, che portava avanti una programmazione artistica con molto mambo jazz.

In seguito Bobby Valentín ingaggiò Papi Pagani, figlio di Federico, quando quest’ultimo perse il posto nella banda di Tito Rodríguez a causa del consumo di sostanze stupefacenti. Durante le prove Bobby mi disse semplicemente che adesso avrebbe continuato con “Il timbalero di Tito Rodríguez”, senza però aggiungere alcun dettaglio.

Quella settimana iniziai a scrivere testi e comporre musica a casa mia quando apprendo dalla radio che cercavano orchestre per registrare in studio: chiamai Simphony Sid affinché mi aiutasse e lui mi mise in contatto con un ragazzo che mi aiutò con gli arrangiamenti, cosicché in due settimane fui pronto per entrare in studio. Andai con la mia banda in un negozio – e guarda la combinazione, era quello della moglie di Federico Pagani – dove c’era una stanza per le prove. Il negozio era sulla 183a all’angolo con Williams Avenue, chiamai George Goldner, proprietario della Cotique Records, e gli chiesi di ascoltarci. Al termine della prima canzone ci fermò e disse: “Quando possiamo registrare il disco?” Un po’ sorpreso gli dissi: “Ma se te ne abbiamo fatta ascoltare solo una?” E lui rispose: “A me non importa, quando siete disponibili?” E in risposta alla sua insistenza gli dissi: “Ok, la prossima settimana.” E fu così che uscii col mio primo album: Let’s Ball

Israel: Perché in questo album le cambiarono il nome in Pastrano?

Joey: Ah, fu un errore di George Goldner perché fecero le cose di fretta! Mi ritrovai così con un nome dal suono italiano, ma nei successivi album la Cotique – responsabile dell’errore – corresse il nome.

Israel: Chi erano i componenti di questa orchestra d’esordio?

Joey: Due musicisti “prestatimi” da Joe Quijano (trombettista e bassista), mio fratello Willie Pastrana alle congas, e un ragazzo ai suoi esordi musicali con la banda di Andy Harlow, Ismael Miranda. Il primo album fu un grande successo di vendita, ciononostante la nostra orchestra non riusciva ad avere ingaggi per i concerti e Ismael andò con Larry Harlow.

Joey Pastrana, Ismael Miranda, Becky e Sony Rivera.  Set. 1967. New York.  Foto de Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Joey Pastrana, Ismael Miranda, Becky e Sony Rivera. Set. 1967. New York. Foto de Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Israel Miranda disse che Lei lo ingaggiò dopo averlo visto con Andy Harlow ad un concerto presso il club El Dorado.

Joey: Esatto. Cercavo il mio cantante nei club, e lo trovai in un periodo in cui la banda presso cui lavorava non aveva molte serate quindi gli diedi i miei spartiti e in una settimana registrammo l’album.

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Israel: Nel quale c’è un classico: Rumbón Melón.

Joey: Sì, funzionò perché l’esperienza con la banda di Bobby Valentín mi insegnò come andava scritto un brano affinché piacesse al pubblico, e difatti nel giro di tre mesi diventò un successo. Ciononostante, siccome le serate non arrivavano, Ismael se ne andò. In seguito George Goldner mi chiamò per pianificare l’uscita del secondo album, avvisandomi che i risultati sarebbero arrivati in tempi più lunghi.

Registrammo perciò l’album “Joey” col cantante Chombo che conobbi a New York e che aveva già partecipato ai cori del primo album, dimostrandosi così anche un ottimo lead vocalist.

Israel: Il suo nome completo?

Joey: José “Chombo” Rodríguez.

Israel: Fu il successore di Ismael Miranda?

Joey: Sì. Con Chombo il secondo disco uscì bene. Nel ’67 entrambi gli album erano recensiti sulle riviste e competevano per il primo posto.

Le coriste de la Orquesta de Joey Pastrana  Sonya Rivera e Becky Rivera con la Orquesta de Machito.  Al Puerto Rico Theatre, New York, 1969.  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Le coriste de la Orquesta de Joey Pastrana Sonya Rivera e Becky Rivera con la Orquesta de Machito. Al Puerto Rico Theatre, New York, 1969. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Lei fu un direttore d’orchestra innovatore, mise due voci femminili nei cori dando una nuova caratteristica alla sua musica laddove le altre bande seguitavano a tenere schemi tradizionali; come sviluppò questa idea?

Joey: Si chiamavano Sonia Rivera e Becky Rivera ma non erano sorelle.

Israel: Dove le conobbe?

Joey: Sonia Rivera era mia cognata ma in realtà la conoscevo da dieci anni prima che si sposasse con mio fratello Willie Pastrana, quando la sentii cantare in un gruppo di musica nordamericana mentre Becky Rivera è una mia cara amica d’infanzia: entrambe sono di Puerto Rico.

Israel: Sono viventi?

Joey: Sì.

Israel: A New York?

Joey: Credo che Becky stia in Florida e Sonia a New York con le sue tre figlie: credo che canti in un gruppo rock.

Israel: Perché quest’idea di integrare le voci femminili?

Joey: Presi l’idea da Tito Rodríguez che aveva una ragazza nel suo coro. Di fatto un giorno ero ad un suo concerto ed apprezzai come questa voce differente si distinguesse all’interno del coro e mi piacque. Situai inoltre le due ragazze in prima linea per fare scena, cantando e ballando insieme a mio fratello Willie. Ne uscì un suono che ricordava quello della banda di Cortijo.

Israel: Pensi che nel New Swing Sextet le tre coriste erano le sorelle e la moglie di George Rodríguez, il vibrafonista-leader.

Joey: Il New Swing Sextet si ispirò a me (ride), perché nel ’67 poche orchestre, sia grandi che piccole, avevano questo formato, mentre in seguito molti altri lo adottarono.

Israel: L’orchestra suonava bene, era coinvolgente; negli anni ’60 e ’70 le orchestre erano mediamente maschiliste, raramente trovavi donne nei cori.

Joey: Esatto.

Joey Pastrana  New York, 6 maggio 1968, in pieno boom del Boogaloo.Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina.
Joey Pastrana New York, 6 maggio 1968, in pieno boom del Boogaloo.Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina.

Israel: Cosa rappresentò il Boogaloo per la sua generazione?

Joey: All’epoca tutti i giovani volevano ballare ed ascoltare soltanto Boogaloo poiché non conoscevano bene i balli del Mambo né del Cha Cha come le persone più adulte. I giovani fecero da catalizzatore per l’ascesa del movimento, non i vecchi che lo malsopportavano e speravano nel suo declino. Anche le orchestre di veterani non amavano suonare brani Boogaloo.

Israel: E’ vero che Lei spinse Johnny Colón a firmare per Cotique?

Joey: Io scrissi un brano a Johnny Colón. Quando uscì il mio primo album molti impazzirono per il Boogaloo. Johnny lo faceva in maniera diversa dalla mia, riscuotendo successo con un solo disco, Boogaloo Blues, dove compose la musica e suonò come pianista e i cui testi furono scritti da Tito Ramos. Il brano che dava il nome anche all’album nacque come Guajira in spagnolo ma George Goldner suggerì di cambiare il testo in inglese e di riarrangiare la musica di conseguenza; il risultato fu un Boogaloo diverso dal solito ma che piacque al pubblico.

Il Boogaloo più ballabile lo compose Pete Rodríguez: I Like It Like That. Ciononostante Pete Rodríguez si allontanò dalla musica perché il suo vero amore era per il Mambo e la Guajira. Il vero compositore era il suo trombettista, Tony Pabón, che ai cori mise sua moglie e i figli di entrambi.

Nella casa di Machito, con Johnny Colón, Joey Pastrana e King Nando.  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Nella casa di Machito, con Johnny Colón, Joey Pastrana e King Nando. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina


Israel: Considera il Boogaloo una musica nera?

Joey: Nacque nel Barrio da neri e portoricani che frequentavano le stesse scuole e strade; i latini apprezzavano più la musica nordamericana e i neri quella latina, così si contaminarono a vicenda.

Israel: E’ vero che José Curbelo bloccò molti ingaggi di serate alle orchestre emergenti di Boogaloo?

Joey: Sì, è vero. Siccome il Boogaloo stava riscuotendo successo i musicisti più anziani erano gelosi poiché la loro fama consolidata iniziava a venire adombrata dal “nuovo”. Capitò pure che Tito Puente pretese di venir menzionato sulle locandine prima dei gruppi Boogaloo (come Joe Cuba, nonostante quest’ultimo avesse cinque brani di successo e lui nessuno); le nuove bande vendevano dischi, quelle affermate non più, tuttavia volevano dominare le serate e iniziarono a sermonare che “il Boogaloo non serviva a niente, non era niente”. La verità è che la gente voleva ballare Boogaloo, e in seguito avrebbe preso a ballare Salsa. Io nei miei album mettevo entrambi i generi.

Israel: E lo Shingaling?

Joey: Era uno stile di ballo, il movimento in coppia era diverso, mentre il Boogaloo si ballava in una direzione lo Shingaling lo si ballava in un’altra, e tutto sulla medesima musica; fu introdotto dai neri americani.

Israel: Lei ricevette un premio nel ’68 dalla rivista Latin New York per le vendite del brano “Riky Chi”, consegnato da George Goldner; cosa può raccontarci in proposito?

Joey: Fu un disco d’oro che mi diedero per i miei 45 giri, formato che d’abitudine veniva sempre lanciato prima dell’album. Ricordo che al Palladium diedero un disco d’oro anche a Pérez Prado delle stesse dimensioni di quello che ricevetti io. Detto premio riguardava i singoli delle mie prime produzioni ossia Riky Chi, Rumbón Melón, La Güira e altri.

Israel: Quante copie vendette del suo primo disco?

Joey: Del primo album non ricordo, del secondo (Joey) in sole due settimane si vendettero quarantamila copia tra New York e Puerto Rico. Al momento, il primo rimane il più venduto e ciononostante io non ho mai ricevuto un centesimo, pensa te come sono certe situazioni.

Israel: Il suo terzo album?

Joey: Il terzo album fu Joey In Puerto Rico.

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Israel: Joey En Carnaval fu il quarto o il quinto?

Joey: Credo il quinto, e lo produssi io perché George Goldner nel frattempo morì e dovetti far tutto da me.

Israel: Questo album viene anche in CD e lo trovo meraviglioso con brani come Joey’s Thing (il mio preferito), Chacaboo, Aguacero, My Girl.

Joey: Lo chiamai “La Cosa Di Joey” perché fu così impegnativo per me comporre e produrre nel contempo che alla fine mi dimenticai il titolo!

Israel: E’ sua la composizione?

Joey: Sì, lo scrissi come lo volevo e lo sentivo, questa è la cosa più importante.

Joey Pastrana alla batteria e suo fratello Willie Pastrana al bongo -  New York 1965  Foto di Joey - Pastrana
Joey Pastrana alla batteria e suo fratello Willie Pastrana al bongo – New York 1965 Foto di Joey – Pastrana

Israel: Suo fratello Willie Pastrana lo accompagna in questo album.

Joey: Sì, fu presente in sei album, poi tornò con Joe Quijano che aveva molti ingaggi all’estero, cosa che desideravo avere anch’io e che si concretizzò all’uscita de El Diferente con Chivirico Dávila poiché tramite la radio riscosse successo anche a Panamá e Venezuela, paesi in cui facemmo una tournée di tre settimane, toccando anche Los Angeles, Florida, St. Thomas Island, Puerto Rico e New York.

Israel: Com’era il Venezuela?

Joey: Interessante, ma non ancora così salsero come lo sarebbe divenuto in seguito poiché all’epoca ascoltavano più orchestre locali che newyorchesi.

Israel: Chi scrisse My Girl?

Joey: E’ mia; tutti i brani cantati in inglese nei miei album sono miei.

L'orchestra Joey Pastrana  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
L’orchestra Joey Pastrana Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Come ingaggiò Carlos Santos?

Joey: Quando Chombo andò a Puerto Rico durante una delle mie numerose tournée, scoprì di amare profondamente l’isola per cui un giorno mi disse: “Io non torno più a New York, resto qui.” Quindi tornai senza cantante a New York e dopo molte ricerche trovai Carlos Santos, molto giovane e di voce acerba ma con il talento dell’improvvisatore. Il primo album che feci con lui credo fosse Joey en Puerto Rico, dopodiché migliorò la sua voce e nella seconda produzione che facemmo assieme progredì tantissimo, basti sentirlo in Chaca Ca Boom.

Israel: Il Chaca Ca Boom è un brano in risposta ai suoi avversari.

Joey: La gente diceva che io non suonavo veramente poiché durante i concerti presso le sale da ballo non mi producevo in assoli né improvvisazioni, ma d’altronde se la gente voleva ballare io non potevo che assecondare lo scopo per cui venivano alle nostre serate. Alcuni ragazzi tra il pubblico mi chiedevano di suonare loro i timbales per sopperire a questa mia “mancanza” e allora glieli prestavo ma solo per la penultima canzone della scaletta.

Riguardo questo brano scrissi “La gente voleva Chaca ca boom, boom”, che sono i colpi dei timbales, e in questo modo zittii i miei critici (ride) e nel contempo ebbi anche un brano di successo.

Israel: Fu un inno in tanti Paesi latinoamericani.

Joey: Mi lusinga e mi emoziona. Dopo la Cotique io feci altri cinque album tra i quali The Godfather (stesso titolo del film Il Padrino, che spopolava in quell’anno).

Ti racconto un aneddoto, Tito Rodríguez era vivo durante la registrazione dell’album e mi chiamò in studio dicendomi che gli avevano raccontato che stavo registrando il brano de Il Padrino, al ché gli dissi di sì e lui m’informò che stava facendo la stessa cosa, così ci facemmo una risata. Tito ha sempre avuto ottimi rapporti con me, e le nostre orchestre alle serate suonavano spesso assieme.

Altra cosa importante, io uscii con la copertina ispirata alla locandina del film e il brano de Il Padrino come traccia 1 del lato A; Tito Rodríguez invece uscì con la sua immagine e il brano lo mise come ultima traccia del lato B. Credo che lo arrangiò insieme a Louie Ramírez.

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Foto di sinistra:Joey ai timbales – foto di destra: Joe Quijano, Joey Pastrana e Joe Cuba.
Foto di Joey Pastrana – cedute a Herencia Latina.

Israel: In quali locali di New York divenne popolare la banda di Joey Pastrana?

Joey: Al club Corso che era un po’ la mia casa poiché ci lavoravo tre volte alla settimana mentre per i restanti giorni lavoravo due volte a Brooklyn e due volte al Tropicana del Bronx, dove si affermò Ricky Ricardo (Desi Arnaz), il personaggio del programma “I Love Lucy”, prodotto da sua moglie Lucille Ball. Ricky Ricardo – nome con cui era noto nel programma – oltre al Tropicana suonava anche al club La Conga di Manhattan. Il Tropicana del Bronx aveva le stesse scenografie del suo programma e divenne popolare come lo fu il Palladium.

Israel: Desi Arnaz interpretò Babalú di Miguelito Valdés e El Cumbanchero di Rafael Hernández, cercando di mischiare il ritmo di Machito con la melodia di André Kostelanetz.

Joey: Imitava Miguelito Valdés, del quale io ero amico da quando lo incontrai a Puerto Rico, dove mi riconobbe prima che io riconoscessi lui; ci trovavamo in fila al Sindacato e ci presentammo l’un l’altro, dopodiché andammo a mangiare ad un ristorante cubano dove incontrammo Johnny Pacheco, Bobby Valentín e Vicentino Valdés e capitò una scena comica poiché Miguelito iniziò a scavare nel riso ed esclamò: “Ma dove sono i fagioli?”, cosa che ci fece ridere tutti per cinque minuti dato che il suo modo di parlare era sempre “cantato”. Fummo amici per i quattro anni successivi, finché morì. A volte mio fratello Willie lo chiamava scherzosamente Ricky Ricardo e lui rispondeva stizzito “Io sono Miguelito Valdés, l’originale, non la copia!” (Joey ride).

Israel: Ti piacevano i ritmi cubani?

Joey: In famiglia abbiam sempre ascoltato i ritmi cubani, mio padre adorava per esempio Sonora Matancera, Pérez Prado – prima di passare dalla musica latina a quella americana – Casino De La Playa, Riverside ed altri.

Israel: Quindi ascoltavi molta Guaracha, Mambo, Cha Cha Chá e Charanga?

Joey: La Charanga era della mia epoca, ‘66/’67 quando tutti si misero a ballarla a New York e nella quale Pacheco, grande amico mio, si inserì approfittando dell’onda. Pacheco amava la mia musica ma non gradiva il Boogaloo, insisteva affinché firmassi per la sua Fania Records ma io gli rispondevo che loro erano troppo in dissintonia con questo genere. Io, del resto, suonavo anche Salsa per non restare a terra qualora il genere fosse tramontato, cosa che altre bande, specializzate e bravissime nel Boogaloo, non fecero, così scomparvero appena arrivò la Salsa; alcune si dimostrarono proprio incapaci di “stare in clave”, così dopo magari un solo disco scomparvero per sempre.

Israel: Ne ricorda alcune?

Joey: No, ma ricordo che erano tante.

Los "Chicos" del Boogaloo: Joe Bataan, Joey Pastrana e Tito Ramos. A casa di Joe Bataan, preparando una cena.  Foto di Joey Pastrana.
Los “Chicos” del Boogaloo: Joe Bataan, Joey Pastrana e Tito Ramos. A casa di Joe Bataan, preparando una cena. Foto di Joey Pastrana.

Israel: Lei è amico di Joe Bataan?

Joey: Certo, era uno di coloro che non suonavano molta musica latina, faceva musica americana e alla fine concludeva con una Cha Cha Chá; insieme facemmo molte serate, lui aveva la sua hit Gipsy Woman. Johnny Colon fece tre album, il primo di successo, i seguenti a scendere, poi si ritirò dalle scene per dedicarsi all’insegnamento della musica ai giovani.

Israel: Johnny affermò che molti impresari che gestivano le bande di Mambo, tra i quali José Curbelo e Ralph Mercado, boicottarono quelle di Boogaloo non offrendogli serate, montando una vera e propria cospirazione contro il genere musicale.

Joey: Sì, confermo, ma io non ne caddi vittima poiché suonavo anche Salsa; aggiungo che quando il Boogaloo iniziò a scemare, chi gli diede la botta finale fu la Fania Records.

Jam Session  da sininistra: Johnny Pacheco, Tito Puente, Machito. Joe Quijano e Joey Pastrana.  New York 1970  Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina.
Jam Session da sininistra: Johnny Pacheco, Tito Puente, Machito. Joe Quijano e Joey Pastrana. New York 1970 Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina.

Israel: Chiarissimo. Quindi perché non firmò mai per la Fania?

Joey: Perché la Fania con tutti i miei dinieghi mi divenne ostile, e ridevo su queste loro continue profferte.

Israel: Quindi non volle unirsi a loro?

Joey: No, perché c’erano troppi spocchiosi là dentro, così firmai con la discografica argentina Parnaso che aveva iniziato ad ampliare i propri interessi nella Salsa e composi per loro A Comer e El Padrino. Pure mio fratello Willie incise due album con loro.

Israel: E, dato che da Fania si era autoescluso, Parnaso Records le procurò serate a New York?

Joey: No, io seguitai a lavorare per conto mio e la cosa non mi danneggiò molto perché in radio trasmettevano i miei dischi, come per esempio Malambo che si vendette a New York e a Puerto Rico; tuttavia Jerry Masucci, il proprietario della Fania Records, si comportava scorrettamente perché dissuadeva i Dj radiofonici dal programmare certe orchestre: il Dj Polito Vega era un mio vicino di casa e gli davo io i miei dischi direttamente, al ché lui mi rispondeva “Guarda, io te li programmo ma questa gente potrebbe crearmi problemi perché mi tengono sott’occhio per danneggiarmi.” Ciononostante mi programmò The Godfather e un altro paio di pezzi.

Israel: Nessuno denunciò la Fania per queste pratiche?

Joey: Macché, la Fania si comprava tutti e tutti stavano zitti; per esempio, la Parnaso Records chiamava direttamente i Dj per protestare ma loro rispondevano che avevano già un sacco di musica e “non potevano certo metter tutto”: il risultato fu che la mia musica si diffuse di più in Venezuela, Argentina, Panama e Colombia che a New York.

Israel: Come venne in contatto con Ricardo Ray?

Joey: Stavo registrando un album economico per la Fonseca Records nello stesso periodo in cui stavano registrando Ricardo Ray, Bobby Cruz e Chivirico Dávila, quest’ultimo nel ruolo di lead vocalist perché per quei particolari brani Bobby Cruz non era ancora adatto (lo divenne poco dopo quell’esperienza); facemmo assieme le copertine dei nostri dischi e da allora restammo buoni amici.

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L'album The Real Thing -  El Verdadero, con Chivirico Dávila.  Cortesia di David Cantrel.
L’album The Real Thing – El Verdadero, con Chivirico Dávila. Cortesia di David Cantrel.

Israel: Maestro, Herencia Latina pubblicò un’intervista al magnifico Chivirico Dávila in Cali, Colombia, dove affermò “Con Joey Pastrana io conobbi la gloria”: come ingaggiò Chivirico per il suo album The Real Thing – El Verdadero?

Joey: Lo conobbi quando lavorava per Ricardo Ray, poi cessò la collaborazione e andò a Chicago dove ebbe un serio alterco con suo figlio, della cui moglie si innamorò e con la quale scappò; il figlio lo cercava dappertutto per ammazzarlo quindi Chivirico decise di tornare a New York per sfuggirgli.

Una sera stavo lavorando al club Corso e pernottammo in una casa lì vicino che utilizzavamo per riposarci, allorché arrivò Chivirico, ci spiegò molto scosso la sua vicenda e ci disse che alloggiava lì vicino in un hotel; sotto il cappotto vestiva una camicia e sotto ancora un pigiama (Joey ride).

Gli offrii tre settimane di lavoro in studio per il mio imminente album da registrare; sulle prime rifiutò adducendo problemi di voce ma alla fine accettò perché necessitava denaro; registrammo così Pastrana Llegó (me lo cantò esattamente come volevo io, soprattutto nella splendida intro), poi The Real Thing e Campana: quest’ultimo brano era dedicato alla segretaria Juana del Dj Simphony Sid, eccellente persona di origini latine e giamaicane, brano finalizzato ad essere usato come sigla del suo programma radio. Tuttavia Tito Puente aveva già composto un Mambo per quel programma (Joey inizia a cantarlo) ma dopo la prima mezzora Sid metteva anche la mia, che era più afroide.

The Real Thing fu uno degli ultimi che feci con Cotique Records, l’ultimo fu Joey En Carnaval; quando morì il proprietario George Goldner gli eredi vollero vendere la discografica alla Fania Records e io dissi loro : “Con Fania non voglio lavorare.”

Israel: “Maestro, Lei ingaggiò Chivirico solo per l’album The Real Thing – El Verdadero per poi intraprendere ognuno le proprie strade?

Joey: Be’, Chivirico non era più in grado di cantare, quando lo portavo alle mie serate gli andava via la voce al primo set, e alla ripresa non cantava più; lui stesso mi confessò che non era in grado di cantar più di due brani, così me lo portai a Puerto Rico (dove quasi mi morì) insieme anche ad Héctor Lavoe…

Israel: Ossia che anche Lei invitò Héctor Lavoe nella sua banda?

Joey: Sì, Willie Colón lo aveva scaricato. Héctor Lavoe lo conoscevo prima che lui si unisse a Willie Colón, ed entrambi li conobbi alla spiaggia di Orchard nel Bronx dove suonavano, uno il trombone, l’altro cantando e suonando maracas. Mi divertivo con loro, all’epoca erano molto giovani.

Quando Willie Colón lo lasciò io gli chiesi: “Sarà dura per te adesso?” Ma lui tranquillo rispose: “No, ho un contratto con Fania Records per cui Willie non può incidere senza me né io senza la sua banda” per cui gli proposi di accompagnarmi a Puerto Rico spiegandogli che Chivirico non poteva sostenere una serata intera, accettando di fare il corista ed intervenendo all’occorrenza come lead vocalist (conosceva tutti i miei brani storici).

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Israel: Héctor Lavoe faceva sia il corista che il lead vocalist?

Joey: Sì, entrambe le cose, ma quando lo venne a sapere la Fania, fecero le loro rimostranze e quell’esperienza fu interrotta. Come corista, partecipò ai miei due album A Comer e The Godfather.

Israel: A cosa s’ispirò Lei nel comporre Malambo?

Joey: Malambo fu scritta per i timbales (Joey intona il ritornello: “Me gusta los timbales pa’ gozar bembé”).

Israel: Il brano fu un successo a Puerto Rico e molti paesi latinoamericani, a tutt’oggi si può dire che è un classico della Salsa.

Joey: Sì, piacque molto a Puerto Rico, io lo composi per i miei antenati, le mie origini. Un altro classico della mia produzione è Riki Chi che ricordo sempre al mio pubblico cantando “Riki Chi, Oh No, No”.

Israel: All’epoca del Boogaloo quali bande le piacevano?

Joey: Mi piacevano Joe Cuba, Tony Pabón, Ricardo Ray, conobbi l’indio Cherokee, Doc Cheatam quando suonava al Metropol con Gene Krupa, poi Ralfy Pagán che era un cantante interessante ma più orientato verso la musica nordamericana.

Israel: Lei conobbe King Nando?

Joey: Caspita se lo conobbi! Viveva tra la 109a e la 110a strada dove suonava la chitarra e cantava. Fece un disco di successo a New York, “Fortuna”, che era romantico, come molti che uscirono in quell’epoca.

Israel: Perché la sua orchestra esce di scena a fine anni ottanta?

Joey: Pensa che nel ’93 organizzarono una celebrazione in cui mi diedero un premio alla carriera, in pratica mi consacrarono come leggenda della musica latina; lo stesso fecero con Jimmy Sabater, Willie Torres e altri: Marilyn Winters, un’ebrea americana, ex ballerina di Tito Rodríguez che non abbandonò mai l’ambiente latino, ideò l’evento e ci consegnò lei stessa i trofei.

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Jimmy Sabater, Joey Pastrana, Marlyn Winters e Willie Torres durante la consegna dei premi. New York, 8 gennaio 1993. Foto di Joey Pastrana.
Jimmy Sabater, Joey Pastrana, Marlyn Winters e Willie Torres durante la consegna dei premi. New York, 8 gennaio 1993. Foto di Joey Pastrana.

Israel: Lei si allontanò dall’ambiente poco dopo questa premiazione?

Joey: No, a Pasqua ’98 suonai all’Hotel Condado Plaza a San Juan, Puerto Rico, e sporadicamente a New York.

Di fatto ne avevo un po’ abbastanza dell’ambiente, necessitavo una pausa, ero stanco di suonare; oltretutto il clima di New York non fece bene alla mia salute e mi trasferii in Florida: tuttavia ho delle canzoni pronte per una piccola banda qui in Florida e, sebbene non voglia esibirmi dal vivo, ho intenzione di incidere con loro.

Israel: Quando arrivò la Salsa Romantica Lei si tenne lontano da questa onda?

Joey: La Salsa Romantica ha le sue cose buone, ma non è il mio stile, io suono duro, mi piace che la gente avverta questo mio timbro; ha prodotto alcune cose belle, ma non mi inserii mai in quel circuito.

Israel: Quando si trasferì definitivamente in Florida?

Joey: nel 2004, a seguito dell’asma che contrassi nell’esercizio della mia attività di manutentore parchi, respirando il pulviscolo espulso dal tagliaerba; per sei mesi rimasi a letto con la polmonite; mi ritirai e seguii il consiglio di trasferirmi in uno stato con un clima più adatto per chi ha queste insufficienze respiratorie.

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Nella casa di Joey Pastrana.
Nella casa di Joey Pastrana.

Israel: Le piace vivere qui in Florida?

Joey, Sì, il posto è bello e il clima di Fort Myers è simile a quello di Puerto Rico con una media di 21° centigradi; faccio esercizio fisico, compongo musica, scrivo testi, non bevo e non fumo.

Israel: Qual è l’album che le ha fruttato di più economicamente?

Joey: Joey En Carnavale che ha molti brani perfetti, anche se non so esprimere un ordine di preferenza, mi piaccion tutti.

Israel: Come si comportò la Cotique Records sia a livello di compensi che di libertà creativa?

Joey: Economicamente molto male perché a parte il compenso fisso stabilito per l’incisione non ho mai ricevuto alcuna royalty e sto cercando un legale per riappropriarmi di ciò che mi spetta, dato che le mie opere son state riprodotte e rivendute senza che io venissi minimamente coinvolto nei ricavi: stanno lucrando sulle mie opere d’ingegno, è una chiara violazione dei diritti d’autore.

Israel: In una intervista pubblicata su Herencia Latina i New Swing Sextet si lamentarono della stessa cosa, dischi riprodotti da altri ma senza nessun compenso per loro, uno scandalo in considerazione della ricchezza artistica prodotta da tutta una generazione di musicisti.

Joey: In molte parti del mondo vendono tuttora i miei dischi, per esempio in Venezuela, Colombia, New York, Spagna, Inghilterra, Puerto Rico, Panama ed altri, mentre io non ricevo nulla; anche altre bande furono ingannate come i Lebrón Brothers, Johnny Colón, New Swing Sextet e molti altri, mentre i proprietari della Cotique Records si arricchirono con le nostre produzioni: eppure anche noi musicisti invecchiamo e necessitiamo crearci una base economica per vivere quest’ultima tappa della nostra vita felicemente e dignitosamente.

Israel: Joe Quijano mi ha detto che Lei ha raccolto i suoi successi in un CD per metterli in vendita, può darci i dettagli di questa operazione?

Joey: Sì, ho stampato un CD autoprodotto quindi con i costi a mio carico, comprendente brani tutti composti da me, affinché nessun possa reclamarli come suoi, e son tutti registrati alla Società degli Autori; ora cerco un impresario che voglia occuparsi del lancio di questo CD in maniera che possa generare profitti.

Israel: Maestro, Lei è in buoni rapporti con Joe Quijano?

Joey: E’ un fratello per me, lo conosco da quando arrivai nel Bronx…

Israel: Le vostre orchestre suonarono mai assieme nelle stesse serate?

Joey: Sì, diverse volte, come al Bronx Casino (che ora è una chiesa), dove si esibirono bande come quelle di Tito Puente, Tito Rodríguez, la mia, quella di Joe Quijano, Eddie e Charlie Palmieri e Johnny El Bravo López.

Israel: Ha nuovi progetti, nuove sue composizioni da incidere?

Joey: Sì, penso di metter su una banda qui e di rimettermi a suonare.


Israel: Come arrivò al suono forte e crudo che caratterizzò la sua come molte altre bande newyorchesi della seconda metà anni ’60?

Joey: Di fatto all’epoca la gente voleva ballare, e per far sì che ciò accadesse bisognava suonare forte e duro; nel Barrio, se non avevi questa caratteristica, eran problemi per la banda, generava un passaparola negativo, per cui ognuno sentiva la necessità di suonare col diavolo addosso (ride): andar sul palco e non riuscire a far ballare la gente poteva rivelarsi fatale per la banda.

Israel: In quali relazioni è con Ismael Miranda?

Joey: Prima di lasciare New York per la Florida lo chiamai e mi disse che stava bene ed era ingrassato, cosa poco immaginabile per quel “magrolino” che possiamo ricordarci nella foto del nostro primo album; mi raccontò che adesso ha la faccia grande come un pallone!

Israel: Ha più cantato per Lei?

Joey: No, dopo il mio primo album, mai più perché andò con Larry Harlow; io non avevo molte serate e lui aveva il problema di sfuggire alla chiamata di leva per il Vietnam, cosa che gli riuscì lavorando molto per Larry Harlow: gli dissi “Non ti preoccupare, io ingaggerò Chombo in tua sostituzione”.

José “Chombo” Rodríguez e Joey Pastrana in San Juan, Puerto Rico.  Foto di Joey Pastrana.
José “Chombo” Rodríguez e Joey Pastrana in San Juan, Puerto Rico. Foto di Joey Pastrana.

Israel: José “Chombo” Rodríguez vive sempre a Puerto Rico?

Joey: No, Joe Quijano mi ha detto che è scomparso, sembra per un attacco cardiaco, lo apprese dalla radio; era un bravo ragazzo, anche se talvolta faceva il matto.

Israel: Sa qualcosa dell’altro suo cantante, Carlos Santos?

Joey: Lui si trasferì ad Orlando, a quattro ore da qui.

Israel: Siete in contatto?

Joey: Sì, mi chiama sempre quando passa da queste parti; dovrei avere il suo numero da qualche parte ma non credo che conosca il mio nuovo numero dato che ho traslocato di recente. Certamente mio fratello minore ha il suo numero.

Israel: Chi, Willie Pastrana?

Joey: No, Tony, il più piccolo di noi tre.

Israel: E Willie che fa adesso?

Joey: Vive a New York e lavora per il municipio; al momento sta preparando un CD per la sua orchestra attuale, intende lanciarlo nel 2006.

Israel: Quanti figli ha Lei?

Joey: Una figlia e un figlio.

Israel: Lei è nonno?

Joey: Caspita, sì, ho una nipote di 14 anni.

Israel: I suoi figli amano la musica?

Joey: No, non mi sono usciti musicisti! Miguel suona un po’ la conga ma non a livello da musicista.

Israel: Lei vive con sua moglie?

Joey: No, divorziai circa cinque anni fa quando mi ammalai, vivo qui da solo e ho un po’ di amiche che mi vengono a trovare (ride) ma ci sto attento, perché a portarle a cena son spese (ride).

Israel: La sua ex moglie è cantante?

Joey: No, mi aiutava nella parte grafica e nelle note degli album, si chiama Dana Torres.

Israel: E’ portoricana?

Joey: No, ebrea americana

Israel: Se le dovessero chiedere di radunare la banda di Joey Pastrana, quali integranti sceglierebbe?

Joey: Adesso?

Israel: Sì.

Joey: E come potrei farlo, se nemmeno so dove vivono i miei ex colleghi?

Israel: E allora, proviamo ad immaginarla.

Joey: Ok, me la immagino con Tito Rodríguez come lead vocalist, Mongo Santamaria alle congas, Chiky Pérez (ex integrante della banda di Tito Puente e che lavorò nel mio primo album) al bongó, Puchy (altro mio ex integrante), Angel Rodríguez e Larry Spencer alle trombe, Jack Hitchcok e Barry Rogers ai tromboni infine Bobby Rodríguez (altro ex integrante di Tito Puente) al basso.

Israel: Quali sono le sue bande preferite?

Joey: Machito, Tito Rodríguez, Tito Puente (amavo le big bands, ma durante la mia epoca non c’era lavoro per questo formato orchestrale), Pérez Prado, Charlie ed Eddie Palmieri, Ricardo Ray, Joe Quijano y su Orquesta Cachana e Joe Cuba.

Israel: E tra le orchestre cubane?

Joey: Chapotín, Orquesta Casino de la Playa, Aragón, Fajardo y sus Estrellas (con cui spesso condividevo le serate), Lou Pérez… Mi piace Patato Valdés.

Ti racconto un aneddoto su Patato, stavo suonando congas nel Bronx e gli dico “Son già le 18, devo andare perché domani sera parto per la California” e lui col suo gergo (Joey lo imita) “Va bene, ci vediamo”; il giorno dopo arriviamo al locale e iniziamo a suonare quando all’improvviso entra Patato Valdés e gli chiedo sorpreso “Che ci fai qui?” e lui “Io te l’ho detto che sarei venuto qui, sei tu che non hai capito!”: due giorni dopo me lo rivedo in un locale in Florida e … terminammo la tournée incontrandoci anche a Puerto Rico!

Ismael Rivera, Joey Pastrana, Kako, Rafael Cortijo, Santos Colón e Camilo Azuquita. Foto di Joey Pastrana ceduta a Herencia Latina.
Ismael Rivera, Joey Pastrana, Kako, Rafael Cortijo, Santos Colón e Camilo Azuquita. Foto di Joey Pastrana ceduta a Herencia Latina.

Israel: E tra le orchestre portoricane?

Joey: Cortijo e Ismael Rivera, ho una foto insieme a loro due e Kako, Santos Colón e Azuquita: te la cedo.

Sapevi che avevo scritto due brani a Cortijo? Aguacero e Oriza. Tra le tante volte che viaggiai a Puerto Rico mi capitò di incontrare Cortijo senza Ismael per cui gli chiesi dove fosse, e lui mi rispose che si era nascosto a Panama (era ricercato dalla polizia); recandomi a Panama per la tournée ho chiesto di lui a un nostro fan che ci condusse a un vecchio hotel dove una vecchietta si staccò un attimo dai fornelli per andarmelo a chiamare: Ismael mi abbracciò fortissimo, mi disse che stava bene e parlammo fino a notte inoltrata.

Quando tornai a Puerto Rico riferii l’episodio a Cortijo e i dettagli del suo indirizzo; quando Ismael risolse i suoi problemi con la legge me lo ritrovo nel Bronx con la sua banda offrendomi di presenziare alla sua registrazione, dopodiché chiacchierammo cinque ore: lui mi chiamava “Pastranita”.

Israel: Pastrana è un nome portoricano?

Joey: No, siamo in pochi ad averlo lì.

Israel: Penso sia più sudamericano, per esempio in Colombia elessero due presidenti con quel nome…. Stranamente erano padre e figlio (ridono)!

Joey: A Cuba ci son molti Pastrana, mi dissero che ha origini spagnole ed arrivò a Puerto Rico passando da Cuba; un’altra cosa che mi raccontarono fu che fosse relazionato con la Casa Reale Spagnola, nello specifico i loro cuochi si chiamavano così: non saprei, a mio padre e a molti miei zii comunque piace cucinare, e a Puerto Rico c’è un ristorante con quel nome, credo a Santurce..

Israel: Dei paesi in cui ha vissuto quale le è piaciuto di più?

Joey: Puerto Rico, perché la gente ama ballare e perché è la mia isola, ma mi è piaciuto anche il Panama e mi sorprese pure l’isola di Saint Thomas perché nonostante la sua popolazione fosse di discendenza inglese o africana, apprezzavano la musica latina.

Israel: Joey, a St. Thomas (British Virgin Islands) si stabilirono molti portoricani dell’isola di Vieques e si ascolta molto la radio portoricana.

Joey: Sì, me lo avevan detto in occasione dei miei tre concerti nell’isola.

Israel: Ha saputo che la sua musica si sta ascoltando in Francia, Inghilterra, Italia e Spagna?

Joey: Sì, la cosa mi ha sorpreso e ribadisco che non ricevo un centesimo da queste vendite (ride), dovrebbero pagarmi un tot sulle vendite e sui passaggi in radio, ma ciò succede solo con la BMI con cui mi associai fin dalla mia prima incisione e che tuttora mi manda un resoconto trimestrale sui miei compensi riguardanti il Giappone, la Spagna, l’Argentina e altri paesi.

Israel: Lei vive solo con la pensione?

Joey: Esatto.

Israel: Le due coriste quando smisero di cantare?

Joey: Quando cessò la collaborazione con Cotique Records; non fu facile continuare con la musica latina così si diedero al Rock.

In casa di Machito: Joey Pastrana, Machito e Joe Quijano. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
In casa di Machito: Joey Pastrana, Machito e Joe Quijano. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina
Mario Bauzá, Joey Pastrana, Tito Puente e Graciela. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Mario Bauzá, Joey Pastrana, Tito Puente e Graciela. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

Israel: Ci racconti del Boogaloo che compose per Machito.

Joey: Con Machito era diverso, perché quando la sua discografica non gli rinnovò il contratto rimase senza lavoro, così George Goldner della Cotique Records decise di ingaggiarlo a patto che io mi inventassi un Boogaloo per lui, cosa che non aveva mai avuto nel suo repertorio.

Andai a casa, ci pensai molto fino a ricordarmi che avevo già un brano fatto, ed era adatto a Machito, così andai da Mario Bauzá e gli diedi Ahora Sí, per dargli un’idea di come fosse un Boogaloo.

Ne scrissi uno anche per Graciela, ma con arie più da Mambo; Mario Bauzá disse a Machito “Facciamolo, dai, dai!” e il giorno stesso li aveva arrangiati entrambi; m’invito a tornare l’indomani per sentirli suonati, cosa che mi meravigliò per la velocità.

Il giorno dopo, alle prove, Bauzá mi sorprese per il lavoro fatto e Machito e Graciela mi misero come arrangiatore nei crediti della canzone; i brani furono lanciati e divennero subito dei successi in tutta New York, causandomi anche qualche problema con Tito Puente che non gradiva che uno della sua generazione se ne uscisse con un Boogaloo: di fatto, poi, non erano ritmicamente dei Boogaloo bensì della Guarachas col cantato allo stile Boogaloo.

Un giorno incontrai il figlio di Machito dicendomi che mi “odiava”, e quando gli chiesi il perché rispose “Il Boogaloo che hai scritto per mio padre me lo chiedono in tutto il mondo, Ahora Sí!”

Ho incluso anche questo brano nella raccolta dei miei successi.

Joey Pastrana e Tina Roppe. A Fort Myers, Florida. Foto di Joey Pastrana
Joey Pastrana e Tina Roppe. A Fort Myers, Florida. Foto di Joey Pastrana
Joey Pastrana a casa sua.
Joey Pastrana a casa sua.

Israel: Maestro, chi la spinse a stampare questo CD?

Joey: Tina Roppe, una gran donna che mi ha aiutato molto qui a Fort Myers.

Israel: Grazie Maestro.

Al Cotton Club di New York: Joey Pastrana con il Maestro Machito. Foto di Joey Pastrana - ceduta a Herencia Latina
Al Cotton Club di New York: Joey Pastrana con il Maestro Machito. Foto di Joey Pastrana – ceduta a Herencia Latina

VIVA PASTRANA!
Intervista di Israel Sánchez-Coll a Joey Pastrana (Maggio 2006) per
www.herencialatina.com

Israel Sánchez-Coll Fort Myers, Florida, Dicembre 2006

Differenze tra son montuno, guajira e cha cha cha.

di Tommy Salsero

Questo articolo nasce a seguito di una domanda che mi era stata fatta nel nostro forum, cioè che differenza ci fosse fra Son Montuno, Guajira e Cha Cha Cha.

L’argomento è molto interessante e ci sarebbero molte cose da dire in proposito; ai generi citati io aggiungerei anche il Boogaloo le cui radici affondano appunto sia nella Guajira che nel Cha Cha Cha.

Abbiamo inanzitutto due rami differenti, uno che parte dal Danzon ed arriva al Cha Cha Cha, l’altro che parte dal Son e dalla “Cancion Guajira” e che arriva alla Guajira son.
Il Cha Cha Cha è una musica e un ballo da sala che risente delle influenze classiche delle orchestre Charangas con violini e flauti e ancor più sia del Danzon che del successivo Mambo, tanto che negli anni ’50 a New York il passo del Cha Cha Cha era anche chiamato “triple mambo”.

Il nome del ritmo utilizzato da Enrique Jorrin per la Engañadora sulla partitura era “Mambo Cha Cha Cha” come appare nel dizionario della musica cubana di Helio Orovio.

Questo per chiarire quanto deve a questo ritmo.

Molti sanno che il Cha Cha Cha fu un’ “invenzione” per semplificare il Mambo e renderlo quindi più ballabile.
Cercando di descrivere in modo semplice per farmi capire da tutti le caratteristiche predominanti e che comunque possono essere riconosciute facilmente a orecchio sono:

  • I caratteristici tre colpi che marcano i tempi 4, 4 e mezzo e l’uno.
  • Il piano, che marca gli accenti in levare con la mano sinistra e quelli in battere con la destra.
  • Il Guiro che marca ripetutamente Cha Cha Cha, Cha Cha Cha.
  • La campana più piccola, montata sul Timbal, che marca il ritmo.
  • Le armonie utilizzate sono quasi sempre maggiori per dare un’ aria allegra, caratteristica di quasi tutti i Cha Cha Cha.

Tito Puente ha sviluppato in maniera creativa questo genere soprattutto conferendogli una dignità anche dal punto di vista armonico, di solito invece quasi assente se non molto limitato.

Il Cha Cha Cha è un ritmo nato esclusivamente per le sale da ballo.

Video Cha Cha Cha di Tito Puente:

La Guajira è invece la musica dei campesiños cubani; “Guajiro” infatti significa contadino o fattore e corrisponde
proprio alla musica suonata con chitarra, tres, tiple, guiro e clave nei momenti di riposo dal lavoro dei campi.

Per sintetizzare un po’ il discorso il genere si basa su canti che parlano della vita nelle campagne, con testi poetici dedicati alla natura e alle donne.

Le armonie sono malinconiche; si utilizza spessissimo la tonalità in minore per la prima parte, seguita dalla seconda in tonalità maggiore, anche se tante sono le canzoni esclusivamente in minore per acuire il senso bucolico della stessa, ma anche per raccontare la vita triste dei barrios di New York alla Joe Bataan, per intenderci.

L’aria triste e malinconica è sempre presente oltre alla velocità del brano spesso molto limitata.

Caratteristica tecnica per riconoscerla è un’ “anacrusi” introduttivo del brano, di solito arpeggiato alla chitarra oppure in tempi moderni al piano e che viene ripetuto spessissimo nella durata del brano musicale.

Ovviamente siamo sempre nel campo delle singole scelte dell’autore o dell’arrangiatore, ma di solito questo arpeggio “ostinato” armonico e ritmico è spesso la chiave di volta per riconoscere la Guajira.

GUAJIRA introduzione (comincia a metà del video):

Da un punto di vista storico riprendo alcuni informazioni dal libro “Diccionario della musica cubana” di Helio Orovio: “la Guajira viene situata come la “Criolla” nell’ambito del genere “Cancion” cubana.

Utilizza strofe sul modello della Decima Andalusa, si alterna nella chitarra il ritmo di 3/4 a quello di 6/8.

La prima parte in tonalità minore e la seconda in maggiore e si conclude con il 5° grado della scala (accordo di dominante) nella quale è composta.

Con il tempo il successo del Son ha fatto sì che anche questo genere ne fosse influenzato: nasce così la Guajira Son che si differenzia proprio per la ritmica del Son, senza perdere di vista i punti cruciali della Guajira come l’arpeggio introduttivo, i testi, le armonie utilizzate, ecc.

La Guajira Son è quella che noi ascoltiamo in alcuni dischi degli anni ’60 e ’70 assieme al Cha Cha Cha, al Bolero alternati alla Salsa.
Guantanamera è la Guajira Son più famosa del mondo.

GUANTANAMERA FANIA: notare l’introduzione della Guajira suonata dal piano e poi successivamente dal violino pizzicato del grande violinista cubano Pupi Legarreta.

A metà del brano si sovrappone un ritmo Afro in 6/8…magie della poliritmia!

La Guajira Son di nascita cubana e di origine contadina si è trasformata a New York negli anni ’60 e ’70 in un genere sempre malinconico ma di carattere urbano, grazie all’uso di arrangiamenti prelevati da Soul, Blues e Jazz.

Celebre il bellissimo brano “El Raton” di Cheo Feliciano una “Guajira Blues”…

 

GUAJIRA BLUES:

…ovvero un Guajira Son con armonie e arrangiamenti del Blues!
Celebre l’assolo di chitarra elettrica di Jorge Santana, fratello del più famoso Carlos.
Abbiamo poi altri due generi che voglio approfondire, il Son Montuno ed il Latin Boogaloo:
Il primo è una delle più importanti varianti del Son.
Il tipico esempio di Son Montuno con l’intro della campana che marca tutti i tempi.

SON MONTUNO
Ray Barretto: Ay no

Ci sono differenti modi di interpretare il Son Montuno, ma quello che più diffusione ha avuto nella Salsa degli anni ’60 e ’70 è quello di Arsenio Rodriguez con il formato orchestrale “Conjunto”.

Caratteristica che può aiutare nel riconoscerlo è la campana “Bongò” che marca tutti e 4 i tempi all’inizio del brano, come nel video che ho postato. Dopo l’intro con la campana, bisogna ascoltare il Tumbao o Marcha delle Congas o Tumbadoras, però sicuramente la campana è la cosa più semplice per riconoscerla a orecchio.

Nel Son Montuno inoltre c’è la parte del tema iniziale a cui segue il “Montuno” con la caratteristica
chiamata e risposta tra voce solista e coro. Altro modo per riconoscere questi generi può essere la velocità:
La “Gujira Son” è la più lenta,  poi viene il “Cha Cha Cha” e poi il “Son Montuno” che è il più rapido dei tre.

Quello che fa scambiare di solito il Son Montuno con il Cha Cha Cha è il “Guiro”, che ha un pattern simile ed in alcuni casi i musicisti utilizzano lo stesso pattern.
Anche la campana “ki tòn tiki tòn tiki tòn tiki tòn” può ricordare il suono onomatopeico cha cha cha, ed è secondo me la causa principale della confusione nei ballerini.

Quando il brano ti sembra troppo veloce per essere ballato a Cha Cha Cha, quasi sempre è un Son Montuno…

Per finire il BOOGALOO.
Il Boogaloo è invece un mix tra Soul, Rhythm and Blues e ritmi Cubani come Cha Cha Cha, Guajira Son o Son Montuno.
Questo genere si può creare mescolando al Rhythm and Blues e al Soul una delle tre ritmiche sopra citate.
In questo caso, nel brano di Ray Barretto, si sente chiaramente il giro armonico ritmico della Guajira, per cui si tratta di un Boogaloo a base di Guajira Son con R&B e Soul.

Boogaloo con Guajira
Ray Barretto: Boogaloo con Soul

Pete Rodriguez invece preferiva usare la Guajira Son invece del Cha Cha Cha per il suo Boogaloo, altri preferivano utilizzare il Son Montuno (pochi) e molti il Cha Cha Cha.

Ovviamente erano mescolati al R&B e al Soul da cui lo schioccare delle dita sul due.
Negli anni ’70 si utilizzava invece mescolare Funk con Mozambique tanto da generare un altro nuovo filone musicale, il Latin Funk.

Latin Funk
Joe Bataan:Latin strut

LaSalsaVive en Vivo: sabato 29 ottobre 2011 – Don Chisciotte

LaSalsaVive en Vivo

LaSalsaVive presenta una nuova serie di eventi, un modo di vivere intensamente la nostra amata salsa classica: LASALSAVIVE EN VIVO! Dopo il grande successo dell’ottava edizione del compleanno LaSalsaViveabbiamo pensato di organizzare un nuovo evento al Don Chisciotte di Galliera (BO), questa volta con una formula diversa e che speriamo sarà apprezzata da tutti coloro che amano la salsa classica e la buona musica.

L'orchestra Charanga Moderna
L'orchestra Charanga Moderna

SABATO 29 OTTOBRE AL DON CHISCIOTTE. Dopo tanti anni passati a far conoscere orchestre, cantanti, autori e arrangiatori con il nostro portale, il forum, la web tv e la webradio, abbiamo pensato di offrirvi una serata come quelle che si vivono abitualmente a New York, Puerto Rico, Cuba, o più in generale in America Latina, una serata con un’orchestra che suonerà completamente dal vivo tutti i grandi successi dagli anni ’40 agli anni ’70! La storia della salsa dal vivo! L’orchestra cambierà formazione e strumenti a seconda del formato orchestrale o genere passando dal Son, al Son Montuno, al Bolero, al Cha Cha Cha, al Mambo, alla Pachanga, alla Guaracha Mambo, al Son Guaguancò ed ai vari stili di salsa nati nel corso degli anni. Inoltre il tutto sarà calibrato per farvi ballare fino allo sfinimento! La serata sarà divisa in due parti con l’orchestra che si alternerà alla musica del dj. Il tutto sarà interattivo con i ballerini che vorranno aderire e partecipare a questa fantastica occasione di musica dal vivo esattamente come accadeva negli anni d’oro del Palladium. Tutte le scuole che vogliono partecipare possono contattarci inviando un messaggio o al cell:(Max 393.6048806) o (Tommy 392.1047764). In pre-serata ci sarà uno stage sulla differenza dei vari ritmi spiegata da tutti e dieci i componenti dell’orchestra che vi faranno vedere le parti musicali che ognuno di loro suona con il proprio strumento. Vogliamo ringraziare i gestori del locale Andrea e Samuele per aver creduto in questa nuova formula e permesso così di avere un’intera orchestra. Ora tocca a tutti voi ballerini o appassionati di musica sostenere questo nuovo progetto partecipando a questa magica serata; da parte nostra vi assicuriamo che faremo di tutto per farvi divertire e soprattutto ballare e sudare! PROGRAMMA: ORE 21,00: CENA CON PIZZA. Per prenotare clicca qui o telefona al 392.1047764 (TOMMY) o al 393.6048806 (MAX). ORE 22,00: INGRESSO PER CHI VIENE DOPO CENA ORE 22,30: STAGE DI RITMICA CON L’ORCHESTRA. ORE 23,30: PRE SERATA CON DJ CLAUDE. ORE 24,30: CHARANGA MODERNA CONCERTO DAL VIVO. ORE 01,30: MUSICA CON DJ CLAUDE. ORE 02,30: CHARANGA MODERNA CONCERTO DAL VIVO. ORE 03,30: MUSICA CON DJ CLAUDE. PER CENARE CON PIZZA, DOLCE, CAFFE’, BEVANDE INCLUSE, POTETE CONTATTARCI O TELEFONARE AL 392.1047764 (TOMMY), 393.6048806 (MAX). Se volete portare l’evento LaSalsaVive en Vivo con tutta l’Orchestra nella vostra città o all’interno della vostra serata, potete contattarci inviando un messaggio o ai numeri (Max 393.6048806) o (Tommy 392.1047764).